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Perché Honda e Yamaha sono rimaste indietro in MotoGP

Un tempo Honda e Yamaha erano le Case dominanti in MotoGP, ma negli ultimi anni i due colossi giapponesi non sono riusciti a trasformarsi ed adeguarsi come le aziende europee. Quanto tempo servirà?

Takaaki Nakagami, Team LCR Honda

Takaaki Nakagami, Team LCR Honda

Gold and Goose / Motorsport Images

La tradizione giapponese che ha portato Honda e Yamaha a dominare in MotoGP è diventata il loro principale fardello quando il campionato ha richiesto ai costruttori di modernizzare le loro strutture e di adattarsi ai nuovi tempi.

Questa impressione è soggettiva, ma le statistiche non lo sono. Se quindici giorni fa, al Sachsenring, la Honda non è riuscita a conquistare punti per la prima volta in un Gran Premio dal 1982, una settimana dopo è stata la Yamaha a lasciare Assen con uno zero in classifica, cosa che non accadeva al marchio dal 1989 (Misano), più di tre decenni fa. Questi due eventi sono troppo straordinari per non essere collegati ed il sospetto viene assolutamente confermato quando si guarda oltre i risultati e si parla con alcuni membri di entrambe le squadre.

La differenza tra il momento difficile della Honda, il peggiore della sua storia nel campionato, e il clima che si respira in Yamaha è evidente. Nonostante sia fuori gioco da prima del Gran Premio di Catalunya e non abbia potuto correre in Indonesia e in Argentina, Marc Márquez è ancora il pilota con la posizione più alta (13°) in classifica tra i piloti dell'azienda dell'ala dorata. Fabio Quartararo, invece, è il pilota di riferimento in griglia e guida la classifica generale con 21 punti di vantaggio su un Aleix Espargaró che domenica ad Assen ha recuperato 13 punti a El Diablo dopo che il francese ha commesso il suo primo grande errore della stagione finendo a terra due volte. Allo stesso tempo, mentre la Honda è ultima nella classifica costruttori, la Yamaha è seconda. Tuttavia questo contrasto non può nascondere alcuni elementi comuni che in questo confronto giocano un ruolo decisivo.

Fabio Quartararo, Yamaha Factory Racing

Fabio Quartararo, Yamaha Factory Racing

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

Il principale è la dipendenza di entrambi da Quartararo e Márquez. I 172 punti della Yamaha nel Campionato del Mondo Costruttori sono attribuibili al campione in carica, l'unico dei quattro piloti in sella a una M1 che si diverte perché sa come ottenere il meglio da lei. A metà stagione la seconda Yamaha in classifica è quella di Franco Morbidelli, in diciannovesima posizione, il cui miglior risultato sino ad ora è stato il settimo posto in Indonesia. Per quanto riguarda Márquez, le sue assenze intermittenti da quando si è infortunato al braccio a Jerez nel 2020 hanno solo messo a nudo le lacune della RC213V, un prototipo che finora nessuno è riuscito a domare.

"Pensate a come sarebbe la Yamaha se non avesse Fabio in questo momento e vi renderete conto che non c'è un grande contrasto tra una squadra e l'altra", dice una fonte Honda a Motorsport.com. "È solo che i team europei, come Aprilia e Ducati, si sono adattati alla nuova situazione della MotoGP e alla nuova tecnologia, mentre i giapponesi sono stati lasciati indietro".

 "Ora", continua l'esperto membro del paddock, "i marchi europei sono molto meglio organizzati, raggruppati in reparti specifici. C'è la divisione aerodinamica, la divisione elettronica, la divisione telaio, la divisione pneumatici, la divisione R&S... Con specialisti in ognuna di queste aree”.

