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La F1 punta ai circuiti cittadini, la FE ai permanenti: perché?

La Formula 1 ha annunciato l'ingresso nel calendario del GP di Madrid dal 2026, aggiungendo così un altro tracciato cittadino a una già folta lista. Al contrario, la Formula E sta seguendo la strada opposta, abbandonando progressivamente gli appuntamenti in città a favore di piste permanenti. Scopriamo cosa c'è alla base di questa inversione di ruoli e perché le due categorie stanno seguendo direzioni contrarie.

Logan Sargeant, Williams FW45

L’annuncio dell’ingresso di Madrid a partire dal 2026 aggiunge un altro circuito cittadino al calendario della Formula 1, che progressivamente si sta spostando sempre più verso le grandi città abbandonando i tracciati permanenti. Per quanto sia vero che questa tipologia di circuiti abbia sempre fatto parte del mondiale sin dagli albori, negli ultimi dieci anni il numero di gare cittadine è sensibilmente aumentato, occupando una percentuale sempre maggiore nel calendario.

Recentemente si sono aggiunti al mondiale tracciati come Baku, Las Vegas e Jeddah, anche se per quest’ultimo originariamente il piano era quello di trasferirsi su una pista permanente una volta conclusi i piani di costruzione a Qiddiya, che si sono dilungati garantendo al circuito cittadino arabo un posto nel calendario almeno fino al 2027. In questi casi, così come in quello di Singapore, le gare in città si sono rivelate opportunità per espandere il mercato globale della Formula 1, aprendo a nuovi scenari sportivi e commerciali in tempi relativamente brevi e in contesti già sviluppati. 

Allo stesso tempo, vi sono anche esempi particolari, come Miami, una pista semi-permanente costruita nel parcheggio dell’Hard Rock Stadium, nata però sulle ceneri di un progetto che prevedeva di portare la F1 su un circuito cittadino, naufragato a seguito dell’opposizione della popolazione locale. Alla lista va anche aggiunto il tracciato stradale di Hanoi in Vietnam, altro programma fallito in seguito alla pandemia e i problemi di corruzione che hanno coinvolto i promotori dell’evento.  

In questo trend vi sono chiaramente delle eccezioni, come il ritorno di Imola e Zandvoort, favorito dalla popolarità di Max Verstappen, così come l’ingresso del Qatar, per quanto anche nel caso dello stato medio-orientale fosse stata valutata la realizzazione di una pista cittadina in alternativa a Lusail.

Il circuito del GP di Madrid sfrutterà sia una zona della fiera che strade cittadine

Il circuito del GP di Madrid sfrutterà sia una zona della fiera che strade cittadine

Il modello a cui punta Liberty Media

Per quanto questo processo non sia iniziato sotto l’era Liberty Media, tanto che Bernie Ecclestone aveva portato la massima categoria già a Singapore e Valencia, nel momento in cui l’azienda americana aveva acquisito i diritti della F1 era stata molto chiara sul fatto che volesse aumentare l’interesse puntando sul concetto di “destination cities” (città destinazioni), spingendo così il motorsport nelle metropoli più conosciute che sono meta per milioni di persone durante l'anno. Da quel momento, la tendenza verso i tracciati cittadini è emersa in maniera sempre più netta. Dietro a questo trend vi sono più motivazioni, a partire da quella economica. Arabia Saudita e Azerbaijan investono cifre consistenti ogni anno per ospitare una gara e, considerando l’obiettivo di incrementare il turismo locale, portare le corse in città già sviluppate trova perfettamente un senso.

Da questo punto di vista basti pensare al progetto della Corea del Sud, che aveva realizzato un tracciato in un’area rurale con l’obiettivo futuro di costruirvi attorno palazzi e centri residenziali: tuttavia, quella parte di progetto non è mai stata concretizzata e la F1 ha abbandonato Yeongam dopo solo 4 stagioni. Anche l’Arabia Saudita ha in programma la costruzione di ampie città, legate soprattutto al progetto NEOM, che infatti sponsorizza la McLaren in Formula E ed Extreme E, ma si tratta di obiettivi a lungo termine, per cui la creazione di un tracciato cittadino si è posta anche come la soluzione più conveniente sul breve termine.

