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WRC | Retroscena: com'è nato il deludente regolamento sull'ibrido

L'attuale regolamento ibrido per il WRC delude: poche Rally1, nessuna nuova Casa entrata o in arrivo. Motorsport.com vi svela com'è stato stilato, chi lo ha voluto fortemente, ma anche quali erano le iniziali aspettative.

Hyundai i20N Rally1

Il 19 gennaio scatterà il WRC 2023, seconda stagione con in vigore il regolamento tecnico che norma le vetture Rally1, ovvero le vetture della classe regina del Mondiale. Lo farà nel palcoscenico più prestigioso e celebre, il Rallye Monte-Carlo, ma con appena 9 Rally1 ufficiali al via (4 Toyota, 3 Hyundai e 2 di M-Sport Ford) e una privata. Un dato inquietante.

Un altro numero che deve far riflettere è 0. Zero come le nuove Case che hanno aderito al regolamento tecnico che ha introdotto la propulsione ibrida sulle Rally1 a partire dal 1 gennaio del 2022. Considerando che, almeno a oggi, questo regolamento ha durata triennale, si può già parlare di un fallimento. Nessuna Casa entrerà nel 2023 se non verrà prorogato di almeno 2 anni e non è detto che questo accada.

Tutti gli avvenimenti auspicati dall'attuale regolamento non si sono verificati. Nessuno è entrato e, addirittura, una Casa – Citroen – è uscita. Le Rally1, pur essendo concepite inizialmente per essere meno sofisticate e costose delle WRC Plus, sono divenute veri prototipi da corsa che poco hanno a che fare con le vetture di serie. Questo non ha fatto altro che aumentare il budget necessario per realizzarle e svilupparle.

Ma com'è stato concepito l'attuale regolamento? Quali sono stati i motivi che hanno spinto le Case e la FIA prima a pensarlo e poi ad adottarlo? Quali sono stati i punti che hanno messo tutti d'accordo e quali invece quelli della discordia? Chi più ha spinto per introdurlo così come lo conosciamo ora? Motorsport.com ha cercato di rispondere a tutti questi interrogativi grazie alle proprie fonti, mettendo assieme in ordine cronologico eventi, conflitti, idee, retroscena incontri e scontri che hanno portato al WRC come lo conosciamo oggi, ovvero ibrido e privo di quello smalto che aveva sino a qualche stagione or sono.

La prima volta che si è parlato di ibrido, o meglio, di quello che avrebbe dovuto essere il nuovo regolamento per il 2022, fu a febbraio 2019, durante il Rally di Svezia di quell'anno.

Il piano delle WRC Plus nacque triennale, avrebbe dovuto coprire il triennio 2017-2019. Fu subito chiaro che quelle macchine avrebbero continuato a vivere. Infatti nel 2018 vi fu l'estensione del regolamento di altri due anni, portandolo a 5. Nel 2017, quando entrò in vigore il regolamento delle WRC Plus, si stabilì anche il numero di joker per le evoluzioni sempre su base triennale. Allungata di 2 anni la vita di quel regolamento, sarebbero state due le vie da percorrere: o congelare le vetture per 2 anni o cercare di dare ai team altri joker per lo sviluppo e questa fu la strada scelta, ovvero permettere l'evoluzione delle vetture anche per il 2020 e il 2021.

A quel punto i team si incontrarono per decidere in che modo - quanti joker avere a disposizione - continuare a evolvere le vetture per altri due anni. La prima discussione fu quella.

2019: le prime riunioni in ottica 2022

 

Stabilito quello, vi fu un ulteriore incontro svolto nella hospitality Hyundai Motorsport per prendere delle decisioni in merito a quello che avrebbe dovuto essere il nuovo regolamento, quello che avrebbe dovuto regolamentare le vetture post WRC Plus. Citroen in particolare, e in misura minore anche Ford, spinsero per fare vetture che dovessero essere una configurazione a livello di motore più vicino possibile a quello che era la tendenza di allora nell'automotive, dunque a propulsione ibrida.

Le opzioni che i team si trovarono a valutare valutare furono le seguenti:

  • Un powertrain mild hybrid (MHEV), dunque un BSG che fa da supporto al motore termico nella spinta a basso regime con un piccolo pacco batteria da 48 Volt. Una soluzione molto semplice, non troppo invasiva, che avrebbe permesso di avere la propulsione ibrida senza però snaturare troppo le vetture anche a livello di costi.
  • L'utilizzo di un kit ad alta tensione, più potenza e complessità (che poi sarebbe diventato il motore da 100 kW attualmente in utilizzo).

Toyota, da parte sua, non aveva alcun interesse ad avere la propulsione ibrida. In quel periodo il loro piano era utilizzare la GR Yaris come WRC Plus. Il WRC rappresentava per Toyota la piattaforma migliore per mettere in vetrina la Yaris, dunque per la Casa giapponese non avrebbe avuto alcun vantaggio a complicare le cose che, almeno per loro, erano già simili a una tavola ben apparecchiata.

