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Lotus: le alterne fortune tra gli anni 90 e i 2000

Nei primi anni 90 la Lotus è stata una lontana parente del team vincente del passato ed i numerosi tentativi di riportare in auge il marchio negli anni seguenti si sono sempre rivelati un buco nell'acqua.

Romain Grosjean, Kimi Raikkoen, Lotus F1 Team

Romain Grosjean, Kimi Raikkoen, Lotus F1 Team

LAT Images

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Cerchiamo di essere chiari: la storia del Team Lotus come squadra di Formula 1 attiva e contemporanea è finita tristemente al Gran Premio d'Australia del 1994. Tutto ciò che è venuto dopo, almeno in termini di auto che portano il nome Lotus sulle griglie di F1, dovrebbe essere considerato - per ricorrere a quell'odiosa frase moderna - una fake news.

La maggior parte di ciò che è seguito negli ultimi 27 anni ha poco o nulla a che fare con la sacra eredità di Colin Chapman in F1, custodita e mantenuta per una dozzina di anni dopo la sua morte nel 1982 dai tre Peters: Warr, Wright e Collins.

Questo racconto è necessario perché ci ricorda quanto fosse importante il nome Lotus in F1, anche se lontano nelle prestazioni da quello che era una volta. È anche opportuno sottolineare che non tutti i tentativi di mantenere in vita il Team Lotus dovrebbero essere liquidati come cinico opportunismo. Alcuni degli attori avevano intenzioni genuine.

David Hunt era uno di questi. Il fratello del campione del mondo 1976, James Hunt, di 13 anni più giovane, divenne il custode del nome e del marchio del Team Lotus che è ed è sempre stato un'entità separata da Lotus Cars e dal Gruppo Lotus. Chapman ha voluto così per evitare che le trame legali potenzialmente pericolose delle corse automobilistiche contaminassero il business più ampio.

Collins e Wright avevano dato il massimo per mantenere in vita il Team Lotus, ma nel settembre 1994 furono chiamati gli amministratori e l'accordo siglato da Hunt significò che le ultime due gare della stagione in Giappone e Australia, con Mika Salo e Alex Zanardi, erano ufficialmente sotto il suo controllo.

Meritatamente o meno, Hunt non è mai stato preso completamente sul serio nelle corse automobilistiche, forse in parte perché le sue avventure come pilota impallidiscono in confronto a quelle di suo fratello. Ha iniziato in Formula Ford nei primi anni 1980 per poi passare in Formula 3 e concludere la sua carriera in Formula 3000 nel 1988 con una Lola gestita da Roger Cowman.

Bertrand Gachot, Pacific PR02

Bertrand Gachot, Pacific PR02

Photo by: Motorsport Images

All'inizio della sua carriera, James divenne noto come 'Shunt' in onore alla regolarità di come le sue gare tendevano a finire. Allo stesso modo, la fama di David è arrivata a seguito di un buco nel muro di un negozio avvenuto dopo aver spinto fuori un'altra macchina nella gara su strada Birmingham Superprix del 1988. Ad essere onesti, a Brands Hatch David era arrivato settimo, il suo miglior risultato in F3000, in una gara che con il senno di poi ha avuto un significato strano per il Team Lotus.

Quel giorno Johnny Herbert si è schiantato mentre lottava per il comando contro il pilota svizzero Gregor Foitek e ha subito le gravi lesioni alle gambe che avrebbero in gran parte definito la sua carriera. L'emergente nordirlandese Martin Donnelly vinse la gara e continuò e fu chiamato a sostituirlo per guidare la Lotus nel 1990, ma quando lo stesso Donnelly fu protagonista di un violento incidente al GP di Spagna il team decise di chiamare un Herbert ancora in erba al suo posto.

Hunt aveva appeso il casco al chiodo da tempo e stava gestendo una azienda remunerativa di filtri per l'acqua grazie alla quale ha trovato i fondi con cui avrebbe comprato i diritti del Team Lotus pochi anni dopo. Quando i suoi sforzi per mantenere in vita la squadra durante l'inverno del 1994-95 non sono stati ripagati ha stretto un accordo con Keith Wiggins il cui team Pacific stava cercando un partner d'appoggio in griglia.

