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Seat Ibiza Cup a Imola: un weekend dall'abitacolo al pepe... verde!

Franco Nugnes racconta a Motorsport.com il ritorno alle corse all'Enzo e Dino Ferrari con la Seat Ibiza da 200 cavalli che ha diviso con Mauriello. Ecco fatti, misfatti e... retroscena di un weekend all'insegna dell'adrenalina nel monomarca Seat.

Seat Ibiza Cup #99 Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia

Foto di: seatmotorsportitalia.com

Seat Ibiza Cup #99 Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Seat Ibiza Cup #99 Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Seat Ibiza Cup #99, Gianluca Mauriello e Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Seat Ibiza Cup #99, Gianluca Mauriello e Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Seat Ibiza Cup #99, Gianluca Mauriello e Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Seat Ibiza Cup #99, Gianluca Mauriello e Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Seat Ibiza Cup #99, Gianluca Mauriello e Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Seat Ibiza Cup #99, Gianluca Mauriello e Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Seat Ibiza Cup #99, Gianluca Mauriello e Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Seat Ibiza Cup #99, Gianluca Mauriello e Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia
Seat Ibiza Cup #99, Gianluca Mauriello e Franco Nugnes - Direttore Motorsport.com Italia

Riprendere la licenza per tornare in pista e rimettersi in gioco, dopo che si era preferito lasciar perdere, pensando che ci sia un tempo per ogni cosa. Ma la passione è qualcosa che resta dentro, un seme che non appassisce con l’età che dovrebbe essere quella della ragione. Il risveglio della… bestia è graduale: dove vuoi andare con qualche chilo di troppo e una chioma più sale che pepe?

Per quel poco di amor proprio, forse varrebbe la pena di aggrapparsi ai ricordi. Rivivere il passato sfogliando le vecchie fotografie di quando Imola era il circuito di riferimento della Formula 1. Eppure il richiamo dell’Enzo e Dino e Ferrari è rimasto molto forte. Imola non è più la pista che ricordavo dall’abitacolo, ma ha mantenuto il suo fascino: la Piratella, il rampino delle Acque Minerali e il tuffo verso la Rivazza sono rimaste quelle che erano.

Mai una soddisfazione a Imola!

Per Imola nutro amore e odio. Mi ha portato via Ayrton Senna (impossibile non vedere ad ogni passaggio di gara i gadget lasciati dagli appassionati che vanno in silenzioso pellegrinaggio al Tamburello) e sulla pista che considero di casa non sono mai riuscito a vincere. Niente. Nemmeno la discesa in notturna dalla cima della Piratella alla Tosa con i carrettoni con i cuscinetti a sfere che al buio facevano delle gran scintille sull’asfalto. Pole e giri veloci sì, ma il gradino più alto del podio neanche parlarne. Del resto non si è mai profeti in patria…

Maider, appassionata addetta stampa di Seat Italia, mi conferma c’è un’Ibiza Cup libera da dividere con Gianluca Mauriello. Il collega di Motorionline è giovane e allenato (mi piace che da buon siciliano sia orgoglioso di aver partecipato alla 100esima edizione della Targa Florio). Un bel banco di confronto. Perché è inutile nasconderlo: il proprio compagno di squadra è sempre il primo avversario.

Gianluca, quando il compagno non è un avversario

In realtà non è stato così: con Gianluca abbiamo condiviso l’esperienza cercando di migliorare le nostre prestazioni sulle “peperina”. Per Seat Italia la Ibiza è la porta di ingresso nel mondo delle corse: quest’anno ha attratto dei rookie che sono arrivati direttamente dal karting. Enrico Greco e Niccolò Liana hanno appena raggiunto l’età della patente, ma hanno già il coltello fra i denti per mettersi nella scia di Gabriele Torelli, fresco campione 2016, e il funambolo Gabriele Volpato, un piemontese di 20anni che non conosce cosa siano i limiti della pista: erba sintetica, sabbia, dissuasori e panettoni li salta come se fosse in un video-gioco dove non si rischia niente. E riesce a vincere anche se si becca la (giusta) penalità.

