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Ducati, l’anti-Rea rimane incompiuta. Ancora una volta

Ducati ha concluso la stagione 2020 ad un solo punto da Kawasaki nella classifica costruttori. La casa di Borgo Panigale ha sfiorato il titolo, perdendo il confronto con Rea anche nella classifica dei piloti. Ma cosa è mancato al team italiano per mettere un freno allo strapotere del sei volte campione del mondo? Ducati riparte da questo interrogativo in vista di un 2021 ambizioso.

Scott Redding, Aruba.it Racing Ducati, Chaz Davies, ARUBA.IT Racing Ducati

Scott Redding, Aruba.it Racing Ducati, Chaz Davies, ARUBA.IT Racing Ducati

Gold and Goose / Motorsport Images

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Il 2020 è stato l’anno di Jonathan Rea, che ancora una volta ha frantumato record, conquistando il sesto titolo mondiale consecutivo e confermandosi il più vincente della storia della Superbike. Anche quest’anno la Ducati non è riuscita a fermare lo strapotere del portacolori Kawasaki, pur avendo sfoderato l’arma Scott Redding. Il britannico infatti ha debuttato nelle derivate di serie in sostituzione di Alvaro Bautista proprio per cercare di riportare a Borgo Panigale il titolo che manca ormai dal 2011.

È stato infatti Carlos Checa l’ultimo campione Ducati in Superbike e nel 2019 le speranze erano state riposte tutte in Bautista, che aveva lasciato la MotoGP per approdare al mondiale delle derivate di serie con la grande novità portata dalla Casa italiana: si passava dalla due alla quattro cilindri. La Panigale V4R ha esordito proprio lo scorso anno e, tra le numerose polemiche che la vedevano di concezione strettamente ‘MotoGP’, ha provato a frenare la corsa di Rea.

A nulla però sono valse le grandi novità di Ducati, che sembrava poter tornare alla gloria nella prima fase di stagione per poi tracollare nella seconda metà dell’anno, tanto da portare Bautista e Borgo Panigale al divorzio dopo un solo anno. Il 2020 è stato infatti l’anno di Scott Redding, che arrivava al mondiale da campione BSB proprio in sella alla Panigale V4R, anche se meno sofisticata.

 

Scott Redding, il nuovo anti-Rea?

Alvaro Bautista aveva inizialmente fatto sognare il popolo Ducati, dominando tutta la prima parte di stagione e riuscendo a piegare Jonathan Rea, che appariva quasi arrendevole di fronte allo strapotere dello spagnolo. Ma quando sembrava che la bilancia pendesse proprio dalla parte di Bautista, ecco che la situazione è crollata precipitosamente, portando il britannico ad una stratosferica rimonta. Fra attriti e dichiarazioni poco piacevoli da entrambe le parti, il rapporto si è concluso portando i vertici Ducati a promuovere Scott Redding dal campionato nazionale inglese al mondiale.

Il 2020 sarebbe stato l’anno del riscatto per Redding, tornato a calcare il palcoscenico mondiale. Già nei test invernali aveva mostrato un buon feeling in sella alla Panigale V4R, riuscendo a lavorare bene anche sugli aspetti che non conosceva, come l’elettronica a cui non era abituato nel BSB. Ducati ricominciava a sognare: la motivazione e la determinazione mostrate dal britannico lasciavano ben sperare in vista di una stagione in cui Borgo Panigale ambiva a grandi risultati.

Il progetto Bautista si era rivelato una delusione e Ducati ha puntato su Redding. Sarebbe stato lui l’anti-Rea in una stagione che è stata poi condizionata dalla pandemia che ha ridotto la lotta mondiale a soli otto round (a dispetto dei tredici inizialmente programmati). L’adattamento al mondiale delle derivate di serie è stato positivo sin da subito e per gran parte degli appassionati l’arrivo di Redding è stato una boccata d’ossigeno. Il suo modo di fare scanzonato, diretto e poco politically correct riportava alla mente il vecchio paddock del mondiale, dove i piloti Superbike non le mandavano a dire. “È il pilota di cui avevamo bisogno”; questa la frase più gettonata fra tifosi e addetti ai lavori, che hanno trovato in Redding una figura carismatica in grado di regalare non solo spettacolo in pista, ma di riportare quell’atmosfera che molti vedono persa.

