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Formula 1 GP dell'Arabia Saudita

F1 | Sauber: la buona gestione gomma è un'arma a doppio taglio

Dopo un primo appuntamento in Bahrain in cui aveva mostrato segnali positivi, in Arabia Saudita è emerso qualche dubbio in più sul potenziale della C45. Paradossalmente, quello che era stato uno dei punti di forza a Sakhir si è rivelato un punto debole a Jeddah, ovvero la gestione delle gomme e la fase di warm-up degli pneumatici. Scopriamo perché.

Valtteri Bottas, Team Stake F1 Kick Sauber C44

Dopo una buona partenza in Bahrain, dove in gara era stata in grado di imporsi come sesto miglior squadra della griglia, seppur aiutata dall’incidente di Nico Hulkenberg al via, la Sauber arrivava in Arabia Saudita con qualche sicurezza e qualche apprensione in più.

Da una parte c’era la sensazione di avere tra le mani una vettura molto competitiva sulla lunga distanza e, soprattutto, molto gentile sulle gomme, come si è visto proprio nella tappa di apertura del mondiale, in cui Guanyu Zhou era stato in grado di allungare l’ultimo stint mantenendo alle spalle un folto gruppo di piloti. Dall’altra, però, era chiaro che servisse qualcosa di più in qualifica, perché su un circuito come quello di Jeddah, una buona posizione di partenza avrebbe potuto davvero fare la differenza.

Un dubbio che si è poi confermato venerdì sera, dopo le prove ufficiali, concluse con un’amara doppia eliminazione già al termine della Q1. Sulla qualifica di Valtteri Bottas aveva pesato sia il traffico che le difficoltà nell’accendere le gomme, mentre su quella del compagno di casacca a compromettere tutto era stato l’incidente della FP3, che aveva spinto i meccanici a una corsa contro il tempo per sistemare la monoposto rimasta danneggiata.

Valtteri Bottas, Team Stake F1 Kick Sauber C44

Valtteri Bottas, Team Stake F1 Kick Sauber C44

Foto di: Steven Tee / Motorsport Images

Le premesse in vista della gara erano, quindi, tutt’altre che eccezionali, specie tenendo a mente che, su una pista come quell’Arabia Saudita, sarebbe stato complicato far valere in maniera efficace quelle buone doti in termini di gestione gomma evidenziate in Bahrain. L’unica speranza sarebbe stata l’entrata di una Safety Car nel momento più propizio, come quella effettivamente causata da Lance Stroll dopo pochi giri di gara.

Zhou è rimasto in pista proprio nella speranza di poter sfruttare questa opportunità, mentre Bottas, il quale aveva preso il via sulla soft a inizio gara, ha deciso di fermarsi per montare il set di hard con cui, quantomeno a livello teorico, sarebbe arrivato fino alla bandiera a scacchi. Ma sono proprio queste due differenti strategie che hanno messo in evidenza due differenti problemi del weekend della Sauber.

Dopo l’incidente avvenuto in FP3, i meccanici hanno riscontrato dei surriscaldamenti sulla macchina del pilota cinese, con continue richieste di lift and coast alla fine dei rettilinei, il che ha influito in modo negativo sul passo. Anche da questo elemento si spiega il perché Hulkenberg, con una Haas comunque competitiva rispetto agli altri team di centro gruppo, sia stato in grado di allungare in maniera così netta durante il suo stint.

Ancor più interessante, però, è la corsa di Bottas, con una strategia pensata in maniera aggressiva sin dall’inizio, la quale però ha messo in evidenza alcuni limiti della monoposto elvetica. Dopo aver notato i riferimenti durante le libere, in cui diverse squadre avevano provato la mescola più tenera anche sui long run per studiarne il comportamento in vista di un possibile utilizzo in gara, gli ingegneri della Sauber hanno scelto di prendere il via proprio con quel compound.

