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Speciale: così il dottor Costa ha salvato Mick Doohan

La carriera di Mick Doohan fu segnata da gravi infortuni. Uno di essi avrebbe potuto avere conseguenze drammatiche, eppure ebbe come unico effetto di ritardare la sua conquista del titolo mondiale. Questo grazie ad un uomo: il dottor Costa.

Podio: il vincitore della gara Mick Doohan, Honda e il Dr. Claudio Costa

Podio: il vincitore della gara Mick Doohan, Honda e il Dr. Claudio Costa

Clinica Mobile

Souvenez-vous !

Rythmez le mois de décembre en vous replongeant dans l'Histoire des sports mécaniques !

In 68 anni di esistenza, il campionato del mondo fu animato da personaggi forti che ne marcarono la storia uno dopo l'altro ed ognuno a modo suo. Si pensa spesso ai piloti più emblematici, ai quali a volte diamo lo statuto di Leggenda come segno di ammirazione e di riconoscimento, però ci furono altri eroi, non meno importanti nel percorso di una disciplina incessantemente legata alle questioni più delicate riguardanti la vita dei piloti.

Claudio Costa non è meno leggendario dei piloti che amò profondamente, che sostenne instancabilmete e che salvò a più riprese. Diversi di loro gli sono debitori, Mick Doohanin modo particolare, il cui destino rischiò di essere stravolto in modo drammatico, nel momento in cui aveva appena iniziato a scrivere la brillante carriera che sarebbe poi passata alla storia.

Mick Doohan, Honda, et le Docteur Claudio Costa
Mick Doohan, Honda e il Dr. Claudio Costa

Eravamo nel 1992. Sullo slancio di un'ottima stagione '91 che lo aveva visto salire ben 14 volte sul podio, l'australiano stava dominando l'inizio di campionato, del quale aveva vinto cinque delle prime sette gare disputate. Poi ci fu Assen, un terreno non proprio tra i più felici per lui visto che era l'unico sul quale aveva dovuto ritirarsi l'anno prima. Ma quell'anno fu ancora peggiore. In una caduta durante le qualifiche, il pilota rimase bloccato sotto la sua moto, che lo trascinò, e nel tentativo di girarsi per liberarsi, si ruppe la gamba destra.

Portato all'ospedale locale, Doohan si fece operare, convinto che così facendo sarebbe tornato prima in sella e che avrebbe potuto continuare a lottare per il titolo, questo pur andando contro il punto di vista della Clinica Mobile che raccomandava che la frattura fosse ridotta manualmente. "Purtroppo, nella notte, nacquero terribili complicazioni che minacciarono non solo la gamba ferita, ma anche la sua vita", racconterà il dottor Costa diversi anni dopo. In effetti, un'infezione si era dichiarata in ospedale, a tal punto che i medici olandesi parlavano di amputazione, provocando il terrore del pilota.

"Dalle tenebre della disperazione Mick mi chiamò, e noi, io e i miei compagni di ventura, lo 'rapimmo' dall’ospedale olandese e lo portammo in Italia", prosegue Claudio Costa, protagonista di una scena che sarebbe diventata leggendaria, non solo per la sua incongruità ("Mentre fuggivamo dall’ospedale di Assen caricammo sulla barella di Doohan anche Kevin Schwantz che si era ferito durante la gara olandese"), ma anche perché si sarebbe rivelata la salvezza per l'australiano, futuro cinque volte campione del mondo.

Mick Doohan, Honda après sa chute
Mick Doohan, Honda, dopo l'incidente

Un angelo custode visionario

Entrando in gioco, il dottor Costa confermava ancora una volta il suostatuto di angelo custode dei piloti. Figlio di un organizzatore di corse - che fu uno degli instigatori della creazione del circuito di Imola - seppe fin da giovane coniugare il suo mestiere di medico con la sua passione per la moto, alimentata da un'ammirazione senza limiti per i piloti. Impegnato su gare mondiali fin dall'inizio degli anni '70, fu testimone di drammi, ma anche protagonista di manovre vitali, come la respirazione bocca a bocca che salvò Franco Uncini nel 1977, per citare soltanto un esempio tra quelli più lampanti.

In quel mese di giugno del 1992, il suo intervento su Mick Doohan fu decisivo: è grazie a lui che quel giovane pilota di 27 anni, confrontato ad una diagnosi delle più gravi che gli annunciava la fine immediata della sua carriera e metteva persino la sua vita in bilico, si vide offerta una seconda chance. Questa era basata su una soluzione medica più sorprendente dell'operazione classica alla quale si era sottoposto in ospedale e che era andata male : legare entrambe le gambe affinché il membro sano irrigasse quello che stava morendo.