La squadra si chiamò Pacific Team Lotus per il 1995 e la vettura, la PR02, era colorata in blu con il logo del Team Lotus all'interno di una striscia in British Racing Green.

Andrea Montermini e Bertrand Gachot ha ottenuto un paio di ottavi posti - che avrebbe significato punti oggi! - mentre Giovanni Lavaggi e Jean-Denis Deletraz hanno raschiato un barile sempre più profondo a metà stagione. Ma alla fine dell’anno un altro ambizioso sogno di F1 era morto.

In seguito Hunt sarebbe tornato agli onori delle cronache di tanto in tanto con sincere intenzioni per una rinascita del Team Lotus. C'è stato anche un discorso al volgere del millennio, secondo il quale la Prost Grand Prix, ormai malandata, si sarebbe potuta trasformare da blu a verde, ma non c’è mai stato nulla di concreto.

Poi, mentre il primo decennio degli anni 2000 si avvicinava alla fine, la FIA di Max Mosley ha aperto un bando aperto a nuove squadre per presentare un'offerta per un posto in una nuova F1 con budget limitato. Un piano audace per un tetto di 'soli' 40 milioni di sterline a stagione nel 2010, insieme alle vetture clienti, non sarebbe mai stato accettato dai team esistenti, ma ha consentito a squadre ed aziende presenti al di fuori del mondo della F1 quello di provare a fare il grande salto senza subire lo stesso destino della Pacific.

La Prodrive e la Lola hanno presentato le rispettive candidature ma sono state sorprendentemente respinte come quelle del team Litespeed F3 - a cui Hunt aveva lasciato in eredità i suoi diritti di quello che era conosciuto come Team Lotus Ventures Ltd. Anche a quel progetto fu dato il semaforo rosso. Ma un altro team, chiamato Malaysia1, è riuscito a ottenere un posto in griglia, insieme ala Manor Motorsport (con il sostegno della società Virgin di Richard Branson) e il team spagnolo Hispania.

Sfortunatamente tutti e tre si sono iscritti nel 2010 non in una F1 con un budget rigorosamente limitato, ma nella solita libera concorrenza. Il trio era condannato fin dall'inizio.

Heikki Kovalainen, Tony Fernandes, Jarno Trulli, Ansar Ali, Kamarudin Meranun

Heikki Kovalainen, Tony Fernandes, Jarno Trulli, Ansar Ali, Kamarudin Meranun

Photo by: Malcolm Griffiths / Motorsport Images

Malaysia1 era il nome scomodo per un'operazione guidata dall'uomo d'affari e magnate delle compagnie aeree economiche Tony Fernandes, un appassionato di corse automobilistiche che professava una profonda ammirazione per Colin Chapman. Ha stretto un accordo di licenza con il Gruppo Lotus per etichettare il team Lotus Racing - guadagnando immediatamente risonanza e una parvenza di credibilità. C'era anche un'utile sinergia malese con la casa automobilistica britannica, che dal 1996 era di proprietà del principale produttore automobilistico del Paese, Proton.

Purtroppo, c'era molta meno sinergia tra Fernandes e l'ambizioso CEO della Lotus Dany Bahar, ex Red Bull e Ferrari, che aveva i suoi piani per un ritorno in F1. La mossa di Bahar ha innescato una farsa che ha lasciato due squadre sulla griglia che portavano variazioni dello stesso nome.

I problemi sono iniziati quando il Group Lotus ha sostenuto che Lotus Racing stava violando la sua licenza. Fernandes ha risposto su due fronti: in primo luogo, ha trovato un accordo con David Hunt per utilizzare il logo Team Lotus nel 2011; in secondo luogo, ha lanciato una causa contro il Group Lotus per violazione del contratto sull'accordo di licenza che sosteneva non fosse stato violato.

Nel frattempo Bahar ha concordato un accordo di sponsorizzazione con il team Renault F1 con sede nell'Oxfordshire che era stato venduto dal produttore francese alla casa di investimenti finanziari Genii Capital.

