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Analisi
Formula 1 GP d'Ungheria

F1 | Dati: Hamilton sorprende nel lento, ma la chiave è il bilanciamento

Dopo cinque pole position consecutive, Max Verstappen si è dovuto arrendere cedendo lo scettro all'uomo dei record, quel Lewis Hamilton che a Budapest ha scritto un'altra pagina di storia. La W14 ha sorpreso nei tratti più lenti, ma la chiave risiede nell'aver trovare il miglior equilibrio nella gestione degli pneumatici nei tre i settori. Osserviamo cosa raccontano i dati telemetrici sulla pole del britannico.

Pole man Lewis Hamilton, Mercedes-AMG

Dopo cinque pole position consecutive, Max Verstappen ha ceduto lo scettro di re delle qualifiche. Per riuscirci serviva l’uomo dei record, quel Lewis Hamilton che ha fatto del tracciato dell’Hungaroring una seconda casa, scrivendo l’ennesima pagina di storia di questo sport.

Dopo la giornata di oggi si potrebbero elencare numeri e statistiche, come il fatto che il britannico sia il primo pilota in assoluto ad aver ottenuto nove pole sullo stesso circuito, oppure che la prima posizione conquistata battendo l’olandese abbia portato il totale a 104, un dato che tutt’ora sembra quasi al di là di ogni logica. Ma l’esultanza che ha accompagnato il giro di rientro dopo aver piazzato il tempo migliore del Q3 descrive meglio di ogni cifra l’importanza di un risultato che Hamilton attendeva da tempo, dal lontano dicembre 2021.

Ma se un anno e mezzo fa giocarsi la prima posizione in qualifica sembrava quasi ordinaria amministrazione, oggi gli scenari sono cambiati profondamente e la pole conquistata in Ungheria ha lasciato un sorriso differente sul volto dell’inglese, quasi come se fosse la prima volta. Fiutata l’occasione, il sette volte campione del mondo ci ha messo il suo piazzando la zampata nel momento decisivo, quando contava. Dati i distacchi estremamente ridotti, era essenziale riuscire a effettuare un giro pulito, così come mostrare una buona flessibilità nell’utilizzo dei vari compound nel corso delle qualifiche.

Lewis Hamilton, Mercedes F1 W14

Lewis Hamilton, Mercedes F1 W14

Photo by: Glenn Dunbar / Motorsport Images

Un exploit in cui c’è una componente umana, quella di un campione, ma anche una tecnica. Ripercorrendo il calendario fino a dodici mesi fa, proprio su questa pista era giunta la prima pole stagionale del 2022 targata Mercedes, in quel caso grazie a George Russell. Non è quindi difficile ipotizzare che ci sia qualche aspetto che dell’Hungaroring che le vetture della Stella riescono a digerire meglio di altre monoposto. Il tracciato magiaro presenta un layout particolare ed estremamente complesso sul piano della messa a punto per gli ingegneri, dove riuscire a trovare il giusto bilanciamento, in particolare sul giro secco, rappresenta un esercizio articolato e spesso legato alle condizioni metereologiche. A ciò si aggiunge un’altra componente, il raggiungimento della finestra ideale di funzionamento degli pneumatici, in modo da evitarne il surriscaldamento.

Accanto alle numerose curve lente che richiedono tanta trazione, aspetto che aveva alzato le aspettative in casa Ferrari, si affiancano tratti a media velocità che premiano quelle auto che dispongono di un avantreno preciso e reattivo, come quello della W14. Non è un caso che al venerdì, quando la pista era più sporca, tanti piloti abbiano progressivamente chiesto di caricare l’anteriore al fine di ridurre il sottosterzo. Come già osservato in altri appuntamenti di inizio campionato, la vettura di Brackley presenta delle lacune in fase di trazione dalle curve lente, ma più il tracciato offre un buon grip, come l’asfalto dell’Hungaroring, più questo aspetto viene mascherato, specie quando i piloti possono contare su una mescola così morbida come la C5. Problemi che sono limitati più all'ultima fase della percorrenza e all’uscita, perché già a Silverstone si era potuto apprezzare come in entrata di curva vi fossero dei segnali incoraggianti che avevano sorpreso la stessa Mercedes.