Per quanto riguarda Hyundai, nel 2019, la situazione era altrettanto chiara: la Casa coreana era intenta a lanciare i modelli "N", dunque stradali ma estremamente sportivi come la i30 N, la Kona N, ovvero vetture 2 litri turbo. Senza dimenticare il successivo arrivo della i20 N dotata di un 1.6 turbo. Il team di Alzenau, dunque, pensava di poter seguire l'indirizzo dato dalla Casa, considerando i modelli allora in rampa di lancio nel mercato. Hyundai, per altro, era più coinvolta in progetti a idrogeno. Una situazione distante dalle powertrain ibride.

Nelle prime riunioni, quelle informali prima della creazione di veri e propri gruppi di lavoro, si fecero anche discorsi importanti per quanto riguardava il telaio delle vetture chiamate a sostituire le WRC Plus. Per le Case allora coinvolte il mantra sembrò essere il seguente: diminuire l'aerodinamica, ma anche i costi di sviluppo. Tutto questo aveva reso le WRC Plus molto costose e la direzione da prendere sembrava dover essere opposta a quella in utilizzo in quel quinquennio.

A quegli incontri ne seguirono altri, in presenza, a Ginevra, prima di creare il gruppo di lavoro che avrebbe dovuto creare il regolamento per le vetture del triennio 2022-2024. Si prese spunto per rivoluzionare tutta la denominazione delle classi del WRC. La piramide in voga allora venne letteralmente ribaltata, con le Rally1 divenute le vetture di punta, le Rally2 quelle che allora erano le R5, e così via. Nel 2019, quindi, la classe regina venne denominata Rally1.

 

Primavera 2019: Citroen, senza l'ibrido minaccia l'addio

Verso la primavera del 2019 Citroen, attraverso i vertici del team (allora Pierre Budar, team principal, e Didier Clement, direttore tecnico, ndr), spinse per adottare i motori ibridi, asserendo che, se le scelte fossero state differenti da quel metodo di propulsione, la Casa francese si sarebbe ritirata. Un vero e proprio aut-aut, che letto a posteriori lascia perplessi per come sarebbero poi andate le cose pochi mesi dopo.

Quindi si decise di adottare un kit elettrico più potente, ad alta tensione, da affiancare al motore termico. Dopo Citroen Racing, anche Ford si era trovata a spingere per questa soluzione. I vertici della sezione sportiva dell'ovale blu sembravano voler fortemente la soluzione appena citata, promettendo investimenti e il ritorno nel WRC. Anche in questo caso, a posteriori, la storia ha scritto pagine ben differenti riguardo il marchio americano nel Mondiale Rally attuale (oggi appoggia M-Sport con risorse economiche e tecniche, ma nessun coinvolgimento in prima persona).

 

La situazione, dunque, divenne la seguente: Toyota non interessata all'ibrido, ma c'era una decisione da prendere per il futuro del WRC. Hyundai in attesa di capire le strategie dalla casa madre coreana. Citroen e Ford convinte nel voler adottare l'ibrido.

Delineata la strategia per la tipologia di propulsione, ecco aprirsi i discorsi legati alla parte elettrica dell'ibrido. Venne deciso di scegliere un fornitore unico, in modo tale che nessuna Casa fosse costretta a progettare e sviluppare la propria nell'ottica di contenere i costi. La FIA, non potendo nominare spontaneamente un fornitore scelto da lei, dovette - come da protocollo - aprire un bando per la ricerca dell'impresa che, vincendolo, avrebbe poi fornito le unità elettriche a tutti i team.

Il bando fu aperto a fine dicembre 2019, per la precisione il 19, e il 31 marzo 2020, dunque tre mesi e mezzo più tardi, Compact Dynamics vinse il tender, il bando lanciato dalla FIA, divenendo così fornitore unico delle componenti elettriche per i motori ibridi delle vetture Rally1.e sviluppando un motore elettrico di derivazione WEC. Una data importante per il WRC, per la sua storia, ma in piena era COVID-19.

Le prime scelte sui telai Rally1

Oltre al motore, i discorsi di un certo rilievo vertevano anche sul telaio. Non era chiaro quale tipo di vetture sarebbero state utilizzate, e per diversi motivi. Ford era già agli sgoccioli con la lunga e premiata storia della Fiesta, poi terminata poche settimane fa dopo decenni. Per quanto riguarda Citroen, non era ancora chiaro quale vettura avesse intenzione di promuovere. Hyundai aveva la i20, ma la Casa avrebbe anche potuto imporre di puntare sulla Kona, considerando il modello N lanciato sul mercato.