Il nome Lotus sarebbe ora apparso sulle auto ancora conosciute come Renault, sfoggiando una livrea nera e oro che offriva una palese connessione visiva ai vecchi tempi della sponsorizzazione John Player Special. Il nome Lotus, però, sarebbe apparso anche sulle auto dipinte di verde con una striscia gialla gestita da Fernandes e il suo direttore tecnico Mike Gascoyne, un tempo alla Renault. Tutto chiaro?

Nel maggio 2011 il caso riguardante i diritti di denominazione tra Group Lotus contro Team Lotus è stato risolto nell'Alta Corte - ed entrambe le parti hanno rivendicato la vittoria. Il Group Lotus ha ottenuto il diritto di continuare a correre in F1 utilizzando la sua livrea nera e oro, mentre alla Malaysia1 (ora operante sotto la società ombrello Team Lotus Ventures Ltd) è stato permesso di utilizzare il nome, ma solo se era preceduto dalla cruciale 'Team'.

Che groviglio, intrecciato nel corso degli anni. Hunt sosteneva che negli anni '90, quando Proton comprò il gruppo Lotus, il produttore pensava che il nome 'Team' della F1 facesse parte dell'accordo; Hunt lo paragonò agli americani che comprarono il London Bridge pensando di aver acquistato il ben più ornato Tower Bridge...

Purtroppo per Hunt non è finita particolarmente bene. Ha litigato con Fernandes quando ha scoperto che l'uomo d'affari aveva comprato anche la Caterham Cars, la società che aveva acquisito i diritti per costruire e sviluppare l'iconica Lotus 7 dal 1973.

Il ritorno del Team Lotus è durato solo due anni, senza che si fosse conquistato un solo punto nonostante il talento dimostrato da Jarno Trulli e Heikki Kovalainen. Poi Fernandes ha rinominato la sua squadra Caterham per il 2012. Il team ha resistito fino al 2014, mentre un anno dopo, nell'ottobre 2015, Hunt è morto nel sonno. Aveva 55 anni. Il parallelo con il fratello James, che morì allo stesso modo nel 1993 a soli 45 anni, è incredibilmente triste.

Ma la 'Lotus' ha continuato a correre anche se solo nel nome. La Renault R31 era un'auto rispettabile, ma la stagione della squadra è stata oscurata dalle terribili lesioni riportate da Robert Kubica in un incidente al rally di Andora rally nel mese di febbraio che ha interrotto una carriera molto promettente.

Con Kubica fuori gioco il team ha scelto l’esperto Nick Heidfeld come compagno di squadra di Vitaly Petrov. La coppia ha iniziato bene, con Petrov a podio a Melbourne dopo essere scatto dal sesto posto e Heidfeld sul podio in Malesia.

Romain Grosjean, Lotus F1 Team

Romain Grosjean, Lotus F1 Team

Photo by: Motorsport Images

Da Spa, però, Heidfeld dovette lasciare spazio a Bruno Senna - nipote del grande Ayrton – ed il famoso casco giallo tornava così in una "Lotus" nera e dorata motorizzata Renault.

Il 2012, invece, è stato memorabile. Abbandonato il nome Renault, ma non i motori, la nuova vettura è stata registrata come Lotus E20.

Con Romain Grosjean alla sua seconda chance in Formula 1 e Raikkonen al rientro dopo due stagioni nel Campionato del Mondo Rally, la squadra brillava di nuove promesse. Sono stati ottenuti 10 podi, compresa una notevole vittoria per Raikkonen ad Abu Dhabi - ufficialmente (ma non realmente) la prima vittoria Lotus GP dal 1987.

Non era assolutamente una vittoria del Team Lotus, quindi non viene contata tra le 79 vittorie ufficiali, ma a Raikkonen non potrebbe importare di meno. D'altronde, cosa gli importa? Quella è stata la famigerata gara "lasciatemi in pace, so cosa sto facendo" urlato al suo ingegnere via radio, creando così uno slogan adatto a un milione di magliette.

Raikkonen finì terzo in classifica quell'anno, anche se lontano dal campione Sebastian Vettel e dal ferrarista Fernando Alonso. Per quanto riguarda Grosjean, il momento più basso della sua pur ottima stagione è stato a Spa quando, subito dopo il via, è decollato su Alonso a La Source facendo fuori anche Sergio Perez e Lewis Hamilton. Quell’incidente gli costò il ban per una gara ed una cattiva reputazione.

