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Analisi

Ferrari: perché la Scuderia non è più solo il fortino della F1

Andiamo a scoprire come cambia il mondo del Cavallino dopo l'uscita di Mattia Binotto alla guida della Gestione Sportiva: l'arrivo di Fred Vasseur non rappresenta solo il cambiamento di un manager, ma apre a un diverso approccio della Scuderia all'interno dell'azienda. Vediamo di capire come...

Charles Leclerc, Ferrari F1-75

Con la “resa” di Mattia Binotto, il… fortino della Gestione Sportiva non c’è più. L’ingegnere reggiano si era isolato e, insieme a chi dei suoi lo ha seguito e supportato fino alla fine, aveva cercato di mantenere una totale autonomia decisionale in materia di F1.

Mattia ha portato a casa nel primo anno delle monoposto a effetto suolo il secondo posto nel mondiale piloti con Charles Leclerc e il posto d’onore in quello Costruttori, sommando quattro vittorie e dodici pole position, oltre a un totale di venti podi.

Mattia Binotto, ex Team Principal Ferrari

Mattia Binotto, ex Team Principal Ferrari

Photo by: Erik Junius

A freddo il risultato sportivo non può essere bocciato, tanto più che la F1-75 è stata una macchina nata bene: anzi aveva dato l’impressione di poter lottare per i due titoli con l’avvio di stagione fulminante che ha sorpreso anche la Red Bull, poi dominatrice del campionato con Max Verstappen.

Che il motore “Superfast” di Wolf Zimmerman fosse un’incognita lo sapevano tutti: Binotto aveva espressamente voluto omologare una power unit prestazionale, consapevole che avrebbe pagato in affidabilità.

E lo 066/7 si è presentato come un propulsore potente, capace di rivaleggiare con Honda e Mercedes anche con la nuova benzina E10, ma si è rivelato fragile, andando incontro a ripetute rotture che hanno minato il passo della rossa.

Era stato messo tutto nel conto: del resto la FIA lasciava lavorare sulla durata dell’unità e non sulle prestazioni, per cui la strada intrapresa era quella giusta.

John Elkann, presidente Ferrari, nel box del Cavallino

John Elkann, presidente Ferrari, nel box del Cavallino

Photo by: Ferrari

I vertici della Ferrari ne erano perfettamente consapevoli: John Elkann, presidente, e Benedetto Vigna, amministratore delegato, non hanno proferito parola, lasciando che Binotto giocasse fino in fondo la sua partita: aveva promesso una Ferrari competitiva con il cambio dei regolamenti, dopo due anni di bocconi amari da ingoiare, e si è presentato in pista in Bahrain con una macchina “matura”, capace di infiammare i tifosi da subito.

Le due stagioni di “agonia” precedenti (come dimenticare l’accordo segreto con la FIA che a fine 2019 ha castrato il motore per presunte irregolarità mai dimostrate?) hanno permesso di dedicare tempo e risorse alla F1-75: la Ferrari ha avviato un filone aerodinamico proprio, molto originale, con le pance grandi dotate dello scavo superiore. Un concetto diverso da Red Bull e Mercedes, facile da mettere a punto.

L’avvio, forse, ha stupito la Scuderia stessa, ma guardando in retrospettiva il 2022 emerge in modo evidente come a Maranello abbiano scommesso su un avvio fulmineo, mettendo nel conto che lo sviluppo della vettura si sarebbe interrotto prima degli altri.

Tanto, con quel motore (ne sono serviti sei, anziché tre, per finire la stagione!) non si andava da nessuna parte. E c’è chi sostiene che non si sia speso l’intero budget stanziato per la F1-75, nella consapevolezza che era meglio girare delle risorse sulla 675, per sfruttare al meglio il limite dei costi.

Motore Ferrari 066/7 della F1-75

Motore Ferrari 066/7 della F1-75

Photo by: Giorgio Piola

Nel frattempo i motoristi di Enrico Gualtieri hanno lavorato con i fornitori sui cedimenti del “Superfast”, trovando la chiave per allungare la vita dello 066/7 che ha fatto penare anche i team clienti (Alfa Romeo e Haas), ma autorizzando l’ottimismo con cui si guarda al 2023.