 

A dispetto del suo modo di fare esuberante, Scott Redding si è mostrato da subito un grande lavoratore nel box, mantenendo una serietà incredibile ed una concentrazione che quasi non ci si aspettava da uno come lui. Eppure ha raccolto l’approvazione di tutto il team, che con lui ha ricominciato a progettare il freno alla rincorsa del sesto titolo mondiale di Rea. L’esito della stagione 2020 non è stato quello che molti speravano, ma non bisogna trascurare il fatto che Redding arrivava in Superbike quest’anno per la prima volta, si è dovuto confrontare con il Rea migliore di sempre e con una condizione oggettiva particolarmente difficile mai affrontata prima. Quanto mostrato in pista ha fatto pensare che il ducatista potesse effettivamente riuscire nell’impresa di fermare quello che ormai è il sei volte campione del mondo, ma l’andamento della stagione ha ristabilito le gerarchie, portando Kawasaki a festeggiare per il sesto anno consecutivo.

Pressione? Voglia di dimostrare qualcosa? Sono molte le domande che ci si pone di fronte al titolo mancato, soprattutto un anno dopo quella che sembrava la grande impresa di Bautista. Se Alvaro è riuscito a vincere undici gare consecutive con questa moto, perché Redding non ce la fa? L’inglese però non sembra mai essersi curato di questi aspetti, concentrando la propria attenzione sul continuo miglioramento. Ha infatti preso il 2020 come anno di adattamento, ha ‘preso le misure’ di una nuova categoria, a cui era completamente nuovo. Tre gare in un weekend, gomme Pirelli completamente diverse da quelle a cui era abituato, una moto più sofisticata e avversari ancora da conoscere.

“Ho guadagnato fiducia, che forse è la cosa più importante. Mi sento più rilassato, mi sono tolto di dosso la pressione, perché non devo dimostrare nulla come ho dovuto fare il primo anno, in cui penso di essere andato bene. Io credo nel team ed il team crede in me. Ci sono alcune cose sulla moto da migliorare per poter essere più costanti e lottare con le Kawasaki. Credo che Ducati sia in grado di migliorare in vista del prossimo anno. Il prossimo anno all’ultimo round voglio essere il pilota davanti a tutti”. Queste le parole di Scott Redding al termine dei test di Estoril completati ad ottobre, proprio il giorno dopo la fine della stagione 2020. Nonostante il mancato titolo, non perde di vista l’obiettivo, anzi. Punta in alto e nel 2021 spera di migliorare il risultato di quest’anno, che lo ha visto concludere in seconda posizione nella classifica generale. Le 55 lunghezze da Rea sembrano sulla carta un’enormità, ma alla luce di una stagione d’esordio, Redding si ritiene soddisfatto.   

 

La crisi di Chaz Davies

Nonostante tutto, il successo del primo anno in rosso di Scott Redding contrasta nettamente con le enormi difficoltà di Chaz Davies. Il gallese non è mai riuscito ad adattarsi pienamente alla quattro cilindri, introdotta nel 2019. Tra alti e bassi, ha disputato un 2020 avaro di soddisfazioni, che ha portato la sua strada e quella di Ducati a dividersi alla fine di questa stagione. Dopo ben sette anni, Davies ha lasciato il team Aruba.it Racing Ducati, si è sciolto il binomio che per molto tempo è stato considerato quello che potesse battere Jonathan Rea.

In effetti, Chaz Davies ha reso difficili le cose al connazionale della Kawasaki fino a che Borgo Panigale ha portato in pista la due cilindri. Nel 2019 è iniziata la crisi per il gallese, che non è riuscito ad abituarsi da subito alla Panigale V4R. Solo a metà stagione è arrivata una splendida vittoria a Laguna Seca, un risultato che ha coinciso con l’inizio del tracollo di Alvaro Bautista. Davies può aver subìto lo strapotere del nuovo compagno di squadra che lo ha scalzato dal ruolo di prima guida? Ha sempre sostenuto di no, ma indubbiamente i risultati sorprendenti dello spagnolo hanno complicato le cose ad un Davies già in difficoltà.

Nel 2020 l’arrivo di Redding ha replicato in parte la storia avvenuta all’inizio della stagione 2019. Il vulcanico nuovo pilota Ducati si è mostrato vincente da subito in sella alla quattro cilindri (la prima vittoria è arrivata già in Gara 1 del secondo round, a Jerez de la Frontera), mettendo ancora più in crisi il gallese, ancora non pienamente a suo agio con la moto che aveva ormai imparato a conoscere. Tuttavia, Davies è riuscito a raccogliere qualche risultato in più nel 2020, che lo ha portato a sperare in un cambio di rotta in vista dell’esito della stagione.

Stagione che si è conclusa con un terzo posto in classifica nonostante le difficoltà, ma con l’addio a Ducati. Chaz Davies ha salutato la squadra ufficiale di Borgo Panigale con una sontuosa vittoria in Gara 2 ad Estoril, un arrivederci emozionante dopo sette anni di momenti duri ma anche di grandi soddisfazioni. In Portogallo ancora non si conosceva il destino del pilota numero 7, che sembrava costretto a restare a piedi al termine di un 2020 che non si era concluso come sperato. Eppure Ducati ha scelto di rinnovargli la fiducia, proponendogli un accordo con il team Go Eleven, struttura privata ma che gode del supporto della fabbrica e che proprio nella stagione 2020 si è fatta notare grazie all’astro nascente Michael Ruben Rinaldi.

