La vittoria di Le Mans è un "germoglio" per una nuova Ferrari
Leclerc poteva fare solo una bella passerella alla 24 Ore di Le Mans e, invece, ha voluto condividere con i piloti che hanno vinto la gara della Sarthe le emozioni di un successo che avrà benefici effetti non solo nel team di Antonello Coletta, che ora punta al titolo del WEC, ma in tutte le persone della Scuderia. Perché mentre la 499P cercava un posto nella storia, c'è stato chi ha parlato a lungo anche di F1. E non c'è migliore medicina dell'entusiasmo per ricaricare le batterie di un team che è sembrato depresso.
Quella del Centenario è stata una 24 Ore di Le Mans iniziata poco dopo la mezzanotte. Prima non si era capito quasi niente e qualcuno ha potuto nascondere un po’ le carte: tra incidenti, pioggia a intermittenza, slow zone e safety car si è andati di lungo senza mai “accendere” la corsa con un copione che cambiava ad ogni scroscio d’acqua.
È stata una corsa Imprevedibile, al punto che in testa si è vista anche la Peugeot, poi relegata inevitabilmente al ruolo di comprimarie. Ma quanto contasse questa sfida lo si è capito vedendo Carlos Tavares, gran capo di Stellantis, fare uno screenshot al monitor delle classifiche mentre la 9X8 era al comando, perché restasse un segno di un qualcosa che sembrava impossibile anche a lui.
Il team AF Corse Ferrari festeggia il successo del Centenario alla 24 di Le Mans
Photo by: JEP / Motorsport Images
Con le gomme fredde, abbiamo assistito a continui svarioni che hanno reso indecifrabile l’andamento di una 24 Ore che è già entrata nella leggenda, senza l’esigenza di passare prima dalla cronaca e poi dalla storia. La Ferrari ha compiuto un capolavoro, costruito con capacità, organizzazione e bravura, ma anche con un pizzico di cinismo. Quello che in F1 si vede solo in Red Bull. Perché il motto è semplice: correre per vincere, non per partecipare.
Il marchio del Cavallino mancava dalla classe regina della Sarthe da 50 anni e vedere due 499P scattare davanti a tutti nella griglia di partenza è stato un antipasto di un pranzo luculliano: la fotografia del via, con le rosse precedere altre sessanta macchine, forse poteva bastare per riprendere quel filo interrotto mezzo secolo fa. Un segno di continuità fra il prestigioso passato e un futuro tutto da scrivere.
Alessandro Pier Guidi, James Calado e Antonio Giovinazzi si godono la vittoria a Le Mans con la 499P
Photo by: Andreas Beil
Dindo Capello, ultimo pilota italiano a imporsi a Le Mans quindici anni fa, parlando con Motorsport.com l’aveva detto: arriverà presto chi riprenderà quel cammino vincente. Alessandro Pier Guidi e Antonio Giovinazzi lo hanno accontentato subito, insieme a quel satanasso rosso che è James Calado, un inglese che si è quasi naturalizzato alla corte del Cavallino. La Ferrari ha messo a tacere la Toyota, grande favorita. I giapponesi sono arrivati alla maratona della Sarthe forti di tre schiaccianti successi nelle prime tre gare del WEC 2023 in versione Hypercar.
Come se l’edizione del Centenario della 24 Ore non potesse diventare che la sesta sinfonia suonata dai nipponici. Certo lo schiaffone ricevuto in qualifica da Antonio Fuoco, in pole con la 499P #50, aveva già fatto male, ma era sembrato solo una provocazione di lesa maestà, visto che la Toyota arrivava da una striscia di cinque affermazioni di fila. I critici hanno commentato: vincevano da soli. E hanno perso l’abitudine alla sfida e alla battaglia. E ora che hanno trovato pane per i loro denti, hanno scoperto all’improvviso di non essere imbattibili.
#50 Ferrari AF Corse Ferrari 499P di Antonio Fuoco, Miguel Molina, Nicklas Nielsen
Photo by: JEP / Motorsport Images
È possibile, come è possibile che alla Toyota sia venuto il fiato lungo per il BoP che gli ha appioppato 37 kg in più prima della gara del Centenario (alla Ferrari ne hanno affibbiati 24 kg con un delta di 13 kg): ma allora si può rispondere ai “saputelli” che, forse, le prime tre gare i giapponesi le hanno vinte anche per quello.