La scelta delle vetture, per i manager, era all'epoca molto importante nei discorsi legati telaio. Impossibile voler partecipare al WRC senza avere una vettura idonea. Non è poi da dimenticare che in questi anni, qualora una Casa sia sprovvista della macchina ideale per correre, non abbia più intenzione di realizzarla, ma piuttosto di rinunciare alle corse per una questione di costi.

Nelle riunioni legate al telaio, infatti, M-Sport ammise per la prima volta la possibilità di dover correre con una vettura differente dalla Fiesta. Possibilità divenuta realtà per la strategia Ford di puntare forte sulla Puma. A quel punto uscì un'idea ritenuta intelligente da tutti i costruttori presenti allora.

 

La proposta era la seguente: Evitare di lavorare su passo lungo, corto, stretto; vettura alta o bassa e così via. Prendere quanto di buono offerto da altre categorie, in quel caso il DTM che correva con vetture silhouette, adottando anche un passo uguale per tutti e medesime misure, permettendo di fare taglia e cuci - M-Sport insegna con la Puma Rally1 EcoBoost Hybrid - facendo nascere le Rally1.

Ma un regolamento nato sotto i migliori auspici come quello dedicato alle Rally1 incontrò diversi fattori che lo snaturarono. O, almeno, ne snaturarono l'idea iniziale con cui era stato partorito dai team.

In questo scenario, M-Sport e Toyota iniziarono immediatamente a progettare le rispettive vetture Rally1. Chi invece rimase al palo, così come affermato a più riprese anche nel 2021, fu Hyundai. Dai vertici coreani non arrivava l'ok per dare il via al progetto che avrebbe avuto come base la nuova i20 N. Il team coreano partecipava alle riunioni, ma senza lavorare. Anche Citroen iniziò a studiare e disegnare qualcosa in vista del 2022.

Fine 2019: il paradosso di Citroen, che si ritira. I costi lievitano

Da marzo 2019, ossia il mese in cui venne vinto l'appalto per l'ibrido da Compact Dynamics ad arrivare a novembre, le cose - e soprattutto i costi delle operazioni - cambiarono in maniera significativa. I team lo capirono in maniera esplicita proprio a fine stagione e ne parlarono nel corso di una riunione fatta nel fine settimana di gara del Rally di Catalogna. I preventivi per il kit ibrido parlavano di cifre considerevoli da spendere per averli (oggi si parla di una cifra vicina ai 150mila euro a unità). Non solo, perché i costi di sviluppo avrebbero dovuto essere divisi tra i 4 costruttori presenti in quel momento nel WRC.

La disparità nella preparazione delle vetture continuava a essere ben presente. M-Sport era già molto avanti nella preparazione di quello che viene definito "packaging" della vettura, Toyota continuava a lavorare e anche Citroen, seppure in maniera minore, aveva fatto progressi. Hyundai, come detto, continuava ad attendere il nulla osta dalla Casa madre. Eppure, dopo il Rally di Catalogna, Citroen Racing prese una decisione che cambiò ulteriormente le carte in tavola.

Il team di Satory fece due annunci separati. Il primo era legato all'assenza certa di Citroen a partire dal 2022, ovvero quando sarebbe stato introdotto il nuovo regolamento ibrido. Pochi giorni dopo, poi, arrivò l'annuncio dell'immediato ritiro del team dal WRC al termine della stagione 2019, sebbene la squadra fosse riuscita ad assicurarsi i servigi di Sébastien Ogier e Julien Ingrassia, oltre a Esapekka Lappi e Janne Ferm sulla seconda C3 WRC Plus.

Una situazione paradossale: una delle due Case che più aveva spinto per introdurre la propulsione ibrida nel WRC dal 2022 si ritirava prima di quella data, asserendo inoltre che non avrebbe corso nemmeno con il regolamento voluto fortemente. Oltre al danno, ecco la beffa, perché l'addio di Citroen fece sparire un 25% di investimenti per lo sviluppo dell'ibrido e questo avrebbe costretto i 3 Costruttori rimasti nel WRC ad accollarsi la fetta di spesa che, invece, avrebbe dovuto sostenere proprio la Casa transalpina.

Inizio 2020: regolamento Rally1 in bilico e nuove proposte

Constatato l'addio di Citroen al WRC, la FIA fu chiara: i costi da dividere per le 4 Case, sarebbero stati invece divisi per 3, aumentando così le spese. Fu fatta poi una riunione in cui fu chiarito che le cose non potessero più andare bene in quel modo. Addirittura fu messo in discussione il regolamento 2022, perché l'addio di Citroen Racing avrebbe cambiato le cose e i costi in maniera importante per chi restava.