 

Il ciclone Rinaldi

È approdato al mondiale in sordina, debuttando nel 2018 in sella alla Panigale dello Junior Team Ducati e disputando solamente i round europei. Grazie ai buoni risultati è stato promosso al team Barni, con cui invece ha completato l’intera stagione l’anno seguente, per poi passare nel 2020 alla squadra Go Eleven. È stato proprio l’anno della pandemia a rappresentare la svolta del pilota di Rimini, che ha mostrato una grande maturazione sia in pista sia a livello mentale. L’interruzione della stagione a causa del Covid non ha fermato le sue ambizioni e nella ripartenza si è mostrato in tutta la sua forza, rivelandosi la grande sorpresa del 2020.

Rinaldi ricorderà per sempre il secondo appuntamento di Aragon, dove ha trovato la sua prima affermazione mondiale, tenendo testa a Rea e mettendosi dietro anche gli avversari più tosti. La vittoria del round di Teruel è stata una grande prova di forza che ha rappresentato la consacrazione del giovane italiano, ormai nel mirino del team ufficiale. Per tutta la restante parte della stagione, Borgo Panigale ha tenuto appassionati e addetti ai lavori sulle spine, in attesa dell’annuncio della line-up del 2021, anche se ormai tutto lasciava pensare che potesse essere proprio Rinaldi a prendere il posto di Davies.

Così è stato, alla vigilia dell’ultimo round del 2020, l’italiano è stato annunciato come sostituto del gallese. L’incertezza del futuro e il ciclone Rinaldi possono aver influito sulla mente e, di conseguenza, sui risultati di Davies? È probabile. Il rapporto aveva mostrato delle crepe nell’ultima fase di stagione, con l’inglese che non perdeva occasione di ricordare a Ducati quanto avesse fatto durante tutti questi anni. “Non voglio essere giudicato in base ai risultati individuali – aveva affermato Davies nelle fasi finali della stagione 2020 – Voglio essere giudicato per quello per cui sto lottando. Non voglio essere giudicato per la vittoria di Barcellona o per il terzo posto di Magny-Cours. Voglio essere giudicato perché sto aiutando questa squadra a provare a vincere un Mondiale, perché finora, per vari motivi, siamo arrivati sempre secondi e sento che quello per cui stiamo lottando è qualcosa di meglio. Ma probabilmente è lo stesso motivo per cui potrei non avere un posto qui”.

 

Occasione mancata

La classifica finale del 2020 parla chiaro: nelle prime tre posizioni troviamo tre piloti Ducati. Scott Redding e Chaz Davies occupano la seconda e terza posizione rispettivamente, con Michael Ruben Rinaldi settimo. Al termine della stagione, Borgo Panigale vanta otto successi e 25 podi totali, suddivisi fra i tre portacolori protagonisti di quest’anno. Tre sono le doppiette (primo e secondo) conquistate dai due alfieri ufficiali, ma questi risultati non sono bastati per portare a casa il titolo costruttori. È ancora una volta Kawasaki a vantare il titolo di campione del mondo, con le dodici vittorie totali che pendono tutte dal lato di Jonathan Rea (Alex Lowes ha vinto una sola gara).

Alla luce del solo punto di distacco fra i due costruttori nella classifica finale, viene spontaneo chiedersi cosa è mancato a Ducati per sottrarre almeno questo titolo alla casa nipponica. La mancanza di costanza di rendimento, soprattutto nella seconda metà della stagione, è stata forse il fattore che maggiormente ha influito sull’esito finale. Ma quando i piloti erano in forma, la Panigale V4R era imbattibile. Ducati ha perso un’occasione preziosa quest’anno, ma cos’altro è mancato al team italiano per tornare in cima?  

La mentalità vincente non manca e la Panigale V4R si è mostrata a volte anche più competitiva della ZX-10RR. Eppure in Casa Ducati si lavora ancora allo sviluppo della quattro cilindri che è comunque una moto nuova, che viene scoperta pian piano. Ne ha parlato recentemente in esclusiva con Motorsport.com proprio Marco Zambenedetti, Coordinatore Tecnico Ducati Corse SBK:  “A causa del regolamento, soprattutto del limite di velocità e della regola di concessione, non possiamo sviluppare troppo il motore. Ci siamo quindi concentrati sullo scarico, sull'airbox e sul condotto dell'aria. Abbiamo cercato di trovare un po’ più di coppia. Volevamo anche migliorare le caratteristiche prestazionali del motore senza perdere la velocità massima. A causa della limitazione della velocità, abbiamo dovuto trovare qualche cavallo ai bassi regimi”.