D’altra parte, anche per la Formula 1 vi è un ritorno da non sottovalutare. Il primo è l’aspetto finanziario, perché Liberty Media guarda giustamente anche all’impatto economico generato per creare profitti, anche attraverso la visibilità degli sponsor, mentre il secondo è quello di coinvolgimento degli spettatori. Pensando a Monza, una delle condizioni poste per il rinnovo è quello del miglioramento delle strutture, per cui l’Autodromo ha dato il via a dei lavori di riqualificazione.

Vista notturna del circuito Jeddah Corniche

Photo by: Erik Junius

Vista notturna del circuito Jeddah Corniche

È tuttavia chiaro che, allargando lo sguardo a una prospettiva generale, i vertici della categoria stiano tentando di puntare a un modello che riesca ad attrarre e coinvolgere maggiormente il pubblico, anche quello generalista. Nella settimana del Gran Premio, molte attività promozionali vengano svolte in centro città piuttosto che in aree strettamente connesse ai circuiti, come l’evento a Londra nel 2017. Portare le gare direttamente nelle metropoli riesce a facilitare questa atmosfera di coinvolgimento ed espansione, creando eventi di grande portata sul piano commerciale. 

Il pericolo è però quello di vedere un calendario sempre più ricco di appuntamenti cittadini che, tra l'altro, puntando su caratteristiche comuni per tentare di creare una sensazione di imprevedibilità e competizione, come lunghi rettilinei per favorire scia e DRS oltre a forti staccate per garantire opportunità di sorpasso. Se non ci saranno defezioni, nel 2026 si potrebbe arrivare a circa un terzo del mondiale. La Formula 1 ha spesso dichiarato di non voler togliere spazio agli appuntamenti storici, ma è chiaro che qualche impianto permanente in futuro dovrà lasciare spazio ad altre destinazioni, mettendone a rischio la stessa sopravvivenza privandolo di una fonte primaria di guadagno. 

Il contrasto con la FE che segue il percorso inverso

Curiosamente si tratta di un percorso inverso a quello della Formula E, la categoria che era nata proprio con l’idea di portare lo spettacolo delle corse automobilistiche nelle città di tutto il mondo, sfruttando anche il fatto di essere una serie ad emissioni zero. Chiaramente, dietro a questa decisione di correre su circuiti cittadini vi erano anche delle ragioni tecniche, legati ai vincoli imposti dalla tecnologia. La FE si pone come una categoria che punta in maniera centrale sul recupero di energia e sull’efficienza per cui, soprattutto agli albori, le piste avevano bisogno di rettilinei brevi e numerose staccate per creare opportunità di ricarica della batteria.

L’esempio principe era quello di Monaco, che fino all’edizione del 2019 si disputava su una versione accorciata, sia per non avere un paragone diretto con la Formula 1 che per necessità. Solo nel 2021 si è passati a un layout simile a quello della massima categoria, per poi convergere sul medesimo disegno nel 2022. Per quanto sulla carta possa sembrare solo un piccolo passo avanti, in realtà per la Formula E ha rappresentato una tappa significativa nel progresso della serie, continuando ad affacciarsi verso piste più “tradizionali”.

Jean-Eric-Vergne, DS Penske, DS E-Tense FE23

Photo by: DPPI

Jean-Eric-Vergne, DS Penske, DS E-Tense FE23

Allo stesso modo, anche la tappa del Messico ha visto modifiche significative: per quanto tutt’ora non si utilizzi il layout della Formula 1, nel corso degli anni la lunghezza del tracciato è aumentata, limitando anche le sezioni più lente che rallentavano il percorso in termini di velocità media. Solo nel 2023 è stata nuovamente aggiunta una chicane per dare modo di ricaricare la batteria, ma ciò nasce anche dal fatto che la Gen3 nasce con caratteristiche differenti rispetto alla passata generazione, puntando ancor di più sull’efficienza.

