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Innes Ireland: il talento cacciato per far posto a Clark

Convinto che le corse automobilistiche fossero uno sport per gentiluomini, Innes Ireland ha vissuto una vita vivace. Nigel Roebuck ricorda un personaggio che non ha mai accettato il passaggio alla F1 moderna.

Innes Ireland, Lotus 21 Climax

Foto di: LAT Images

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Innes Ireland era grintoso e duro, ma essenzialmente era un gentiluomo per come ho avuto modo di conoscerlo nelle corse. Era un grande personaggio, ma era anche tra i piloti più veloci della sua generazione.

Prendete la Gold Cup di Oulton Park nel 1960, dove la sua Lotus 18 ha semplicemente annichilito  il resto dei rivali inclusa la vettura gemella di Rob Walker guidata da Stirling Moss. Quando era dell’umore giusto Ireland poteva battere chiunque, ma spesso la fortuna gli voltava le spalle e quel giorno fu l’esempio classico perché alla fine la sua auto si ruppe.

Senza dubbio la sua carriera è stata segnata da una serie di incidenti importanti. Innes non si faceva illusioni sulle Lotus dell'epoca, accettando a malincuore il fatto che le auto di Colin Chapman erano sì molto veloci, ma anche molto fragili.

“Era meglio non avere grandi aspettative. Se qualcosa si rompeva, tu tornavi ai box e loro la sistemavano con lo scotch o qualsiasi altra cosa, e ti rimandavano fuori...”.

A metà degli anni novanta, in una delle mie occasionali visite alle aste, vidi degli oggetti della carriera di Ireland ed un paio di tute hanno fatto riaffiorare i ricordi di un periodo pericoloso.

Nel catalogo erano descritte così: 'La tuta da corsa in due pezzi di cotone blu indossata da Innes Ireland durante le prove del Gran Premio di Monaco del 1961. Sia i pantaloni che il top riportano i segni dell’incidente e dei tagli fatti dai primi soccorritori'.

Innes ha raccontato quell’episodio così: “Avevamo questo nuovo cambio montato in senso inverso sulla Lotus, e nella foga del momento ho messo la seconda invece della quarta ed ho bloccato le ruote posteriori. Sono uscito dal tunnel senza la macchina”.

Tra coloro che si fermarono sulla scena dell’incidente c’era anche il suo amico Moss. “Innes era stato scaraventato per terra ed era piuttosto abbattuto”, ha ricordato Stirling, “Ma anche se era molto dolorante, le sue priorità erano chiare. Io lo rassicurai che tutto sembrava a posto e lui mi chiese subito una sigaretta”.

Ad aggravare i problemi di un uomo che ha avuto molti incidenti c'era la sua incapacità di tollerare gli analgesici. Il suo braccialetto d'identità, un altro oggetto dell'asta, recava la dicitura, 'Innes Ireland - A Rh Pos - Allergico alla morfina'. Per il whisky, però, Innes non aveva questa avversione, e ha sempre sostenuto che il "vino scozzese" era un antidolorifico senza paragoni.

Vedere la sua tuta all’asta quel giorno mi ha ricordato un’epoca diversa perché accanto erano presenti altre tute risalenti all'era moderna tutte ornate di sponsor. Le tute di cotone azzurro di 60 anni fa erano fornite ai piloti dalla Dunlop e portavano solo logo dell'azienda. L'unico altro logo mostrato da Ireland era quello della BRDC.

Dopo essersi fatto un nome con le auto sportive Lotus, Innes entrò in F1 con la squadra ufficiale nel 1959, conquistando i titoli dei giornali all'inizio dell'anno successivo quando la 18, la prima auto con motore posteriore di Colin Chapman, fece il suo debutto.

A Goodwood e Silverstone - contro piloti come Moss e Jack Brabham - Innes era intoccabile, e l'anno successivo, a Watkins Glen, siglò la prima vittoria in un gran premio per il Team Lotus.

