Ecco perché Mir può replicare il Mondiale di Robert Jr
I tre podi di Joan Mir nelle ultime quattro gare hanno accresciuto il valore delle sue azioni come candidato al titolo. Tuttavia, ci sono altri elementi che rafforzano ulteriormente le sue possibilità di regalare alla Suzuki il Mondiale due decenni dopo Kenny Roberts Jr.

Ci sono diverse analogie tra la stagione 2000 e quella attuale. In quell'occasione è stata la pioggia ad alterare più della metà dei Gran Premi, limitando il potenziale di alcuni ed avvantaggiando gli specialisti come Roberts. Quest'anno, il ritiro di Marc Marquez e l'introduzione del nuovo pneumatico posteriore della Michelin sono stati, almeno per il momento, gli elementi più imprevedibili del campionato.
La mancanza di costanza è il comune denominatore tra tutti i piloti in griglia, come dimostrano le statistiche. Con 84 punti, Andrea Dovizioso è il leader con il bottino più povero della storia a questo punto della stagione. Il fatto che Mir, al quarto posto, sia a soli 4 punti dall'italiano, conferma la mancanza di un leader nella categoria. Sensazione confermata dal fatto che nelle prime sette gare abbiamo visto sette vincitori differenti.
In questo contesto, se c'è una virtù che è di fondamentale importanza, è la regolarità, e se si analizzano gli ultimi round, ci si rende conto che non c'è un pilota che riesca ad esserlo più di Mir, che negli ultimi quattro Gran Premi ha fatto più di chiunque altro (69), e che sembra aver trovato la formula per rimpolpare il suo bottino senza correre più rischi dello stretto necessario.
Nella sua seconda stagione in MotoGP, il pilota nato a Palma de Maiorca sta unendo meravigliosamente una maturità superiore a quella di 23enne ad una capacità di lavorare e ad una determinazione che, in alcune manovre ricorda quella di Marc Marquez.
Non a caso, Mir avrebbe potuto essere il compagno del campione del mondo in carica se Alberto Puig, team manager della HRC, gli avesso offerto un posto nel box Repsol Honda per il 2019, quello che poi era stato occupato da Jorge Lorenzo, invece che quello del Team LCR di Lucio Cecchinello. Questo ha fatto sì che il campione del mondo Moto3 2017 (con 10 vittorie in 18 gare) scegliesse il progetto Suzuki.
Nel primo dei due round disputati sul tracciato di Misano, lo spagnolo ha iniziato l'ultimo giro alle spalle di Valentino Rossi, ma ha trovato un sorpasso stratosferico che gli ha permesso di salire sul podio. Domenica scorsa, nel bis al Marco Simoncelli, ha infilato Fabio Quartararo e Pol Espargaro nello spazio di meno di 700 metri, a due giri dal termine, portandosi a casa il secondo posto finale.
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"Il sorpasso è una virtù che bisogna coltivare, perché altrimenti la si può perdere. E' molto meglio per un pilota più aggressivo correggersi e limitare un po' l'istinto, piuttosto che cercare di instillarlo in un pilota che non ce l'ha" ha spiegato Mir a Motorsport.com.
Alla Suzuki dicono che si aspettavano che prima o poi sarebbe emersa questa versione del #36, perché era un qualcosa che loro vedevano già nei dati. L'anno scorso, al suo debutto in MotoGP, i tecnici avevano già rilevato qualcosa di insolito, una sorta di paradosso: più Joan lavorava sodo e metteva energia nella guida e più diventava lento. "Si potrebbe dire che stavo spingendo un po' troppo. Nel 2019, più ci provavo e più ero lento. Ora spingo meno e sono più veloce" ha riconosciuto Mir, che con l'esperienza sembra aver trovato il giusto bilanciamento tra l'aggressività e la dolcezza.
