Occasione persa: Haas e Williams fra speranze e ordini
Nella votazione sull'annullamento del GP d'Australia, la posizione di Haas e Williams è stata ambigua: si sono astenute, pronte a seguire i voleri della maggioranza dei tea. Ma sotto sotto hanno sperato che si corresse perchè c'era la possibilità di finire a punti con sole 12 monoposto in pista. Poi ha prevalso la logica.

Il GP d’Australia è stato annullato dopo il cambiamento di posizione della Mercedes che ha rotto il fronte dei team che volevano correre a tutti i costi. In ballo c’era la volontà di disputare la gara di Melbourne a porte chiuse per dare, comunque, un inizio al mondiale. In realtà Toto Wolff si sarebbe limitato a voler intanto disputare le prove libere per guadagnare tempo e verificare cosa sarebbe successo.
La F1 si è spaccata, tanto per cambiare, con Ferrari e Alfa Romeo che avevano deciso di non correre a priori, sostenendo la scelta McLaren, visto che il team di Woking è stato il primo ad avere un tecnico positivo al Coronavirus.
Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen hanno lasciato Melbourne molte ore prima che Chase Carey ufficializzasse l’annullamento della gara australiana. Contraria alla disputa del Gp anche la Renault, mentre erano rimasti favorevoli Red Bull, AlphaTauri e Racing Point. Con Haas e Williams, astenute. Pronte ad aggiungersi al voto della maggioranza.
Una strana situazione che evidenzia quanto siano diverse le motivazioni che spingono le 10 squadre presenti nel paddock. Intanto per disputare un GP valido per il mondiale ci vogliono almeno 12 monoposto come recita l’articolo 5.7 del Regolamento Sportivo di F1, altrimenti è possibile l’annullamento.
Fatta questa premessa, è interessante notare come si sia differenziato il ruolo delle singole squadre: “E’ normale – ha spiegato Gunther Steiner a Motorsport.com - ogni team è strutturato in modo diverso. Alcuni fanno parte di Costruttori, altri sono di proprietà privata, non ci si può aspettare che tutti siano sulla stessa linea”.
E, infatti, i Costruttori si sono dichiarati contrari a prendere dei rischi (Ferrari, Renault, McLaren, Alfa Romeo e anche Mercedes dopo il “richiamo” del presidente Daimler, Ola Kallenius, a Toto Wolff), mentre gli altri erano possibilisti all’idea quanto meno di scendere in pista nelle libere del venerdì.
La posizione Red Bull è stata chiarissima da subito: a Milton Keynes erano sicuri di lottare per la vittoria e non volevano assolutamente perdere l’occasione di mettere in difficoltà la Mercedes, costretta a cambiare le prese d’aria dei freni posteriori proprio dai “bibitari” e sotto giudizio per la legalità del Dual Axis Steering.
A ruota della Red Bull si è inserita l’AlphaTauri, consapevole di fare bella figura schierando una copia della RB15. E la Racing Point che ha portato a Melbourne non una vettura copia, ma un clone della W10 iridata, contava con la Mercedes rosa di sfidare addirittura le Ferrari!
Se la posizione molto aggressiva di queste tre squadre era motivata, anche se non giustificabile, fa pensare l’atteggiamento di Haas e Williams.
Le due strutture più deboli del Circus erano pronte a cavalcare l’onda del momento: qualora si fosse corso avrebbero potuto sperare di conquistare preziosissimi punti iridati non avendo di fronte avversari più forti (sarebbero bastati due ritiri per entrare nella classifica iridata), ma poi non hanno esitato di mettersi con la prua al vento non appena hanno capito che la votazione prendeva un’altra piega.
Qualche maligno ha sostenuto che se avessero voluto schierarsi a tutti i costi non lo avrebbero potuto fare perché non si sarebbero visti consegnare i motori. Si tratta di una bufala, visto che le monoposto erano montate, pronte a scendere in pista e nessuno avrebbe fatto smontare le power unit. Non scommetteremmo, invece, che Haas e Williams, essendo team clienti abbiano ricevuto “pressioni” per seguire la politica dei rispettivi Costruttori.
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