Valtteri Bottas, Stake F1 Team Kick Sauber C44, Daniel Ricciardo, RB F1 Team VCARB 01

Valtteri Bottas, Stake F1 Team Kick Sauber C44, Daniel Ricciardo, RB F1 Team VCARB 01

Foto di: Andy Hone / Motorsport Images

L’idea sarebbe stata quella di essere molto aggressivi sia alla partenza, magari provando a recuperare qualche posizione sfruttando il maggior grip offerto dalla soft, ma anche con il momento della sosta. È però interessante menzionare che, tendenzialmente, a Jeddah l’undercut non è sempre così efficace, perché un asfalto così poco abrasivo e che offre tanto grip garantisce comunque l’opportunità di provare ad estendere sulla lunga distanza, mantenendo anche costanti i tempi.

“Abbiamo pensato che per noi la mescola soft/hard sarebbe stata la migliore, cercando di essere aggressivi nel giro in cui fermarci”, ha raccontato Bottas al termine della corsa, evidenziando però un problema ancora più importante, ovvero l’accensione della hard.

Come per altre squadre, anche in casa Sauber si sono riscontrati dei problemi nel far funzionare al meglio le gomme. Ferrari ha avuto problemi con le posteriori, mentre Racing Bulls ha incontrato delle difficoltà nell’accendere la soft, più con Daniel Ricciardo che con Yuki Tsunoda, con quest’ultimo che in realtà è poi riuscito ad accedere alla Q3 conquistando un bel nono posto.

La scuderia elvetica ha però patito soprattutto l’accensione della mescola più dura, la hard, impiegando una quindicina di giri prima di riuscire a farla funzionare nel modo sperato. Chiaramente, dati gli scenari di gara difficilmente Bottas sarebbe riuscito ad andare a punti, ma si tratta di un tema da tenere a mente per il resto della stagione.

Daniel Ricciardo, RB F1 Team VCARB 01, Esteban Ocon, Alpine A524, Valtteri Bottas, Stake F1 Team Kick Sauber C44

Daniel Ricciardo, RB F1 Team VCARB 01, Esteban Ocon, Alpine A524, Valtteri Bottas, Stake F1 Team Kick Sauber C44

Foto di: Zak Mauger / Motorsport Images

“Ma alla fine il problema era la mescola dura. Non riuscivamo a farla funzionare, non riuscivamo a creare una temperatura sufficiente, ci sono voluti almeno 15 giri per ottenere un qualche tipo di aderenza. E a quel punto abbiamo perso troppo. È stata una cosa inaspettata. Per questo ho fatto due soste. Alla fine abbiamo provato le morbide per vedere se funzionavano meglio, e così è stato. Ma ovviamente era troppo tardi”, ha aggiunto il finlandese.

Su un tracciato come quello di Sakhir, un’accensione più “lineare” della gomma è preferibile, dato il tipo di asfalto particolarmente aggressivo, motivo per il quale un’introduzione lineare e non forzata aiuta a garantire un vantaggio sulla lunga distanza. Jeddah è una pista particolare ma, dato che con la hard si può percorrere sostanzialmente l’intera distanza di gara, il discorso degrado non è più così centrale, per cui il riuscire a trovare un buon potenziale dalle coperture sin dai primi giri diventa fondamentale.

“Ovviamente si trattava della mescola C2. Quindi penso che per questa pista sia troppo dura. A causa dei problemi di assetto di venerdì, quando l'ho provata, abbiamo pensato che fosse [il motivo per cui non riuscivano a farla funzionare] principalmente per questo motivo. Ma anche ora, con l'assetto migliorato, non siamo riusciti a farla funzionare. Credo che il nostro ritmo non fosse quello che pensavamo di avere”.

“Oggi era chiaro che [la dura] non funzionava, le mescole morbide erano decisamente migliori. Quindi credo che la nostra vettura non riesca a generare molta energia sulle gomme. Credo che questo sia il motivo per cui il ritmo di gara è stato abbastanza buono in Bahrain, perché l'asfalto è ruvido e bisogna mantenere le gomme fredde. Su un asfalto come questo ci è sembrato di non riuscire a generare abbastanza temperatura", ha poi aggiunto Bottas.

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