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Le Mans 1991: Mazda e un successo a sorpresa. Per tutti...

La mitica Mazda 787 è considerata una delle più popolari auto vincitrici della 24 Ore di Le Mans, ma fino al suo successo a sorpresa di 30 anni fa, non era mai stata considerata come favorita. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza un nuovo partner tecnico, alcune astute manovre politiche e un curioso 'autogol' di un rivale.

Mazda 787

C'erano un paio di Costruttori alla 24 Ore di Le Mans del 1991 che cercavano di fare il bis alla classica francese. La Jaguar mirava a ripetere il suo trionfo del 1990, mentre la Mercedes cercava di dare seguito alla sua vittoria del 1989 dopo un anno di assenza. Poi c'era la Porsche con il team Joest, sostenuto dalla Casa, oltre ad un certo numero di team privati che in totale portavano a 15 il numero di vetture del Gruppo C in griglia.

Peugeot era arrivata con un grande budget e ambizioni di una prima vittoria in casa a La Sarthe dal 1980. Ma c'era un altro Costruttore che andava alla 24 Ore per vincere. La Mazda, appunto, che ottenne il successo con Johnny Herbert, Bertrand Gachot e Volker Weidler.

C'era molto da scrivere in vista di Le Mans quell'anno, tanto che un giornalista delle ruote coperte di grande fama, si dimenticò di menzionare i giapponesi nelle sue anteprime pre-evento. D'altra parte, perché avrebbe dovuto prestare attenzione a un marchio che era diventato presenza fissa sulla griglia senza andare oltre la la settima posizione con i suoi eccentrici prototipi a motore rotativo?

E' vero che erano arrivate quattro vittorie nella classe GTP, ma in gran parte giunte per caso. Mazda arrivò con le sue auto dalla metà degli anni '80 nella classe minore dell'IMSA piuttosto che nel gruppo C, al fine di avere qualcosa di cui gioire il lunedì mattina dopo la gara.

A dir la verità, la stagione 1990 per Mazda fu un disastro. A parte le quattro affermazioni in GTP, le sue tre vetture non si classificarono meglio del 20° posto, 55 giri dietro la vincente Jaguar-TWR.

Il fallimento di quella stagione spiega la poca popolarità fra la stampa, ma anche il motivo per cui Jaguar, Mercedes e altri non si sono opposero quando la Casa nipponica fece pressioni per ottenere alcune modifiche al regolamento.

Il 1991 fu una stagione di transizione, dato che quello che era conosciuto come Sportscar World Championship passava alle norme Gruppo C da 3,5 litri. I vecchi tipi di auto si ritrovarono rallentati come parte di quel processo.

Mazda was unaffected by the weight increases of its rivals which allowed it to run more efficiently on fuel

Mazda was unaffected by the weight increases of its rivals which allowed it to run more efficiently on fuel

Photo by: Motorsport Images

Vetture come la Jaguar XJR-12D e la Mercedes-Benz C11 avrebbero dovuto correre a Le Mans con un peso minimo di 1000 kg. La Mazda rotativa a 880 kg. Le 3,5 litri, compresa la Peugeot 905, erano scese a 750 kg, senza alcuna limitazione sulla quantità di carburante che potevano utilizzare.

Ma la Mazda non era in realtà a 880 kg. E la ragione di ciò risiede nelle abilità diplomatiche del defunto Takayoshi Ohashi, capo del dipartimento competizioni Mazdaspeed e artefice delle avventure a Le Mans del marchio che risalgono al 1981. Convinse infatti le autorità che questa Mazda avrebbe dovuto correre sugli 830 kg minimi imposti l'anno precedente.

"Era il signor Ohashi che si avvicinava agli organi ufficiali", ricorda il pilota Mazda di lunga data Pierre Dieudonne, che stava nel 1991 stava intraprendendo una nuova esperienza in questo ambiente. "Ma il secondo fattore era che gli altri costruttori non ci vedevano come una minaccia - non eravamo nei loro mirini".

Mazda aveva introdotto un nuovo motore a quattro rotori nel 1990, R26B, ma il passo avanti che rappresentava rispetto al suo predecessore, R13J, ma il tutto fu mascherato da problemi tecnici che causarono i due ritiri, oltre che quel 20° posto e il successo in GTP di cui parlavamo prima.

"Avevamo un motore molto migliore per quell'anno, ma a causa dei nostri problemi la gente non notò l'aumento delle prestazioni", spiega Dieudonne. "Se qualcuno avesse guardato attentamente i numeri, sono sicuro che l'avrebbe visto".