A differenza di quanto può accadere in Aprilia, Ducati o KTM, nell'officina Honda ci sono molti volti nuovi e la maggior parte degli ingegneri arrivati quest'anno in HRC sono molto giovani. Come se la mancanza di esperienza dei tecnici non bastasse, c'è un'altra caratteristica che, nel modello attuale, rende le cose ancora più difficili: la rotazione. Anche se non lo ammettono pubblicamente, la maggior parte dei membri del CDU consultati da chi scrive concorda sul fatto che questa mancanza di stabilità non aiuta, perché impedisce la creazione di solide dinamiche di lavoro. Anche la comunicazione tra la fazione giapponese e la gestione della squadra corse, in gran parte europea, non agevola questo processo.

Aleix Espargaro, Aprilia Racing Team

Aleix Espargaro, Aprilia Racing Team

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

"La filosofia di lavoro di Aprilia al momento è completamente diversa da quella di Honda", ha dichiarato Antonio Jiménez, ingegnere di pista di Aleix Espargaró, in una conversazione telefonica con Motorsport.com. "Ogni giorno del weekend di gare facciamo le ultime riunioni dopo le dieci di sera. Inoltre, siamo tutti coinvolti e contribuiamo tutti con le nostre idee. Si potrebbe dire che l'organizzazione è molto più trasversale", aggiunge Jiménez, che prima di entrare in Aprilia ha lavorato in Honda e Yamaha.

Uno dei suoi colleghi di Noale ha trascorso gli ultimi sette anni prima in Honda e poi in Suzuki: "In termini di tecnologia, non c'è paragone tra gli elementi e le procedure che usiamo in Aprilia e Ducati e quelli usati dai giapponesi”. L'ingegnere si riferisce fondamentalmente a strumenti nel campo della fluidodinamica computazionale (CFD) e della simulazione. "Tutto questo è un'eredità della Formula 1", dice il tecnico, che fa riferimento alla figura di Massimo Rivola, amministratore delegato di Aprilia nelle corse che ha firmato per il marchio dopo una lunga esperienza in F1 dove ha lavorato per Toro Rosso e Ferrari. Lo ha confermato Alex Márquez domenica, giorno in cui è stato ufficializzato che correrà per Gresini nel 2022. "Le fabbriche europee hanno cambiato il sistema di lavoro e il metodo di evoluzione delle moto. Sono molto più veloci, c'è più comunicazione e ci sono più persone. Sono più simili ai team di F1 e riducono i tempi di reazione. Questo fa la differenza in un campionato così combattuto".

Il ruolo di Rivola in Aprilia è simile a quello di Gigi Dall'Igna in Ducati. Loro, o qualcuno del team che li circonda, firmano le ultime innovazioni tecniche della MotoGP, a partire dalla strada aerodinamica aperta da Ducati, per continuare con i regolatori di altezza, anteriori e posteriori, che sono stati i protagonisti degli ultimi tre anni. "Per trovare l'ultima innovazione Honda bisogna tornare al cambio seamless (2011), mentre per quel che riguarda la Yamaha, non riesco a ricordare nulla", dice un ingegnere della MotoGP che attualmente lavora per una delle tre aziende giapponesi. "I giapponesi sono sempre in ritardo anche in questo settore. Per questo hanno bisogno di persone che leggano le regole come fanno gli europei”.

Marc Marquez, Repsol Honda Team

Marc Marquez, Repsol Honda Team

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

La dinamica che ha preso piede nella MotoGP, dove il distacco si è ridotto a un millesimo di secondo, suggerisce che la tradizione che fino a poco tempo fa permetteva ai costruttori orientali di regnare sovrani non cambierà presto. L'assunzione di Luca Marmorini da parte della Yamaha, per trovare quella potenza che tanto manca a Quartararo e agli altri, può essere interpretata come un segno della volontà di adattamento della casa di Iwata. Alla Honda, per il momento, si limitano a mettere in evidenza i loro muscoli. "Usciremo da questa situazione perché siamo Honda e lo siamo sempre stati", insiste il team manager HRC Alberto Puig.

Con l'uscita di scena della Suzuki alla fine di quest'anno, la domanda per i due marchi giapponesi rimasti in MotoGP non è più se debbano ripensare i loro metodi, ma quanto tempo ci vorrà per farlo.

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