F1 | Undicesimo team: ecco perché è un'impresa quasi impossibile
Ben Sulayem, presidente FIA, ha dato mandato a una commissione di esplorare le possibilità che la F1 possa allargare il numero delle squadre iscritte. L'operazione, in realtà, sembra difficile per le eventuali Case interessate ai GP e diventa improba se l'intenzione è di costruire un nuovo team da zero. Scopriamo quali possono essere le insidie per l'avvio di un nuovo progetto: solo un team B affiliato a un Costruttore (come la Haas con Ferrari) potrebbe tentare una strada che è molto stretta.
La prima notizia della stagione 2023 di Formula 1 è quella arrivata dall’account twitter di Mohammed Ben Sulayem. Il presidente della FIA ha reso noto di aver dato mandato ad un gruppo di lavoro della Federazione Internazionale per valutare l’ingresso di nuove squadre nel campionato Mondiale di Formula 1.
Il momento molto florido sul fronte finanziario è indubbiamente idoneo per sondare il terreno, l’incremento delle entrate ha permesso a diverse squadre di realizzare degli utili che non si vedevano da anni, ed il tutto è abbinato ad una grande visibilità che si è rafforzata sui mercati storici con l’aggiunta di nuovi palcoscenici. In più l’entrata in vigore del budget cap ha reso molto più oggettiva la programmazione in termini di investimenti.
Toto Wolff, Team Principal e CEO Mercedes AMG, con Mohammed ben Sulayem, peresidente FIA
Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images
Negli ultimi due anni si sono alternate molte voci su facoltosi privati e grandi gruppi industriali interessati ad entrare con una propria squadra in Formula 1, ma è necessario fare una distinzione tra un progetto che mira a portare nel paddock un nuovo team e l’acquisizione di una struttura già esistente.
La seconda operazione è ciò che recentemente è stata portata a termine dall’Audi, da anni alla finestra e finalmente uscita allo scoperto con l’acquisizione del team Sauber e il varo del progetto di una nuova power unit.
Questa tipologia di operazioni è sotto osservazione H24 da parte di diverse realtà molto interessate alla Formula 1, ma sono passaggi di mano che non incrementeranno il numero di monoposto al via dei Gran Premi.
Tutt’altro discorso è l’idea di ammettere in Formula 1 un’undicesima squadra, che è ciò a cui ha fatto riferimento Ben Sulayem. I benefici per lo sport sarebbero non pochi, ad iniziare da una maggiore disponibilità di sedili che aumenterebbero notevolmente le chance di ingresso in Formula 1 per i giovani.
Ogni squadra ha poi un suo seguito, un suo mercato, e indirettamente potrebbe portare benefici all’intero paddock. Ma per quanto le entità interessate ad un progetto Formula 1 siano sempre dei gruppi importanti o dei privati che appaiono nelle pagine di Forbes, in tanti nel paddock ritengono che dare vita ad un team di Formula 1 partendo da zero sia un’impresa al limite del proibitivo, per tanti e differenti motivi.
Adam Baker, CEO Audi Formula Racing
Photo by: Audi Communications Motorsport
Se un gruppo come Audi ha valutato nell’acquisizione di una squadra la migliore via di ingresso per entrare in Formula 1 un motivo ci sarà. Parliamo di una grande Casa, di uno dei marchi di spicco nel mondo dell’automotive che al suo interno ha attivi diversi programmi sportivi. Ma quando si parla di Formula 1 è un’altra storia. Una persona che ha già valutato questa operazione qualche anno fa ha descritto molto bene gli ostacoli (a suo dire insormontabili) che comporta la progettazione e la realizzazione di una squadra di Formula 1 ex-novo.
“Iniziamo col dire che serve una sede e con essa tutte le attrezzature – ha spiegato – parlo proprio della sola struttura. Partendo da zero servono dai due ai tre anni per avere un quartier generale funzionante, con galleria, simulatore e le altre attrezzature. Se pensiamo alla McLaren, il solo rinnovo della galleria del vento è un progetto che va avanti da anni e ancora è non completato".
"Parallelamente bisogna avviare una campagna di reclutamento di 5/600 persone, e vi assicuro che non è per nulla facile. Soprattutto da quando è in vigore il budget cap, poiché anche disponendo di buone risorse finanziarie, non è più possibile strappare forza lavoro alla concorrenza pagando di più, perché i conti devono tornare".
"Non tutti i reparti sono poi uguali, un conto è organizzare il lavoro meno specifico, altra cosa è mettere insieme un ufficio tecnico e farlo diventare operativo, ci vuole tempo, molto tempo. Non ho alcun dubbio nel credere che in Audi abbiano valutato tutto, arrivando poi alla conclusione che non c’era altra via che l’acquisizione di una struttura esistente, e non sarei sorpreso se scoprissi che è anche più conveniente sul fronte finanziario”.
Altra cosa è pensare che la FIA andrà a valutare programmi basato sul modello Haas. L’idea avuta nel 2014 da Gunther Steiner è oggi l’unica strada percorribile per chi intende entrare in Formula 1.
Un programma che si basa su una partnership con un team già presente richiede investimenti contenuti e una complessità decisamente inferiore. La forza lavoro è di circa un terzo rispetto ad una squadra indipendente, e tutte le attività che richiedono attrezzature molto complesse e costose, vengono delegate a strutture esterne.
Nico Hulkenberg, Haas VF-22
Photo by: Carl Bingham / Motorsport Images
Il modello Haas risponde a molti dei potenziali vantaggi che comporterebbe avere nuovi team in Formula 1, ma non si tratterebbe comunque di squadre di vertice. Se questo è l’obiettivo, non sembrano esserci i presupposti per raggiungerlo. Altra cosa è ipotizzare che dietro l’idea FIA ci sia più la volontà di rimpolpare la griglia di partenza con dei “B” team a cui possono puntare Case a caccia di visibilità o privati interessati ad investimenti.
Lo scoglio dei 200 milioni di dollari da versare per garantirsi la ‘entry’ in questo scenario diventa accettabile, visti gli investimenti ridotti e consente l’ingresso nel club che si divide la torta da un miliardo di dollari che Liberty Media mette a disposizione delle squadre.
Ovviamente i top-team non vedono potenziali nuovi ingressi in modo favorevole, dovendo di fatto dividere la torta degli introiti tra un numero maggiore di partecipanti, ma almeno hanno la garanzia che nel breve e medio periodo non saranno degli avversari diretti, bensì potenziali partner con cui poter stilare accordi commerciali.
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