La delusione del 1990 con il nuovo motore e una nuova auto sfornata da designer britannico Nigel Stroud, la 787, giocarono un altro ruolo importante nella vittoria di Mazda dell'anno successivo. Chiuso il suo rapporto di lunga data con la squadra britannica Alan Docking Racing in favore di un nuovo partner per gestire le sue operazioni europee, ci furono contatti con varie compagini, inclusa la Ray Mallock Limited, ma l'accordo alla fine fu firmato con l'Oreca.

A quel tempo l'organizzazione francese non era sinonimo di corse endurance come lo è oggi. Il suo background era saldamente con le monoposto in Formula 3 e Formula 3000, e le sue precedenti uscite a Le Mans erano in un lontano passato.

Herbert, Weidler and Gachot stormed to famous win in rotary 787

Herbert, Weidler and Gachot stormed to famous win in rotary 787

Photo by: Motorsport Images

La ragione della scelta era il sei volte vincitore di Le Mans, Jacky Ickx, portato come consulente da Mazda per il 1990 dopo aver vissuto alcune belle esperienze nei rally-raid con una Lada costruita e gestita da Oreca.

"Ho convinto i giapponesi ad andare con Hugues [de Chaunac, fondatore dell'Oreca]", ricorda Ickx. "Era unico e molto professionale. Sapevo dal programma Lada quanto fosse buona la sua organizzazione".

Oreca avrebbe la base europea di Mazdaspeed, iscrivendo una sola auto a tutta la serie SWC e seguito due macchine a Le Mans, anche se non la vincente 787B arancione e verde. La tipica attenzione di De Chaunac per i dettagli avrebbe dato alla Mazda un rinnovato slancio nella preparazione della gara francese del 1991.

Insistette su un programma di test intensivi sulla resistenza quell'anno, ma la prima simulazione a lunga distanza prevista per febbraio fu annullata a causa della guerra del Golfo. Due mesi dopo, il suo tentativo di coprire la distanza di Le Mans al Paul Ricard fu contornato da problemi.

"Il test di aprile fu afflitto dal maltempo e da problemi elettrici sulla macchina, e i giapponesi erano pronti a tornare a casa, ma Hugues disse, 'No, dobbiamo trovare una soluzione'", ricorda Dieudonne. "Spinse per l'invio di nuove parti dal Giappone, e siamo andati di nuovo a completare il test. Questo è stato forse il più grande contributo dell'Oreca al successo a Le Mans quell'anno".

De Chaunac ricorda le chiamate in conferenza a distanza in Giappone con Ohashi.

"Stavo cercando di convincerlo che dovevamo provare di nuovo", dice. "Continuavo a dirgli 'devi credermi'. Abbiamo fatto il test ed è stato un grande successo. Abbiamo fatto 24 o 26 ore senza problemi".

ORECA boss de Chaunac (right) was key in ironing out Mazda's reliability issues

ORECA boss de Chaunac (right) was key in ironing out Mazda's reliability issues

Photo by: Motorsport Images

Mazda aveva un'auto instabile in vista di giugno e al trio di giovani piloti fu detto di guidare spingendo a tavoletta. Ickx aveva convinto i suoi capi, un po' conservativi, ad adottare quella che allora era una nuova strategia per il marchio.

"Avevamo sempre spinto per andare più veloce, ma i giapponesi erano sempre conservativi", ricorda Stroud, designer Mazda di vecchia data, che aveva perfezionato la sua 787 per il 1991. "Ricordo la grande riunione strategica il venerdì [della settimana di gara] e Jacky disse: 'Tiriamo fuori le palle!'.

"Detto da lui, era legge. Per loro era Dio".

"Ci hanno detto di andare al massimo, e se ci fossimo schiantati o la macchina non fosse durata non importava", ricorda Gachot, che faceva parte del gruppo di piloti soprannominati 'Gli Hooligans' al debutto con Mazda l'anno precedente. "Dovevamo essere gli sfigati. Abbiamo attaccato ogni cordolo, ma eravamo sicuri che la macchina avrebbe resistito. Forse solo una lampadina si è fulminata, per il resto nulla è andato storto".

Dieudonne ricorda un solo errore del trio vincente, forse commesso da Herbert, ma con poche conseguenze: "E' comunque rimasto in strada".

La versione B della 787 piaceva molto ai suoi piloti. Stefan Johansson, che finì sesto con il secondo esemplare insieme a David Kennedy e Maurizio Sandro Sala, la descrive così.