Cosa che è stato confermato da Claudio Rainato, ingegnere elettronico del pilota delle Baleari. "Abbiamo lavorato tutto l'anno scorso sul controllo dell'acceleratore, sull'essere più gentile per consumare di meno la gomma. E' proprio questo che lo sta aiutando nel 2020. Si vede che arriva agli ultimi giri con le gomme più fresche rispetto alla maggior parte degli avversari. Fino all'anno scorso, sul gas era o tutto o niente. Ora è molto più preciso".
"Nel 2019 abbiamo dovuto accelerare il suo processo di apprendimento, perché non aveva molta esperienza nel Mondiale e veniva da una sola stagione in MotoGP" ha aggiunto il suo capo tecnico Frankie Carchedi in una conversazione telefonica con Motorsport.com. "E' stato come condensare due anni in uno, ma ora vediamo tutto quello che è riuscito ad imparare".
"E grazie a questo, ora abbiamo due versioni. Abbiamo quella più 'smmoth' che riesce a curare le gomme, poi c'è quella che abbiamo visto negli ultimi giri delle ultime due gare, il pilota aggressivo" ha proseguito l'inglese di origine italiana.
Un concetto che è stato ampliato da Rainato, sulla base dei dati del Gran Premio di San Marino di dieci giorni fa: "Durante tutta la gara, alla curva 3, Joan ha sempre aperto il gas il 50% in meno rispetto al giro in cui ha superato Valentino, quando lo ha aperto al 100%".
Come si dice comunemente, Mir è entrato nella sua zona di confort ed è ha le idee molto chiare su quale sia la strategia da seguire per cercare di ottimizzare le sue prestazioni. Per molti, la vittoria che avrebbe meritato in Austria, ma che gli è stata negata a causa della bandiera rossa provocata dall'incidente di Maverick Vinales, avrebbe potuto fare molti danni.
Nel suo caso, è servita invece a confermare il suo buon momento di forma e ad iniettargli ulteriore fiducia in se stesso. "E' importante non essere ossessionati dalla vittoria. Voglio vincere, sì, ma finché non ci riuscirò, devo salire sul podio. La vittoria un giorno arriverà senza cercarla" ha aggiunto il pilota della Suzuki, che per il momento preferisce sottrarsi anche alla lotta per il titolo: "Non mi sono ancora guadagnato il diritto di essere campione. Per quello devo ancora vincere delle gare".
La maggior parte dei piloti definisce la GSX-RR come la miglior moto in questo momento e i risultati di Mir sembrano confermarlo. A livello di telaio è maneggevole più o meno come una Yamaha, ma la potenza che ha guadagnato il motore quest'inverno rende anche la vita un po' più facile a chi ci sale sopra. Inoltre, finora si è dimostrata immune agli alti e bassi che la nuova gomma Michelin sta provocando alle altre moto. A questo punto, l'aspetto che deve essere migliorato è, senza dubbio, il suo rendimento in condizioni di qualifica.
Soprattutto su piste come quella di Misano, con l'asfalto che offre un livello di grip molto alto, il posteriore spinge molto forte sull'anteriore, rendendo la moto difficile da gestire in inserimento.
"Stiamo dimostrando che possiamo essere costanti. Ma se continuiamo così, partendo da così lontano, prima o poi faremo fatica sicuramente e non andrà bene per noi" ha aggiunto Mir, diventato per i suoi stessi meriti il fulcro principale per la Casa di Hamamatsu, che ha l'opportunità di celebrare i suoi 60 anni nelle corse nel modo migliore che si possa immaginare.
Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

Foto di: Gold and Goose / Motorsport Images
Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Maverick Vinales, Yamaha Factory Racing, Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Francesco Bagnaia, Pramac Racing, Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Joan Mir, Team Suzuki MotoGP

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Riguardo questo articolo
Serie | MotoGP |
Evento | GP dell'Emilia Romagna |
Piloti | Joan Mir |
Team | Team Suzuki MotoGP |
Autore | Oriol Puigdemont |
Ecco perché Mir può replicare il Mondiale di Robert Jr
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