F1 | Ferrari: bisogna ripartire dal punto zero?
Fred Vasseur crede ancora fermamente nella SF-23 e non vuole buttare a mare il progetto come ha fatto Toto Wolff con la Mercedes W14. Il francese, però, vuole risposte precise dai tecnici su quale strada di sviluppo dovrà essere presa, visto che la macchina deliberata in simulazione a casa, poi non corrisponde nel comportamento a quella che va in pista. E ogni sessione di libere diventa uno sterile tentativo di adattare la macchina al tracciato, mentre gli avversari puntano dritti alle prestazioni.
È allarme rosso. Nel vero senso della parola. La Ferrari ha perso la strada. O se si preferisce usare una terminologia di moda, la Scuderia ha perso la correlazione fra i sistemi di simulazione e la pista. La SF-23 nasconde un potenziale che si vede in galleria del vento, ma che in pista appare solo a sprazzi.
Fred Vasseur difende il progetto che ha ereditato da Mattia Binotto, ma già dopo Jeddah ha lanciato un messaggio chiaro e forte agli ingegneri: “Non raccontiamoci delle stronzate, cerchiamo le verità”.
Frederic Vasseur, Team Principal della Scuderia Ferrari
Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images
Non ci ha girato intorno con dei sofismi, andando subito al punto. La rossa esce dalla trasferta sul Mar Rosso con le ossa rotte: sperava di rimettersi in coda alle Red Bull e, invece, è finita dietro anche ad Aston Martin e Mercedes.
Un brutto segno, specie per quello che riguarda le W14: la monoposto di Brackley è già stata giubilata e da Imola arriverà una versione B per correggere i difetti di progetto che sono stati identificati. Essere battuti dalle Mercedes sul passo evidenzia quanto seria sia la crisi della Ferrari.
In Bahrain il ritiro di Charles Leclerc per la centralina in tilt aveva fatto emergere gli spettri dell’affidabilità. Il monegasco ha pagato 10 posizioni di penalità sulla griglia di Jeddah, dopo un secondo posto convincente in qualifica a soli 155 millesimi dalla pole position.
Il motore Ferrari 066/7
Photo by: Uncredited
Il secondo weekend di gara è filato liscio per quel che riguarda le rotture: la power unit ha fatto il suo dovere senza problemi. A proposito: le centraline che sono andate in tilt non erano quelle di motore, ma quelle che pilotano il sistema ibrido. È vero che non ci sono stati guai, ma è altrettanto vero che sono stati smarcati due motori freschi insieme alla seconda MGU-H.
Si dice per chiudere un motore uguale al precedente, ma estremizzato per un utilizzo sui tracciati veloci, mentre il primo sarà buono per i tracciati stop-and-go. Siamo arrivati all’estremizzazioni di ogni singolo componente, elettronico e meccanico quando basterebbe che ciascun pezzo vivesse un’esistenza di sette GP senza problemi.
Ferrari SF-23, dettaglio della nuova paratia laterale per aumentare l'effetto out-wash
Photo by: Giorgio Piola
Jeddah ha spaventato Vasseur perché la Ferrari è stata la squadra che ha portato più novità tecniche dopo il debutto in Bahrain: nuova ala anteriore, nuovo fondo e riproposizione del mono-pilone posteriore con profili più carichi. Insomma un grande impegno per dare il senso di una squadra che non si è arresa alle difficoltà di Sakhir, ma ha cercato di reagire subito.
L’impegno è lodevole e non è pari al risultato, perché la SF-23 scesa in pista a Jeddah non era la stessa che era stata deliberata a casa: in galleria e al simulatore la rossa si può permettere di viaggiare con altezze da terra minime che in pista non sono riproducibili.
La rossa non ha un assetto base e, quando i dati non quadrano, si comincia a cercare una soluzione cambiando non solo l’altezza, ma anche la rigidezza delle sospensioni e l’incidenza delle ali, in un bailamme che non fa capire nemmeno se le modifiche portate in Arabia Saudita abbiano funzionato davvero oppure no.
Carlos Sainz, Ferrari SF-23
Photo by: Ferrari
I piloti si ritrovano con una macchina che cambia spesso comportamento, mangiandosi le gomme anche su un tracciato che è poco selettivo da questo punto di vista. Se nel wind tunnel la rossa è stata pensata per girare bassa e poi in pista non è possibile mantenere quell’assetto se non danneggiando lo splitter, è evidente che si perde carico, come è evidente che ci sarà una minore energia che verrà esercitata sulle gomme e dunque potrà esserci una maggiore usura. Bisogna capire perché succedono queste cose, altrimenti servirà a poco introdurre delle nuove soluzioni.
Manca la base-line, il punto zero su cui costruire l’evoluzione. E allora vediamo una Ferrari che continua a fare esperimenti in pista nella speranza di trovare una quadra, ma nel frattempo ai piloti non viene concessa la possibilità di simulare una qualifica, prediligendo girare con benzina per controllare il degrado delle gomme.
Non è così che si può sperare di vincere delle gare: Leclerc e Sainz hanno il diritto di cercare il feeling su un tracciato velocissimo, con i muretti vicini alla pista e senza vie di fuga. E non ha senso privare Sainz di un run in Q3 per risparmiare un treno di soft nuove per la gara, se poi quel set viene restituito alla Pirelli non usato.
Charles Leclerc, Scuderia Ferrari
Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images
La capacità di Charles Leclerc di interpretare un giro secco da fuoriclasse alimenta la speranza che la rossa sia buona almeno in Qualifica, ma la sensazione è che in quel frangente ci metta qualcosa di più del suo il monegasco, regalando alla SF-23 qualcosa che non ha di suo.
Vasseur sostiene che una macchina che va forte nel giro secco e poi si perde in gara per il degrado delle gomme non è figlia di un progetto sbagliato: è lecito che lo pensi se i tecnici sapranno dare delle risposte precise ai guai che affliggono la rossa, altrimenti sarà meglio guardare al futuro, cambiando concetto di vettura, come farà la Mercedes con la W14…
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