"Era una macchina da corsa incredibile. Non era nervosa come potevano esserlo le auto di quell'epoca, ma forte e semplice in tutto, facile da guidare anche se non aveva molta deportanza. E il motore era incredibile. Era a prova di proiettile: non andava mai fuori giri neanche se ci si provava".

Designer Stroud credits Gachot (right, with Herbert) as being the lightest on fuel

Designer Stroud credits Gachot (right, with Herbert) as being the lightest on fuel

Photo by: Motorsport Images

La seconda delle 787B - la terza auto era ancora con specifiche del 1990 - non è mai stata protagonista per la vittoria. Kennedy convinse la squadra ad utilizzare una marcia in più con rapporti più corti prima della partenza, mossa che minò ogni possibilità di lotta per il primato.

"Sono uscito dai box al primo giro e ho pensato 'ditemi che non è vero...' - ricorda Johansson - Eravamo a limitatore di giri già in rettilineo, consumando più carburante dell'altra auto".

Il chilometraggio con il carburante che la Mazda vincente poteva raggiungere si è rivelato cruciale nella sua battaglia con il trio di Jaguar XJR-12D Silk Cut, che chiusero in seconda, terza e quarta posizione. La TWR dovette dire ai piloti della seconda classificata (Raul Boesel, Davy Jones e Michel Ferte) di risparmiare benzina nelle ore finali, mentre le altre due Jaguar accusarono ritardi minori.

"Abbiamo dovuto convincere i piloti che si trattava di andare il più veloce possibile con la minor quantità di carburante", dice Stroud. "Gachot ha vinto la gara, Weidler è stato senza dubbio il più veloce dei tre, ma Bertrand è stato il più rapido con il minor quantitativo di carburante. Questo ha dato agli altri due qualcosa su cui puntare".

Se Ohashi, Ickx, de Chaunac e Gachot furono importanti per il successo della Mazda, va detto che pure un personaggio non ben identificato all'interno del reparto motori Mercedes ad Unterturkheim (Stoccarda) le diede una bella mano prendendo una decisione assurda.

Il Costruttore tedesco avrebbe potuto vincere la gara quell'anno ed era in procinto di farlo a poco più di due ore dalla fine. Il telaio in carbonio C11 che aveva aiutato il team gestito dalla Sauber a fare un blitz nel campionato dell'anno precedente era superiore a tutti a Le Mans in quella occasione. L'auto condivisa da Jean-Louis Schlesser, Jochen Mass e Alain Ferte era a tre giri di distanza quando la staffa dell'alternatore si ruppe proprio mentre quest'ultimo stava passando davanti ai box.

Sia l'alternatore che la pompa dell'acqua erano azionati dalla stessa cinghia, quindi quando il francese completò l'intero giro di Le Mans, il motore era ormai andato. L'auto 'gemella' condivisa dai giovani Michael Schumacher, Karl Wendlinger e Fritz Kreutzpointner aveva subito un guasto identico appena mezz'ora prima, ma era rientrata prima che il motore biturbo venisse danneggiato.

Schlesser, Mass, Ferte Mercedes C11

Schlesser, Mass, Ferte Mercedes C11

Photo by: Motorsport Images

Con un margine così ampio, la Sauber aveva considerato di cambiare la staffa sulla vettura leader come precauzione. Tuttavia, parve che quel guasto fosse casuale e che non c'erano mai state avvisaglie del genere o problemi da quando il team aveva iniziato a correre con la Mercedes V8 a metà degli anni '80.

Quello che non si capiva all'epoca era che la staffa era stata anodizzata per il 1991 nel tentativo di far sembrare il vano motore solo un po' più bello. Questo causò quello che Leo Ress, il progettista dell'auto, descrive come un "sovradimensionamento", con il risultato che il componente divenne fragile.

Come e perché la staffa sia stata anodizzata, non è però chiaro. "Questo è il problema quando le organizzazioni diventano più grandi", dice. "Non voglio incolpare la Mercedes, ma sono sicuro che qualcuno lì lo sa".

Di fatto, tutto nel destino era perfetto per far vincere la Mazda, primo costruttore giapponese ad aggiudicarsi a livello assoluto Le Mans. Nessuno se lo aspettava, non i cosiddetti esperti della stampa e certamente non i suoi rivali.

 

Herbert's victorious Mazda is greeted by fans as it returns to the paddock

Herbert's victorious Mazda is greeted by fans as it returns to the paddock

Photo by: Motorsport Images

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