Chapman, però, non era una persona sentimentale e dopo questo successo aveva già deciso che il futuro della Lotus era di Jim Clark. Dopo la vittoria al Glen, Ireland fu bruscamente appiedato. Era un uomo fiducioso, ma credo che una parte di lui non abbia mai superato quel tradimento.

Alla fine degli anni sessanta Innes era arrivato a odiare la crescente commercializzazione in uno sport che aveva sempre considerato una vocazione romantica. “La decisione di abbandonare le corse”, scrisse nella sua autobiografia, “è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto. Forse, se non avessi vissuto con la convinzione che l'automobilismo fosse lo 'Sport dei Signori', la decisione sarebbe stata più facile. Non sono mai stato in grado di equiparare il denaro alle corse automobilistiche”.

I tempi erano davvero diversi…

All Arms and Elbows, questo il titolo della autobiografia, contiene ogni sorta di aneddoto di una carriera incredibile, ma Ireland mi ha detto che si tratta di una versione edulcorata del suo manoscritto originale per evitare denunce per diffamazione.

In questa epoca, quando anche i piloti minori hanno manager che a loro volta hanno degli assistenti, è difficile accettare che una volta c’era gente che correva in Formula 1 per soldi e si riteneva fortunata quando veniva pagata per fare qualcosa che amava.

“Credo di essere uno dei pochi piloti che ha abbandonato questo sport con meno soldi di quando sono arrivato” mormorava Innes.

Aveva un disprezzo assoluto per l'avarizia della Formula 1 negli anni successivi. Nel 1992, subito dopo il Gran Premio d'Italia, sono stato invitato alle celebrazioni del 30° anniversario del Club International des Anciens Pilotes de Grand Prix a Venezia. Circa 40 piloti in pensione erano presenti, e la maggior parte era stata a Monza, dove la storia del fine settimana fu l'annuncio del mancato rinnovo di Nigel Mansell con la Williams per il 1993.

“Dire che sono stato trattato male è un grossolano eufemismo”, aveva dichiarato Mansell relativamente al rifiuto di Frank di aumentare il suo ingaggio.

Ireland, però, disse in modo netto: “Come diavolo si può abbandonare la squadra migliore per amore dei soldi? Quanto può spendere un uomo, per l'amor di Dio?”.

Innes è stato in ottima forma durante tutto il viaggio. Alcuni di noi sapevano che stava lottando contro il cancro alla prostata che alla fine lo avrebbe ucciso, ma lui non si lamentava mai. Per quanto si sia cacciato in infiniti guai nel corso di una vita molto vivace, la sua innata dignità non è mai stata minacciata.

Dopo essersi ritirato dalle corse nel 1967, Ireland si dedicò al giornalismo. Un uomo insolitamente colto, era in grado di scrivere meravigliosamente. Poche parole sulle corse automobilistiche mi hanno mai commosso come il suo pezzo per Autocar sulla morte di Clark.

L'ultima volta che vidi Innes, nell'autunno del 1993, fu alla cerimonia commemorativa di James Hunt, un altro personaggio affascinante e anarchico. Naturalmente fu un'occasione commovente, ma la cosa più toccante fu il ricordo di Ireland, la cui ora era ormai  vicina. Circa un mese dopo sarebbe venuto a mancare a soli 63 anni.

Innes era un mio buon amico, qualcuno che mi manca ancora oggi, e ogni volta che mi viene chiesto di lui, mi viene sempre in mente un ricordo particolare. Ero seduto con lui sul volo di ritorno da Hockenheim un anno, e stavamo atterrando ad Heathrow prima che Innes fosse pronto.

Mentre i pneumatici toccavano l'asfalto, la sua cintura di sicurezza era slacciata, il tavolino abbassato, il sedile inclinato. In una mano aveva una sigaretta, nell'altra uno scotch. Gli feci notare come non ci fosse  una sola regola che non avesse infranto. “Hai ragione, ragazzo!”, disse lui raggiante. Non avrei potuto dire niente per fargli più piacere.

Articolo di Nigel Roebuck

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