Grosjean ha risposto alle critiche con una serie di prestazioni di livello nel 2013, mentre Raikkonen ha aggiunto l'81esima vittoria Lotus (di nuovo, un grande asterisco) nella gara di apertura della stagione in Australia mostrando una incredibile sensibilità nella gestione degli pneumatici. Dopo un doppio podio Lotus in Bahrain, Raikkonen si trovava in piena lotta per il titolo.

Podio: il vincitore della gara Kimi Raikkonen, Lotus, il secondo classificato Fernando Alonso, Ferrari, il terzo classificato Sebastian Vettel, Red Bull Racing

Podio: il vincitore della gara Kimi Raikkonen, Lotus, il secondo classificato Fernando Alonso, Ferrari, il terzo classificato Sebastian Vettel, Red Bull Racing

Photo by: Motorsport Images

In verità, un secondo campionato da aggiungere al 2007 non è mai stato realistico, ma aveva fatto abbastanza per convincere la Ferrari a riprenderlo nel 2014. Il suo tempo in nero e oro Lotus, però, non ha avuto un lieto fine. Nonostante tutta la forza tecnica di Enstone, Genii stava lottando per mantenere la squadra a galla e quando il finlandese ha scoperto che non era stato pagato ha scelto di non correre le ultime due gare. La squadra ha dichiarato che si stava sottoponendo a un intervento chirurgico alla schiena.

Mentre Raikkonen tornava a Maranello, l'inizio dell'era dell'ibrida ha rappresentato la fine dei giochi per la Lotus dato che il fornitore di motori Renault non è stato in grado di realizzare un competitivo V6 turbo. La Red Bull non è riuscita a brillare dopo i quattro titoli consecutivi nell'era V8, ma la sofferenza del team di Enstone è stata maggiore.

Il progetto sbagliato della E22 non ha aiutato né Pastor Maldonado né  Romain Grosjean. Dal quarto posto nel Costruttori ottenuto nel 2013, la squadra è crollata all’ottavo posto.

Romain Grosjean, Lotus E22

Romain Grosjean, Lotus E22

Photo by: Glenn Dunbar / Motorsport Images

Il passaggio al motore Mercedes ha consentito al team di rialzarsi nel 2015, ma il tempo di Genii in F1 stava arrivando alla fine. Grosjean ha ereditato un terzo posto a Spa, ma la "falsa Lotus" stava per tornare a essere Renault: a dicembre il costruttore ha completato l'accordo per riacquistare la squadra che aveva venduto sei anni prima. L'ultima era Lotus è stata rapidamente dimenticata.

Tornerà mai? I diritti del Team Lotus sono finalmente tornati alla casa madre e, data la rinascita dell'azienda sotto una nuova gestione, non si può mai dire mai. L'impero cinese Geely detiene ora una quota di controllo mentre l'azienda si imbarca in un'ambiziosa elettrificazione della sua gamma di auto stradali.

Il recente lancio della Emira, una biposto tradizionale, segna la fine delle auto Lotus come le abbiamo conosciute prima dell'inizio della nuova era. In questo momento è difficile credere che la F1 farà parte dei piani della Casa, ma l’introduzione del budget cap ora non è solo una teoria.

Inoltre, anche se Geely trovasse la voglioa e i mezzi, dovrebbe davvero rischiare tutto in F1? Forse sarebbe meglio lasciare tutto al figlio di Chapman, Clive, per mantenere viva la fiamma come fa meravigliosamente attraverso il Classic Team Lotus.

Supportato dagli stessi meccanici che hanno trascorso numerosi notti in bianco quando il “Vecchio” governava il pollaio, il Classic Team Lotus mette in mostra le vetture classiche a Goodwood Il fischio e il fruscio della Type 56B a turbina al Goodwood Festival of Speed dello scorso luglio è stato un momento clou dell'estate.

Lotus è e sarà sempre radicata in F1, tale era l'impronta di Colin Chapman, ma è meglio relegare al passato le sue presenze nei gran premi. I sequel e i "reboot" possono a volte eguagliare l'originale, ma non spesso, e nel caso della Lotus non si sono avvicinati affatto.

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