La scelta di andare verso circuiti più tradizionali passa anche da questo aspetto, ovvero la voglia di sperimentare vetture sempre più competitive su piste più adatte allo scopo. Con la nuova Gen4, che dovrebbe fare il proprio debutto nella stagione 2026/27, vi sarà un netto passo in avanti in termini di potenza e prestazioni delle monoposto, il che comunque dovrebbe portare anche a esigenze maggiori dal punto di vista della sicurezza nella realizzazione dei circuiti. Le piste di Formula E, infatti, non necessitano del Grado 1 da parte della FIA per ospitare un ePrix, ma basta il livello 3E, anche se vi sono comunque degli appuntamenti che dispongono di una licenza di Grado 2.

Tuttavia, alla base di questa transizione vi è anche un motivo prettamente logistico. Spesso la Formula E ha faticato nel trovare continuità dal punto di vista del calendario, soprattutto con la pandemia, data l’impossibilità di correre in città. Le tappe in Cina, Italia, Francia, Corea, Inghilterra e Stati Uniti sono state cancellate a favore di sei gare consecutive a Berlino che, tranne in un’occasione, ha sempre dato spazio alle vetture elettriche in un circuito realizzato all’interno dell'ex aeroporto di Tempelhof.

Riuscire a realizzare un ePrix in città è una sfida più ardua di quel che si possa pensare. Per quanto le spese siano complessivamente minori, anche il ritorno economico è inferiore a quello generato da una gara di Formula 1, che riesce ad attrarre maggior pubblico rispetto ad altre serie. A ciò si aggiungono le opposizioni dei cittadini e dei governi locali, che non sempre si trovano d’accordo con le decisioni prese precedentemente.

La Formula E ha debuttato a Portland nella passata stagione, raccogliendo subito pareri positivi da parte dei piloti

Photo by: Sam Bagnall / Motorsport Images

La Formula E ha debuttato a Portland nella passata stagione, raccogliendo subito pareri positivi da parte dei piloti

Nel corso degli anni diversi appuntamenti sono entrati nel calendario per sparire dopo poco tempo, tra cui Corea, Indonesia, Uruguay, Long Beach, New York, Sudafrica e Canada (Montreal). A ciò si aggiungono anche quei casi in cui, come a Vancouver, la gara è stata cancellata ancor prima di essere disputata per l’annullamento del contratto. Altro caso recente è quello dell’India, con l’ePrix annullato dopo un solo anno a seguito della decisione del nuovo governo locale di non appoggiare l’evento.

Anche la tappa di Londra ha visto diverse modifiche nel corso degli anni e si è ora spostata al centro dell’ExCel, mentre da questa stagione la Formula E in Italia si muoverà dal circuito cittadino di Roma alla tappa di Misano, su un tracciato permanente seppur in versione ridotta. Altre aggiunte recenti sono quelle di Shanghai, che quest’anno farà il proprio debutto nel mondiale su una configurazione accorciata della pista utilizzata per la Formula 1, e di Portland, usata in passato anche dall’Indycar e che è andata a sostituire la tappa cittadina di New York. La scelta di andare verso località fisse che non dipendono dalla creazione di un circuito in centro città sulla carta potrebbe offrire anche maggior stabilità al campionato, aspetto di cui la Formula E ha bisogno in prospettiva futura.

Formula 1 e Formula E si stanno indirizzando verso due percorsi molto differenti, ma anche per ragioni totalmente diverse fra loro. Da una parte la Formula 1 guarda al modello delle “destination cities” e alla possibilità di generare un elevato ritorno economico, dall’altra la Formula E è alla ricerca di una stabilità che raramente ha trovato nel corso degli ultimi dieci anni dal punto di vista del calendario.

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