"Sapevamo che era l'unica opzione per farmi risalire il prima possibile sulla moto", spiegava il pilota l'anno scorso in un'intervista su Superbike.co.uk. "Avevo un enorme buco nella caviglia. Ci sarebbero voluti mesi per fare un trapianto di pelle tradizionale, oppure si potevano cucire le mie gambe assieme. Era una cosa abbastanza barbara e non era stata fatta da diversi anni, però era necessario. Normalmente, si devono anche avvitare le gambe, ma non andava bene per me perché avevo bisogno di risalire sulla moto".

Mick Doohan, Honda
Mick Doohan, Honda

I giorni passarono, il pilota tenne duro e il corpo riprese vita. "Dopo che le mie gambe rimasero cucite assieme per 14 o 15 giorni, mi fecero un piccolo taglio per vedere se la pelle sarebbe sopravvissuta e per fortuna fu così. Quindi poterono separare le mie gambe", spiega Doohan.

"Finché durò la lotta Mick impegnò tutte le sue forze nella battaglia e non lasciò mai il campo al timore e non fece mai cenno ai suoi tormenti", racconta il medico da parte sua. "Dopo un tempo che ci sembrò interminabile riuscimmo a salvare l’arto malconcio, e le due gambe, entrambe ferite e rattrappite, continuarono a vivere."

Se l'esperienza può sembrare surreale estrapolata dal suo contesto, all'epoca questa opzione si impose, di fronte ad una situazione grave, al pilota e a questo medico, sempre desideroso di mettere la scienza al servizio dei bisogni, a volte pazzi, di questi sportivi così speciali. "Il fatto di avere le gambe unite non facilita la vita, però faceva parte delle corse", sottolinea Doohan, sempre su Superbike.co.uk. "Quell'anno, ero in testa al campionato e provai a tornare il prima possibile. Sul momento, uno non ci pensa tanto e va avanti".

Mick Doohan, Honda
Mick Doohan, Honda

Meno di due mesi dopo, il 21 agosto 1992, Mick Doohan era di nuovo in sella per il Gran Premio del Brasile, nel quale terminò dodicesimo. Due settimane più tardi, era ancora in lizza per il titolo quando il campionato si concluse in Sudafrica, tuttavia il miracolo non si realizzò quella volta ed il titolo fu di Wayne Rainey.

Ma la vita continuò e Doohan, malgrado i postumi di quella grave ferita, ritornò in primo piano. Ripartì con la vittoria al Mugello, l'anno dopo, e raggiunse finalemente il titolo così fortemente inseguito nel 1994, diventando matematicamente campione il... 21 agosto, due anni esatti dopo il suo ritorno alla competizione.

"Una cosa è certa", dirà Mick Doohan diversi anni dopo, "nella sua vita il dottor Costa ha rinunciato a moltissimo pur di seguire il mondo del motociclismo. Viaggiava in lungo e in largo per tutta l’Europa con la Clinica Mobile e il suo staff, dimostrando un enorme impegno e dedizione per il motociclismo. Lo sport gli deve molto: ha mostrato a tutti la retta via da seguire".

Mick Doohan, Honda
Mick Doohan, Honda

"Mi salvò la vita e indubbiamente la carriera", assicura. "Dopo l’incidente, senza il suo intervento, i dottori mi avrebbero amputato la gamba. Il dottor Costa lo impedì e con un metodo estremamente radicale si prese cura di me salvandomi la gamba. Gli sono enormemente grato. Non sarei qui oggi senza il suo aiuto né avrei vinto il mondiale se non fosse venuto a tirarmi fuori da quell’ospedale in Olanda per rimettermi in sesto".

Quella vicenda creò tra i due uomini un legame indistruttibile, l'ammirazione di Costa per Doohan trovò eco perfetto in quella che il pilota gli avrebbe dedicato per sempre. Padrino delle varie evoluzioni della Clinica Mobile quando furono inaugurate nel 1997 e nel 2002, l'australiano seppe anche rendere l'omaggio più bello al medico invitandolo sul podio di Phillip Island, davanti al suo pubblico, quando festeggiò il suo quinto ed ultimo titolo di campione del mondo, nel 1998. L'uomo dell'ombra potè, per una volta, mettersi al posto del pilota e ricevere a sua volta l'ovazione così tanto meritata da parte del pubblico.

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