Una "peperina" da 200 cavalli

Insomma, sappiamo che non sarà una passeggiata (due le gare di 48 minuti + 1 giro) e l’importante sarà non essere primi con la lista dei tempi… rovesciata. La vettura numero 99 è verde speranza: la trazione anteriore spagnola spreme 200 cavalli dal motore da 1,4 litri TFSI dotato di turbo e compressore volumetrico con elettronica e intercooler modificati da Seat Sport. La coppia non è affatto male: 270 Nm. Il cambio è DSG a sette marce: in accelerazione si può usare la modalità automatica, mentre bisogna usare la paletta di sinistra dietro al volante per scalare.

Sulla carta dovrebbe essere tutto terribilmente facile. A parole. L’Ibiza monta i freni della Leon Cupra con tanto di impianto ABS che è meglio non far entrare perché quando si attiva allunga la staccata. E’ una macchina che va guidata in modalità on – off: o si frena o si accelera. Il piede destro, insomma, deve pigiare sempre un pedale, altrimenti è meglio portarsi dietro la clessidra.

Dalla Piratella si può scendere in quinta!

Nelle libere del mattino (40 minuti da dividere) si ripassa il lay out di Imola e si cercano le giuste marce di percorrenza: scopriamo che siamo corti quasi dappertutto. Insomma bisogna affrontare curve e chicane con un rapporto in più di quello che verrebbe naturale. Quarta per Tamburello, Villeneuve e seconda della Rivazza e addirittura quinta per la Piratella. Acque Minerali e Variante Alta vogliono la terza altrimenti si resta letteralmente piantati. Viene fuori un 2’12”748 a un’eternità da Volpato. Penultimi (per fortuna c’è sempre qualcuno che fa peggio). Abbiamo un assetto standard: le ruote posteriori sono aperte di tre gradi, mentre quelli che vanno viaggiano a 7/8 gradi, perché il dietro aiuta a girare, togliendo in parte il naturale sottosterzo e davanti hanno un camber che non è certo il nostro.

In litigio con il cambio DSG

Ma prima di fare delle modifiche sarebbe il caso di avere in mano la macchina. Litigo con il cambio DSG: stacco troppo avanti e la trasmissione mi rifiuta la scalata per cui entro in curva sempre con una velocità inadeguata. Roba da scappare via uscendo da un cancello dei commissari di percorso senza nemmeno passare dal via per tornarsene a casa con l’orgoglio ferito.

Niente paranoie: anziché piagnucolare è meglio analizzare i cronologici per capire dove è possibile togliere almeno un paio di secondi. In qualifica lascio l’uso delle gomme nuove a Gianluca che fa la sua parte: 2’10”613. Target raggiunto: perché ciascuno insegue le proprie sfide. Con le Yokohama slick usate sono a tre decimi da lui per cui non mi dispero, ma anzi comincio a capire come diavolo va usata la “peperina”. Non abbiamo migliorato solo la prestazione, ma anche la posizione sulla griglia: partiremo 13esimi. Alla faccia di chi dice che è un numero che porta male (specie nelle corse).

La telemetrista: "Bisogna frenare più forte"

Nel pomeriggio ci sediamo al tavolo di Elena Vanzin che apre il suo laptop e ci mostra il nostro miglior giro a confronto con quello di Gabriele Torelli. Freniamo con poca forza e portiamo troppa velocità nel transitorio, salvo uscire dalla curva “piantati” per lottare con l’inevitabile sottosterzo. Serve un… calcio, ma senza attivare l’ABS. La finestra è stretta, ma l’ambizione è di entrare nella Top 10 continuando a far scorrere la macchina, anche se abbiamo capito che è meglio spigolare per andare davvero forte, puntando a fare meno strada possibile.

Siccome le traiettorie sono giuste, ci ripromettiamo di dedicarci al “pestone” in Gara 1. Quando il sole comincia a illuminare l’autodromo (sono le 8,20 e l’asfalto è ancora freddo e l’aria frizzante) è l’ora di schierarsi: parte Gianluca. Il briefing del direttore di gara è stato così convincente che il gruppo era coperto e allineato su due file senza che nessuno facesse il… furbo. Mauriello evita le bagarre, ma c’è chi pensa a farci del largo davanti. Quando si apre la finestra del pit stop (la sosta obbligatoria è di 45 secondi) dico al nostro meccanico di allungare lo stint del mio coequipier e con il gioco delle soste arriviamo fino al terzo posto al 12esimo giro. Poi tocca a me, finalmente. Siamo decimi e l’idea è di difendere la posizione assecondando i piani…