Il weekend dell’Austria è forse l’esempio migliore perché, quando al sabato la pista si presentava front-limited con temperature più basse, la W14 aveva mostrato buone prestazioni, mentre alla domenica sono poi emersi tutti i limiti della vettura in fase di trazione, complice anche una scelta di set-up che si è rivelata errata. Con il nuovo format, i protagonisti delle qualifiche ungheresi e sono stati costretti a utilizza tutti e tre i compound e più la mescola diventava soffice, più la monoposto britannica iniziava a garantire performance migliori, riducendo progressivamente il gap dalla Red Bull di Max Verstappen: “Una volta arrivati in Q2, la situazione sembrava tutto sommato positiva. Poi, una volta arrivati in Q3, eravamo solo a un decimo da Max e sapevo di avere qualcosa in più a disposizione in macchina”, ha spiegato Hamilton.

Pole man Lewis Hamilton, Mercedes-AMG

Pole man Lewis Hamilton, Mercedes-AMG

Photo by: Zak Mauger / Motorsport Images

A ciò si è aggiunto un altro elemento importante, ovvero la capacità delle vetture della Stella di gestire bene le coperture durante l’arco del giro e l'abilità di Hamilton. Se generalmente in qualifica la W14 mostra qualche fatica nell’accendere le gomme, in Ungheria si è verificato il problema opposto: era sì fondamentale arrivare con l’avantreno in temperatura all’inizio del giro, ma era altrettanto vitale non surriscaldare le posteriori già nel primo settore, aspetto che altre squadre hanno pagato in maniera più marcata, come la Ferrari.

Osservando i riferimenti cronometrici, ci sono due importanti osservazioni da tenere a mente: la prima è che Verstappen probabilmente aveva ancora qualcosa nel taschino, seppur abbia faticato nel mettere insieme tutti i pezzi del puzzle, mentre la seconda è che la pole è andata proprio chi ha saputo trovare il giusto equilibrio nel corso del giro.

Nonostante la RB19 non sia stata la vettura di riferimento sul piano delle velocità massime, anche sul breve allungo dell’Hungaroring la monoposto di Milton Keynes ha potuto contare su un piccolo vantaggio nei confronti dei rivali più diretti, minore che in altre occasioni. Questo è anche dovuto al fatto che, non essendoci lunghi rettilinei su cui scaricare la batteria, non si è verificato quel fenomeno derating che le vetture spinte dalla Power Unit della Stella hanno spesso accusato in altri appuntamenti, per cui vi è anche una differente gestione dell'ibrido.

Confronto dei rispettivi migliori giri di Hamilton e Verstappen in Q3

Confronto dei rispettivi migliori giri di Hamilton e Verstappen in Q3

Photo by: Gianluca D'Alessandro

In curva 1 si può apprezzare un’interpretazione piuttosto differente tra i due rivali, in un tratto che permette molteplici approcci: Hamilton mantiene una linea più larga spingendo in ingresso, mentre Verstappen cerca di chiudere la curva, patendo però uno snap nel momento del ritorno sull’acceleratore. Ciò ha permesso al britannico di trovarsi davanti all’approccio di curva 2 dove, anche in questo caso, si riscontrano idee diverse: una fase di frenata più decisa per Lewis, che cerca di mantenere una linea centrale senza andare a chiudere troppo sul cordolo, al contrario di Verstappen, che tenta di portare maggior velocità in percorrenza. Ciò lo ha portato leggermente largo in uscita, dando al sette volte campione del mondo la possibilità di recuperare quanto perso in entrata.

Mettendo il nastro sull’acceleratore, si passa al secondo settore, più in particolare la chicane lenta, uno dei tratti in cui l’olandese ha perso la maggior quantità di tempo. Osservando l’onboard si può notare come il gap accumulato sia in parte dovuto alla mancata aggressività nel cambio di direzione e sui cordoli, mentre nel secondo tentativo a penalizzarlo è stato soprattutto uno snap in entrata.

