F1 | Gardening: si discute l'idea di eliminarlo o ridurlo
Il mercato, in particolare dei tecnici, è vincolato da un periodo di stop forzato dal momento che un ingegnere decide si lasciare un team per andare in un altro. Era una garanzia per proteggere la proprietà intellettuale di certe soluzioni, ma ora con lo smart working è possibile lavorare da "invisibili". Ha ancora un senso o è giusto abolirlo?
Foto di: Mark Sutton
C’è una battuta che gira nel paddock da inizio stagione: l’Inghilterra non ha mai avuto giardini così curati! Si parla di ‘gardening leave’, ovvero il preavviso di licenziamento con divieto di lavoro introdotto nei contratti tra squadre e dipendenti al fine di proteggere la proprietà intellettuale di un team. Nel caso di figure con un ruolo strategico, le squadre nel corso degli anni hanno aumentato parecchio il periodo di ‘stop’ imposto in caso di dimissioni, arrivando a toccare i dodici mesi.
Il sistema è stato accettato perché tutela chi teme di perdere personale, ma nelle ultime due stagioni è emersa una controindicazione che rischia di mettere in discussione una procedura data ormai per consolidata.
Negli ultimi trenta mesi ben otto delle dieci squadre di Formula 1 hanno assunto un nuovo team principal, ed è prassi ordinaria che un nome nuovo al timone voglia apportare delle modifiche all’organigramma del team. Il tutto si traduce in campagne di reclutamento che, nella stragrande maggioranza dei casi, puntano ad attingere tecnici e dirigenti presso altre squadre.
È quanto si è visto a partire da inizio 2023, con una serie di movimenti di personale (soprattutto tecnico) che ha portato a centinaia di lettere di dimissioni. “Se mettiamo insieme tutti coloro che sono in gardening formiamo l’undicesimo team!”, è stato il commento tra gli addetti ai lavori, ma non è questo il problema.
Frederic Vasseur, Team Principal e General Manage Ferrari
Foto di: Sam Bagnall / Motorsport Images
Lo scorso inverno Frederic Vasseur evidenziò le difficoltà in cui si imbatte chi vuole dare una propria impronta ad una squadra. “Quando realizzi di avere una carenza da colmare con assunzioni, sai che un nuovo dipendente dovrà aspettare dodici mesi prima di unirsi alla squadra. Trascorso questo periodo potrà iniziare a venire in sede, e il suo contributo sarà effettivamente visibile solo sul progetto dell’anno seguente. Quindi dal momento in cui hai la necessità di una persona a quello in cui vedi i risultati legati al suo operato passano dai due ai tre anni”.
Il problema, sottolineato a suo tempo da Vasseur, oggi è un grattacapo per la maggior parte delle squadre, e quando un disagio diventa comune cresce la volontà di porre rimedio. Non sorprende che nelle ultime settimane, trapelata un’indiscrezione secondo la quale c’è chi pensa di porre sul tavolo la proposta di un gentleman agreement, un accordo tra i team per ridurre (molto) il tempo di ‘gardening leave’. I punti in discussione sono diversi.
Ha ancora senso oggi uno stop così lungo considerando l’evoluzione delle metodologie di lavoro? Durante il periodo di lockdown c’è stata una spinta molto forte per potenziare i sistemi che permettono di lavorare da remoto, e la Formula 1 (come è nella sua natura) spicca per la velocità ed efficienza quando c’è da sposare una nuova tecnologia. Il ‘remote working’ ha risolto molti problemi, creandone inavvertitamente uno nuovo. Chi è oggi in grado di controllare se un professionista nel periodo di gardening lavora comodamente dalla sua abituazione?
Anni fa la presenza in sede per un tecnico era un elemento imprescindibile per poter garantire il proprio supporto ad un dipartimento, oggi essere a contatto con i collaboratori resta un ‘plus’, ma non è più una condizione indispensabile.
Loic Serra e Jerome d’Ambrosio entreranno in Ferrari dal 1 ottobre
Foto di: Ferrari
Da qui la riflessione sulla necessità di imporre periodi di ‘gardining leave’ così lunghi per poi essere impossibilitati a vigiliare, rischiando di mettere in difficoltà chi vuole rispettare le clausole contrattuali rispetto a chi si fa meno problemi ad accendere un computer e lavorare da casa. Il tutto, paradossalmente, pesando anche sul budget cap della ormai ex squadra, visto che l’accordo prevede la retribuzione fino alla scadenza del tempo di preavviso fissato.
C’è infine chi vede nel ‘gardening leave’ anche un freno allo sviluppo complessivo del mondo della Formula 1. La circolazione del personale senza troppi vincoli è sempre stata la via principale per il passaggio delle informazioni, favorendo anche un certo equilibrio dei valori in campo.
Oggi questo processo risulta essere rallentato da un tempo mediamente molto lungo considerando i ritmi serrati con cui opera una squadra di Formula 1. Ha davvero senso continuare ad impuntarsi pensando ad una possibile perdita di personale quando il giorno dopo la stessa squadra avrebbe il problema inverso andando sul mercato?
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