Un testacoda e un drive through

Parto e per rispettare i 60 km/h in pit lane fisso il regime di rotazione 2 mila giri, senza contare che il cambio DSG si infila una marcia dopo l’altra in automatico. Quando arrivo a un centinaio di metri dal semaforo che lampeggia blu in uscita scalo un paio di marce. Mal me ne incolse, perché è bastato per superare di poco, pochissimo lo speed limit. Entro in pista e cerco di prendere il mio passo: un giro per capire com’è la macchina. Gianluca ha fatto un buon lavoro perché è tutto in ordine e le gomme non sembrano affatto alla frusta. Inizio a tirare e… comincio a divertirmi. Staccata della prima della Rivazza e sto largo sull’erba sintetica dove non ero mai andato in prova. Il motore “urla” in quarta: non faccio in tempo a essere fiero della cosa che la posteriore destra si solleva. E’ la ruota in appoggio: la “peperina” entra in rotazione e faccio un testacoda completo finendo nella terra all’interno. Scalo le marce e riparto pattinando: volando ho preso un panettone e l’assetto anteriore è in disordine, ma si può continuare. Ma cosa è successo? Ho messo la ruota in una sorta di "tombino" e la macchina è rimbalzata!

La “festa” sembrava finita ancora prima di cominciare. Riprendo velocità sul rettilineo e vedo il meccanico che mi mostra il cartello “IN”. Pensavo che volesse vedere se avevo piegato qualcosa, ma non avevo alcuna intenzione di fermarmi. L’arcano, invece, viene spiegato poche centinaia di metri più avanti: una volta superato il gomito dei box vedo un bel cartello: drive through per il numero 99. Che figura!

Togliersi di mezzo quando arrivano i primi

Un testacoda e una penalizzazione dalla direzione gara in poco più di un giro non è male per uno che ha una storia di almeno 150 gare. Rientro ai box e percorro la corsia alla velocità di Fantozzi (per evitare di essere recidivo) e quando rientro in pista vedo arrivare i primi tre sgranati che si preparano al doppiaggio. L’ideale sarebbe farsi passare sul dritto, ma arrivano sempre quando siamo in staccata e, allora, mi faccio da parte per non ostacolarli. Insomma non c’è verso di prendere il passo per iniziare a divertirmi. Aspetto la bandiera a scacchi come una liberazione. E nonostante tutto siamo noni! Addirittura meglio del previsto.

Rasare l'erba al via di Gara 2

In Gara 2 tocca a me partire: sull’anteriore ci sono due gomme nuove e sono state cambiate le pastiglie. Abbiamo aperto l’autodromo e ci tocca anche chiuderlo: la corsa si disputa alle 17,30 con il sole del tramonto negli occhi dalla Rivazza fino alla Tosa. Grazie alla griglia invertita dei primi otto sono dietro a Torelli in quinta fila: il reggiano al via viene spedito sull’erba e io che sono dietro di lui ci finisco con due ruote perché all’esterno premono. Sono decimo al primo giro e l’Ibiza resta agganciata al trenino di chi mi precede. Mi sto divertendo: dietro arriva come una furia Sandro Pelatti che si era ritirato in Gara 1. Si presenta “bussando” ogni volta che può al paraurti posteriore ma resta dietro per qualche giro sebbene non chiuda in modo smaccato le traiettorie.

Pelatti e le "bussate" nel paraurti

Mi infila alla Tosa con un’entrata kamikaze, ma finisce largo e riesco a sfilarlo all’interno per riprendermi la posizione. Gli sta venendo la lingua lunga e deve essere imbufalito perché il suo passo può essere molto più veloce: alle Acque Minerali non mi entra la terza e affronto la salita col motore sotto coppia. Sandro mi infila e scompare in un attimo. Cerco di preservare le gomme per Gianluca ma finalmente ho capito come si deve guidare l’Ibiza perché mi sto proprio divertendo. Ormai sono un pilota che (forse) andrebbe forte al lunedì! Il pit stop è perfetto e Gianluca può portare la verdina al traguardo al decimo posto dopo aver fatto a sportellate nel finale. L’avventura è finita, ma l’obiettivo di base è stato centrato. Grazie Seat Italia. Alla prossima, Gianluca…

ph.Rigato M.

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