Tra le proposte fatte in quella riunione ce ne fu una particolarmente interessante: considerando le tante case coinvolte nel WRC2 con vetture R5 (Skoda, la stessa Citroen, Hyundai, Ford e Volkswagen), pensare una sorta di Rally2 avrebbe potuto portare a 4-5 Costruttori interessati a fare un team ufficiale con 3 vetture e avere team B con privati in grado di acquistare le vetture.

Questo sistema avrebbe potuto portare vantaggi su più fronti: tante Case coinvolte, tante vetture di livello top al via del Mondiale, vetture vendute a privati e copertura parziale del budget stagionale per le case attraverso i proventi derivanti dalla clientela. Una proposta che, in un anno in cui il COVID non era nemmeno contemplato, avrebbe potuto essere una soluzione economica e, appunto, vantaggiosa per tutti. Ma venne ignorata.

Inizio 2020: La FIA vuole l'ibrido e partecipa ai costi di sviluppo

 

Al Rallye Monte-Carlo 2020, prologo della stagione, i costruttori rimasti (ormai Citroen Racing si era ritirata) fecero una riunione assieme alla FIA - presente anche l'allora presidente Jean Todt - in cui la Federazione stessa spinse per proseguire con il regolamento già concordato, quello attuale che prevede la propulsione ibrida, perché considerato più affine al futuro dell'automobile.

Inoltre, la stessa FIA, proprio in quella riunione, decise di partecipare ai costi di sviluppo dell'ibrido prendendo il posto di Citroen Racing, come se fosse un costruttore pagando il 25% dei costi da sostenere. L'idea dei vertici della FIA era cedere un domani la propria posizione a una Casa entrata nel WRC.

Sì, perché il nuovo regolamento fu considerato allora talmente vantaggioso che le aspettative della FIA erano quelle di vedere entrare 2-3 nuove Case, promuovendo l'utilizzo della propulsione ibrida come gancio e calamita sfruttando l'inerzia della strada imboccata dalle auto di serie.

In quei giorni vi fu addirittura chi pensava che l'anno successivo, nel 2021, a Monte-Carlo i team sarebbero arrivati con 4-5 vetture a testa. Una visione talmente ottimista da sembrare oggi a dir poco fuori luogo, ma già allora fu difficile credere a tali scenari. 

I costi delle Rally1 ormai fuori controllo. Poi ecco il COVID

All'Autosport Award di Birmingham, sempre a inizio 2020, si tenne una riunione tra i costruttori, l'allora delegato sezione rally della FIA Yves Matton e Gilles Simon (direttore tecnico della FIA). Quell'incontro fu importante perché le Case sottolinearono in maniera sostenuta come i costi fossero ormai fuori controllo.

A quel punto vennero prese decisioni per cercare di diminuire i costi intervenendo su componenti delle vetture: eliminazione del differenziale centrale, cambio a 5 marce, corsa ridotta degli ammortizzatori. Quello che non fu fatto, fu intervenire sui materiali della vettura: tanto il carbonio utilizzato, ma non solo. In sostanza le Rally1 rimasero (e sono) veri e propri prototipi. Certo, meno sofisticati sotto certi punti di vista rispetto alle WRC Plus, ma pur sempre prototipi da corsa. Quella riunione fu un tentativo importante di riduzione dei costi legati alle Rally1, ma il risultato che ne conseguì fu lontano dalle aspettative.

Tempi ristretti e l'avvento della pandemia da COVID furono decisivi per lo slittamento del regolamento tecnico attuale. Per questo l'introduzione del regolamento attuale venne spostato al 1 gennaio 2022 e venne deciso anche un piano legato alle WRC Plus, che avrebbero dovuto correre un anno ulteriore.

Finalmente anche Hyundai ebbe il nulla osta per fare la Rally1, raggiungendo formalmente Toyota e M-Sport al Rallye Monte-Carlo 2022 pur con una vettura molto inferiore agli avversari per il poco tempo avuto a disposizione per prepararla a dovere. Tutto questo ha portato alla stagione conclusa da un mese e mezzo circa, con Toyota e Kalle Rovanpera che hanno dominato in lungo e in largo, la risposta di Hyundai nella seconda parte della stagione e M-Sport con una buona vettura, ma senza piloti in grado di poterla sfruttare al meglio.

Cosa ancora più importante, le Case presenti nel WRC sono sempre le stesse. Nessuna si è aggiunta come invece auspicato nell'incontro avvenuto a Monte-Carlo, nel 2020, tra la FIA e i marchi. Nel 2023 scatterà il secondo dei tre anni in cui dovrà essere in vigore l'attuale regolamento tecnico, ma urgerà capire se questo andrà prorogato per altri due anni o se, invece, saranno necessari cambiamenti e modifiche per renderlo più appetibile e dare nuova linfa a una categoria estremamente bella e affascinante, ma che a oggi sembra essersi impantanata nel fango di una delle sue più celebri prove speciali. E non riesca a uscirne.

 

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