Nella sequenza veloce, i valori sono sostanzialmente in linea, anche se si notano nuovamente differenze in termini di impostazione: mentre Hamilton tende a privilegiare l’entrata e la velocità di percorrenza, il rivale cerca di puntare su una miglior uscita. Infatti, dalle telemetrie si può apprezzare come, seppur le sue velocità minime di percorrenza siano inferiori, in realtà la traccia in uscita anticipi quella del campione britannico.

Max Verstappen, Red Bull Racing RB19

Max Verstappen, Red Bull Racing RB19

Photo by: Michael Potts / Motorsport Images

Rimane, infine, solo l’ultimo settore, probabilmente il più complesso dal punto di vista della gestione degli pneumatici. Ciò lo si può notare in particolar modo all’ultima curva, dove l’inglese ha accusato un grosso snap in entrata che lo ha portato su una traiettoria più larga, sporca e meno remunerativa, dovendo così percorrere più metri. Ciò ha consentito al pilota di Hasselt di riavvicinarsi, ma non abbastanza da colmare anche quegli ultimi tre millesimi che lo hanno diviso dalla pole.

Il tema della gestione delle coperture assume una rilevanza ancor più decisiva andando a osservare il secondo tentativo del portacolori della Red Bull, in cui si può apprezzare un comportamento totalmente differente. Se nel primo intertempo i parziali sono in linea con quelli del run precedente, nel secondo settore è invece riuscito a togliere oltre due decimi e mezzo, segnale che effettivamente aveva ancora una cartuccia da giocarsi per il gran finale. Tuttavia, la scelta di spingere così tanto nell’intertempo centrale ha “bruciato” la gomma, portandola al limite in termini di surriscaldamento per la parte conclusiva del giro, dove è vitale poter contare su un buon retrotreno. Avendo gli pneumatici al limite, in questo caso anche Verstappen ha accusato un grosso sovrasterzo in entrata dell’ultima curva, perdendo in totale circa due decimi rispetto al primo tentativo.

Se da una parte si è vista una Mercedes che ha centrato tutte le caselle della sua lista, dall’altra a patire è stata la Red Bull, che sin da venerdì aveva mostrato qualche segnale di fatica nell’utilizzo dei cordoli e nella gestione del sottosterzo, seppur parzialmente risolti in nottata. La decisione di non girare con costanza in FP2, dove il due volte campione del mondo ha completato solo una decina di giri al fine di risparmiare set di pneumatici, non ha pagato sul giro secco. Se la Stella ha trovato la finestra ideale in qualifica, lo stesso non si può dire di Red Bull, anche se parliamo di una vettura che si è pur sempre giocata la pole.

Confronto tra i due giri di Verstappen in Q3: nel tentativo finale ha puntato su un approccio più aggressivo nel secondo settore, ma non ha pagato

Confronto tra i due giri di Verstappen in Q3: nel tentativo finale ha puntato su un approccio più aggressivo nel secondo settore, ma non ha pagato

Photo by: Gianluca D'Alessandro

Lo stesso olandese durante le interviste non ha nascosto il suo disappunto, complice un bilanciamento ballerino che ha tolto quella fiducia necessaria per attaccare le curve come avrebbe voluto nella manche conclusiva, permettendo così anche il ritorno della Mercedes. “Oggi, anche in qualifica, è stato davvero difficile, in Q1 e Q2, sentirsi sicuri di attaccare davvero le curve. Ho pensato che il mio primo run in Q3 fosse abbastanza buono, poi il secondo run, di nuovo, non c'era feeling. Se cerchi di spingere un po' di più, perdi il posteriore e l'anteriore”, ha raccontato Max.

Per questo in qualifica, più che cercare il tempo assoluto, era fondamentale riuscire a trovare un equilibrio complessivo che permettesse di gestire le gomme durante l’intero arco del giro.

Per la gara Pirelli si aspetta temperature ben più alte anche di quelle registrate al sabato, con punte anche di 50°C per quanto concerne l’asfalto. Questo potrebbe generare un altro cambio in termini di bilanciamento e di asse limitate sulla lunga distanza, tornando alla necessità di dover proteggere maggiormente il retrotreno. Con una prima fila che riporta la mente a due anni fa, la corsa riserverà tante incognite, ma anche molteplici temi da approfondire.

 

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