Antonello Coletta celebra la vittoria a Le Mans con l'equipaggio Pier Guidi, Giovinazzi e Calado
Photo by: JEP / Motorsport Images
Ma la lezione di Le Mans è un’altra, molto più profonda e meno visibile. Nel paddock c’era il presidente John Elkann, l’amministratore delegato Benedetto Vigna, il direttore commerciale e marketing, Enrico Galliera più tante altre figure di spicco di Maranello. Non è stata una presenza istituzionale, né la voglia di cercare un palcoscenico dove le rosse potevano essere vincenti, in contrapposizione alle delusioni cocenti della F1.
Eravamo nel paddock francese e abbiamo respirato un’aria nuova, diversa. È emerso un messaggio chiaro e forte. Non esistono due Ferrari, ma ce ne deve essere una sola. Abbiamo incontrato Fred Vasseur, c’era Charles Leclerc. Il monegasco non ha fatto una capatina per un bagno di folla in griglia di partenza. Charles è rimasto tutta la notte (era ospite nel motorhome di Antonio Fuoco, suo grande amico) e ha seguito la corsa fino alla bandiera a scacchi, ascoltando i discorsi via radio come se fosse una parte in gioco.
Charles Leclerc parla con Enrico Galliera, direttore commerciale e marketing Ferrari
Photo by: Rainier Ehrhardt
Se le motivazioni dopo il GP di Spagna potevano essere scese a zero, Leclerc a Le Mans ha potuto ricaricare le pile dell’entusiasmo con una full immersion nell’anima del Cavallino. E gli effetti benefici di Le Mans si spalmeranno anche in questa settimana in Canada. Non che sia possibile uno switch tecnico, ma sappiamo tutti quanto conta un pilota che sa trascinare la squadra dietro al suo entusiasmo.
Ma in Francia è germogliato qualcosa che potrebbe essere più importante: la consapevolezza, dai vertici del marchio fino all’ultimo dei meccanici, di quale può essere la potenza del marchio e della sua storia.
Striscione Ferrari a Le Mans
Photo by: Nikolaz Godet
A Le Mans abbiamo visto una Ferrari che ha rivendicato il suo ruolo di baricentro del Motorsport. Antonello Coletta ha messo insieme una squadra micidiale che sa trarre il meglio dall’esperienza di Dallara in materia di Prototipi (non dimentichiamoci che a Varano de’ Melegari c’è un certo Aldo Costa come direttore tecnico) e può fare affidamento sulla gestione in pista dell’AF Corse, una squadra che è una vera “macchina da guerra”.
Amato Ferrari è stato forse il meno stupito del trionfo a Le Mans, perché il manager piacentino credeva nella vittoria ancora prima di partire per la Francia. La squadra del Cavallino ha messo le carte sul tavolo: dopo la 24 Ore ora vuole anche il WEC. L’appetito viene mangiando…
È facile rilevare che c’è una rossa che vince e c’è una rossa che perde. E sarebbe facile dire che sono due Ferrari che non hanno punti in comune. Ma non è così: Le Mans ha tracciato una via da percorrere, dimostrando che è possibile battere i mostri sacri anche se si è gli ultimi arrivati.
La squadra di Coletta è fatta per lo più da italiani, segno che anche i nostri sono capaci di realizzare macchine competitive. Succede nel WEC, succede nel prodotto che fa sempre vetture da sogno e numeri da capogiro. Non succede in F1. Perché? La risposta non è facile, ma mentre le 499P scrivevano un’altra pagina del mito, a Le Mans si è parlato anche di Gran Premi.
John Elkann, CEO Ferrari
Photo by: Alexander Trienitz
La Gestione Sportiva non è più il bunker di Mattia Binotto, ma il Reparto Corse è tutt’uno con il resto. Una volta era l’isola felice, dove tutti aspiravano di approdare con un certo vanto. Adesso è rifiutata. Non è più una meta ambita. Eppure siamo pervasi che il “germoglio” di Le Mans che si è inseminato durante la gara che dura un giorno, potrà fiorire anche in F1.
Tutti hanno respirato a pieni polmoni il profumo della vittoria e tornando a Maranello trasferiranno a casa quelle emozioni che hanno dato un senso all’#essereFerrari. Grandi capi, piloti e manager sono stati contagiati da un benefico entusiasmo che va trasferito anche all’interno della GeS, alimentando magari idee fresche in chi ha badato più a difendere il proprio orticello che ad alimentare concetti coraggiosi e innovativi.
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