Tanto è il lavoro che si sta portando avanti dal punto di vista tecnico, soprattutto sapendo che Kawasaki porterà in pista la nuova moto a partire dal 2021. Ergonomia, forcellone e ammortizzatori sono stati tra i punti chiave del lavoro in fabbrica e nei box. Lavoro che però è stato condizionato dalla pandemia, come spiega Zambenedetti: “Abbiamo realizzato diverse configurazioni delle selle per i nostri piloti e modificato la forma del serbatoio. I nostri piloti volevano una posizione di seduta più rilassata sulla moto in termini di ergonomia, perché entrambi erano piuttosto alti. Così abbiamo realizzato nuove pedane. A causa della situazione Covid, non abbiamo avuto la possibilità di testare adeguatamente le nuove parti. Questo costituirà gran parte del nostro lavoro in inverno”.

 

La parentesi Melandri

La poca costanza di Ducati è stata evidente, suo malgrado, nel team Barni. In chiave costruttori infatti, il punto decisivo per vincere il mondiale lo ha portato a casa Xavi Fores con la Kawasaki del team Puccetti. Lo spagnolo, in forza al team indipendente, ha contribuito al risultato finale mentre lo stesso non si può dire per l’altra Panigale V4R della squadra bergamasca. Orfana di un Leon Camier martoriato da un infortunio che lo ha costretto a fermarsi prima dell’inizio della stagione, Barni è stata costretta a correre ai ripari in tempi brevi, scegliendo di portare in pista Marco Melandri. Un gradito ritorno nel mondiale per il ravennate, che aveva appeso il casco al chiodo al termine del 2019 dopo un’avventura fallimentare in Yamaha.

Melandri è tornato così in sella alla Ducati, provando per la prima volta la quattro cilindri in gara nella ripartenza del mondiale a luglio. Le cose però non sono andate come sperato e, a settembre, il veterano della Superbike ha detto addio definitivamente alle corse, lasciando a stagione in corso e costringendo Barni a trovare l’ennesimo sostituto. Dall’addio di Melandri si sono susseguiti Samuele Cavalieri prima e Matteo Ferrari poi. L’incostanza dei piloti non ha pagato, anzi. I risultati in pista sono stati tutt’altro che soddisfacenti e questo ha contribuito ad allontanare il titolo costruttori, che nel finale è tornato nelle mani di Kawasaki.

 

Il 2021: il plotone Ducati pronto al riscatto

Ducati assicura che dalla prossima stagione i piloti verranno considerati allo stesso modo, senza trattamenti particolari sbilanciati verso uno o l’altro lato del box. Sembra evidente che il ruolo di ‘prima guida’ sia affidato a Scott Redding, chiamato a migliorare il risultato dello scorso anno, avendo già una maggiore esperienza in sella alla Panigale V4R del team ufficiale. L’approdo di Rinaldi però potrebbe impensierire il britannico, che vede nel pilota di Rimini un compagno di squadra difficile. Nonostante per l’italiano si tratterà del primo anno con la squadra ufficiale, è determinato a far bene da subito e lo ha già mostrato nei primi test.

“Sono felice di aver fatto i primi giri con la moto ed il feeling è buono, sono già andato più veloce di quanto non fossi durante il fine settimana di gara, quindi sono fiducioso del fatto che il 2021 sarà buono. Il piano per l’inverno è prepararmi per la stagione 2021, quindi proverò a fare del mio meglio nell’allenamento per arrivare all’inizio dell’anno nella miglior forma fisica possibile”. Queste le parole di Rinaldi al termine del test svolto a Estoril lo scorso ottobre, in cui ha avuto un primo assaggio della V4 ufficiale.

Ma Scott Redding non è meno ambizioso, anzi. Si è già prefissato l’obiettivo per il 2021: “Il prossimo anno all’ultimo round voglio essere il pilota davanti a tutti”. Il britannico lancia il guanto di sfida a Jonathan Rea, che con la nuova Kawasaki proverà a difendere il titolo ma dovrà guardarsi le spalle da un plotone Ducati determinato a frenare la corsa all’ennesimo record.

Non bisognerà dimenticare Chaz Davies, che resta nell’orbita Ducati avendo firmato con il team Go Eleven. Proprio la privatissima squadra equipaggiata della V4 si è messa in luce nel 2020 e punta a migliorare ancora il prossimo anno, contando sull’esperienza del gallese, che si pone già degli obiettivi: “Sono molto contento di unire le forze con il Team Go Eleven nel 2021! Penso che sia una grande opportunità, sia per me che per Go Eleven, per continuare il nostro percorso di crescita. Anche Go Eleven è stato protagonista di un grande 2020. Penso che ci siano tutte le carte in regola per una partnership vincente”.

 

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