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Analisi
Formula 1 Test di marzo in Bahrain

Mercedes: perché la W12 è una variabile impazzita?

La squadra campione del mondo non ha brillato nei tre giorni di test in Bahrain e non sembra aver fatto della pre tattica come negli anni scorsi. La nuova freccia nera con un'aerodinamica estrema non ha trovato il giusto bilanciamento con un retrotreno imprevedibile. La Red Bull parte favorita per la prima gara del mondiale, perché il team di Brackley è stato colto in contropiede, ma aspettiamoci una pronta reazione.

Valtteri Bottas, Mercedes W12

Iniziamo dalle cifre. La Mercedes ha concluso i tre giorni di test in Bahrain con il quinto tempo assoluto (ottenuto da Lewis Hamilton con gomme C5 ad oltre un secondo da Verstappen con le C4) e il nono di Bottas. Passando alla distanza percorsa, il team campione del Mondo è in ultima posizione, con soli 304 giri percorsi contri i 422 di Alfa Romeo e AlphaTauri, i 404 della Ferrari e i 369 della Red Bull.

Sono solo numeri, ma se si passa alle parole (sotto forma di commenti) la situazione non è migliore, anzi. La W12 sembra avere un retrotreno con un comportamento autonomo, e quello che più sorprende è vedere la squadra decisamente spiazzata da quanto emerso sul circuito di Sakhir.

L’aspetto che allarma meno il box Mercedes è quello della percorrenza, e c’è un motivo prettamente tecnico. Nei test pre-campionato degli anni scorsi Bottas e Hamilton avevano sempre stupito per il numero di simulazioni di gara che portavano a termine a partire dal primo giorno di test, con bilanci conclusivi che vedevano all’attivo percorrenze di 5.000 chilometri.

Oltre alla riduzione delle giornate di prove, la Mercedes ha subito anche il contrattempo legato ad un problema al cambio che ha bloccato Bottas nella mattinata del primo giorno, ma nel complesso a mancare nel bilancio complessivo non sono più di 50/60 giri.

Questo perché in casa Mercedes non avevano in agenda simulazioni di gara, essendo la monoposto al 70% (in termini di numero di componenti) quella dello scorso anno, quindi con durata ed affidabilità già note.

Il piano era di completare quasi esclusivamente test aerodinamici, e soprattutto di comprimere il programma di lavoro con il maggior numero di ‘run’, al fine di verificare più configurazioni possibili.

A complicare parecchio la vita degli ingegneri è stato, sin dai primi giri, un comportamento atipico della monoposto, inizialmente più evidente nel primo settore di Sakhir ma che presto si è esteso anche in altri tratti. Le condizioni molto difficili della pista riscontrare nel primo giorno non hanno aiutato, con vento forte e molta sabbia sul tracciato, e alcuni interrogativi sono rimasti tali, ma le risposte non sono arrivate anche quando l’asfalto è tornato ad essere pulito.

È così iniziato un lavoro di rincorsa, ma quando alcune soluzioni di assetto sembravano funzionare in certe curve affioravano problemi in altri tratti, di fatto una coperta corta che giro dopo giro ha tolto ogni convinzione ai tecnici della squadra.

L’unica costante è stato il retrotreno della vettura, con reazioni imprevedibili che hanno tradito in diverse occasioni Bottas e soprattutto Hamilton. Anche due anni fa il debutto in pista della W10 non fu dei più semplici, ma i problemi allora furono identificati in breve tempo, e nella seconda parte dei test di Barcellona la squadra tirò un sospiro di sollievo riuscendo a sistemare in extremis il bilanciamento generale della monoposto.

Al termine dei tre (sofferti) giorni di Sakhir, in Mercedes si chiedono cosa possa aver determinato questo stato di cose. Seguendo una logica banale ma comprensibile, gli occhi sono stati puntati sulle novità del progetto W12, ovvero aerodinamica e gomme e, eventualmente, l’interazione tra le due.

Le sospensioni, ad esempio, sono le stesse del 2020, e al momento non sono sul banco degli imputati. Anche l’aerodinamica è un rebus, perché la pista ha confermato i valori di carico emersi in simulazione, quindi non ci sono indizi che possano portare ad un’investigazione. I numeri non hanno evidenziato un problema evidente in termini di downforce, o di equilibrio aerodinamico, e questo aspetto ha decisamente complicato il lavoro che attende la squadra.

In questo quadro i numeri confermano la Mercedes anche in fondo alla classifica delle velocità massime, ma questo nel box del team campione del Mondo non è visto come un problema. La scelta di utilizzare ali di maggiori dimensioni (soprattutto rispetto a Red Bull) ha comportato una maggiore resistenza all’avanzamento, ma si tratta di una scelta voluta dagli ingegneri.

Le squadre motorizzate Mercedes hanno avuto a disposizione ogni giorno qualche run nel quale è stata utilizzata la power unit in modalità spinta, ma il tutto mascherato dai carichi di benzina e dalle condizioni della pista.

E a proposito delle condizioni del tracciato, per la Mercedes la variabilità della performance nelle varie fasi dei tre giorni si è confermato un ulteriore problema. Nei test tutte le squadra giocano a carte più o meno coperte, ma a Sakhir scendere in pista in un momento perfetto rispetto ad un altro in cui la pista era più calda o ventosa, ha comportato un delta di un secondo e mezzo. Una variabile che ha reso ancora più difficile farsi un’idea delle performance generali non solo per chi osservava dall’esterno, ma anche per le stesse squadre.

Di fatto alla vigilia del Gran Premio del Bahrain non c’è una classifica delle gerarchie in campo confermata dai numeri, ma più una sensazione maturata nel corso delle sessioni, secondo la quale la Red Bull si avvia nel ruolo di favorita alla prima tappa del calendario 2021. E la Mercedes? È una variabile impazzita, come impazzita sembra essere la W12, almeno in questa sua prima fase di vita.

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