Binotto, nei panni dell’ultimo dei Mohicani, è stato lasciato libero di andare per la sua strada, perché è stato sordo ai “consigli” che arrivavano dall’alto. Nel fortino ha fatto scudo ai suoi anche quando non erano difendibili: la gestione dei piloti (non è mai stata nascosta la simpatia per Carlos Sainz, il pilota scelto da Mattia e non ereditato da Marchionne) e le strategie di gara sono stati gli aspetti più evidenti, ma in generale abbiamo visto una Ferrari molto “silenziosa” quando avrebbe dovuto far sentire la sua voce.

Quando la FIA, su ispirazione della Mercedes, ha introdotto la TD39 che costringeva Red Bull e Ferrari ad alzare le macchine perdendo carico a favore di chi, come la Stella, la downforce non l’aveva, Mattia ha dovuto giocare una partita solitaria. Enzo Ferrari, ma anche Luca di Montezemolo o Sergio Marchionne avrebbero minacciato di non andare a Spa, perché quello attuato è stato un cambio di regolamento in corsa inaccettabile, che nulla aveva a che fare con la sicurezza.

I vertici Ferrari si sono girati dall’altra parte, cominciando a lavorare su un nuovo corso che si apre con l’avvento di Fred Vasseur. Il francese ha buttato giù tutte le palizzate del fortino con l’intenzione di liberare le energie che in Ferrari esistono e non si limitano alla Gestione Sportiva.

Frédéric Vasseur, nuovo team principal Ferrari

Frédéric Vasseur, nuovo team principal Ferrari

Photo by: Ferrari

Fred è stato nominato Team Principal e General Manager della Scuderia, non Managing Director come era Binotto. Il tema è venuto fuori nella prima conferenza stampa con i media…

“Posso dire che sembra un po' un abuso di linguaggio, perché la Scuderia non è un’azienda tradizionale, quindi non c’è un vero e proprio CEO. La Scuderia è un dipartimento della Ferrari, quindi non c’è un CEO, credo ci sia un po’ di confusione esternamente. Il mio ruolo è chiaro e il mio obiettivo è chiaro, vincere il titolo guidando il team, dalla scelta dei piloti ai meccanici”.

“Non conosco la struttura Ferrari di trent’anni fa, ma oggi è chiara: io riporterò a Mister Vigna. E il supporto e quello di John (Elkann) nei miei confronti sono totali”.

Benedetto Vigna, CEO Ferrari

Benedetto Vigna, CEO Ferrari

Photo by: Ferrari

Vasseur risponde a Vigna che assume un ruolo più presente anche nello sport. Ed è giusto non limitare il discorso alla F1, perché anche Antonello Coletta, responsabile delle Attività Sportive GT, riporta al CEO, dando la chiara sensazione che la Ferrari sia una soltanto, senza demarcazioni.

La dimostrazione si è già notata in una comunicazione integrata che ha fatto passare per la Scuderia anche gli annunci dei piloti che guideranno la 499P nel WEC e di quelli GT con la 296: possono sembrare quisquilie, in realtà sono la dimostrazione di un tentativo di cambiamento che riporta questa Ferrari più vicina alla sua storia, quando i GP e le corse Endurance erano vissute come un’unica entità.

Ferrari 499P nei test di Sebring

Ferrari 499P nei test di Sebring

Photo by: Ferrari

La nuova via è giusta o sbagliata? Lo diranno i risultati, ma la trasformazione della Scuderia è in atto da tempo, perché anche le corse sono state integrate in un sistema azienda che è in costante trasformazione per rispondere nel modo più flessibile alle sollecitazioni di un mercato che cambia fin troppo in fretta.

C’è chi commentando la nuova linea politica Ferrari ha affondato le radici al 1969 quando il Drake siglò l’accordo con Gianni Agnelli, pretendendo che la Scuderia rimanesse autonoma dal controllo FIAT. Come se oggi la Gestione Sportiva perdesse uno status che durava da oltre 50 anni. In realtà le intrusioni torinesi ci sono state e nel tempo sono state sempre più forti, specie dopo la scomparsa del fondatore, e spesso non sono state portatrici di vittorie.

La situazione di oggi è profondamente diversa e rappresenta l’atto d’inizio di un nuovo corso: la Ferrari odierna è una "macchina da soldi" che non ha più il suo cordone ombelicale con l'industria. Corre con le sue gambe in un isolamento nel quale non si può permettere sbagli. E per questo deve essere forte, molto forte: il motorsport, quindi, è strategico per trascinare la ricerca e l'innovazione...

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