MotoGP | Taramasso: "Abbiamo rigonfiato la gomma di Acosta e trovato la perdita"
Il responsabile della Michelin ci ha spiegato come si è giunti alla conclusione che il pilota della GasGas Tech3 non fosse da penalizzare, nonostante il valore della pressione della sua gomma anteriore fosse inferiore a quelli imposti. Già dai dati si poteva confermare una perdita d'aria, che è stata confermata anche empiricamente.
Pedro Acosta, Red Bull GASGAS Tech3
Foto di: Gold and Goose / Motorsport Images
La prima delle due triplette che contraddistinguono il finale della stagione 2024 della MotoGP va verso la sua conclusione. Archiviato il Gran Premio d'Indonesia con la vittoria dominante di Jorge Martin, è già il tempo di volgere lo sguardo a quello del Giappone, nel quale il pilota del Prima Pramac Racing si presenterà con un margine di 21 punti nei confronti di Pecco Bagnaia, terzo a Mandalika alle spalle di Pedro Acosta, sul quale c'è stato un piccolo giallo legato alla pressione degli pneumatici.
Al termine della gara, infatti, la Direzione Gara ha dato l'indicazione che il pilota della GasGas Tech3 era sotto investigazione per aver corso con un valore inferiore a quello imposto dalla Michelin per la gomma anteriore. Fino a domenica, in questi casi avevamo sempre visto arrivare una penalità di 16" da aggiungere al tempo di gara, ma questa volta il rookie spagnolo se l'è cavata perché è stato comprovato che c'era stata una perdita d'aria sulla sua gomma. Il responsabile della Michelin, Piero Taramasso, ci ha rivelato come si è arrivati a questa conclusione.
"Alla fine della corsa si è visto che i valori della pressione non rispettavano quelli minimi imposti, per questo al parco chiuso i rappresentanti della Michelin, quelli dell'IRTA e i commissari hanno verificato che i valori trasmessi dal sensore fossero corretti, e questa prima prova ha confermato che quelli indicati erano quelli giusti. Osservando la curva dei valori, però, si poteva dedurre subito che c'era stata una perdita d'aria", ha spiegato Taramasso a Motorsport.com.
"All'inizio, infatti, i valori erano superiori al minimo consentito, poi la pressione è andata giù di colpo, da un giro all'altro. Successivamente si è stabilizzata per qualche giro e, anche se Pedro continuava a spingere, facendo aumentare la temperatura, la pressione continuava a scendere leggermente. In pratica c'è stata una perdita lenta, che fortunatamente gli ha permesso di finire la gara senza problemi. Già dai dati, dunque, si poteva capire che era un qualcosa di indipendente dall'operato del team e del pilota, ma che era generato da un fattore esterno. Per esserne certi comunque abbiamo anche rigonfiato la gomma a 3 bar ed abbiamo potuto appurare che c'era una perdita nella zona bassa del pneumatico, vicino al cerchio", ha aggiunto.
Mandalika si è confermata una pista insidiosa, anche se questo faceva già parte delle vostre aspettative visto che avevate portato delle carcasse speciali...
"E' un circuito veramente severo, impegnativo, per le gomme. Per il posteriore perché ci sono parecchie accelerazioni, poi c'è un asfalto molto chiuso, che genera delle temperature altissime, dove già di per sé c'è molto caldo. Anche l'anteriore è messo molto sotto stress, perché si passa tantissimo tempo sull'angolo di piega ed è lì che la gomma soffre. Per questo l'anteriore dura aveva una carcassa speciale, rinforzata, così come entrambe le soluzioni posteriori, perché su questa pista l'obiettivo primario è quello di controllare la temperatura. La bella sorpresa è stata che la pista era pulita ed ha offerto un buon grip fin dal primo giorno e questo è stato sicuramente d'aiuto per tutti".
Le cose però sono andate piuttosto bene dal punto di vista degli pneumatici, con riferimenti cronometrici di altissimo livello...
"Venerdì i piloti hanno provato tutte le specifiche e da subito si è capito che davanti erano altrettanto valide sia la soft che la dura, mentre la media era un po' più difficile da adoperare, perché non dava vantaggi rispetto alle altre due. Per quanto riguarda il posteriore, la soft aveva tanto potenziale e tanto grip, essendo più morbida su entrambi i lati rispetto alla media. I tempi sono stati molto buoni, perché in qualifica è stato battuto il record della pista di nove decimi. La soft poi si è comportata bene anche nella Sprint, anche se poteva creare una problematica legata al fatto che il tanto grip che offriva poteva finire per spingere sull'anteriore. Nella gara di domenica invece quasi tutti hanno deciso di passare sulla media al posteriore, perché si sapeva che sarebbe stata la soluzione più costante. Solo Di Giannantonio è partito con la soft, ma purtroppo non sappiamo se sarebbe arrivata in fondo con delle buone prestazioni, perché è caduto. In generale comunque il livello delle performance è stato buono, con i tempi che sono rimasti molto constanti: Bastianini, infatti, ha fatto il giro veloce al 20° giro in 1'30"5, ma anche a Martin è venuto ancora un 1'30"7 al 24° giro dei 27 giri. Noi siamo contenti, perché quello che vogliamo sono delle gomme che tengono fino alla fine. E' vero che forse c'è voluto qualche giro per metterle in temperatura, ma su questo circuito solo questo tipo di carcasse ti può permettere di correre con un certo ritmo".
Dopo la gara lunga, infatti, qualche pilota, tra cui Bagnaia ed Enea Bastianini, si è lamentato di aver fatto fatica a mandare in temperatura la gomma media. Qual è il motivo di queste difficoltà secondo te?
"E' un tema di cui si era già parlato dopo le due gare di Misano e se ne è parlato di nuovo anche a Mandalika. Si capisce che scaldare le gomme dipende dallo stile di guida del pilota, dal tipo di moto e dal bilanciamento, quindi puoi metterle in temperatura più o meno bene, anche se abbiamo notato che la tendenza è che ci vuole qualche giro in più. E questo è un segnale che ci fa dire che le moto sono sempre più sbilanciate sull'anteriore. Con così tanto carico sul davanti e poco sul posteriore bisogna trovare la tecnica giusta per scaldare le gomme, altrimenti si rischia sempre di metterci almeno un giro in più rispetto al passato".
Ora ci si sposta in Giappone per l'ultimo atto della prima tripletta: cosa ci puoi dire del tracciato di Motegi?
"E' un circuito che conosciamo bene, visto che ormai è un appuntamento fisso del calendario. Inoltre, i costruttori giapponesi lo utilizzando anche per dei test privati, quindi abbiamo abbastanza dati. E' un circuito molto diverso da Mandalika, che offre un buon grip sia sul bagnato che sull'asciutto e che possiamo definire 'stop and go', con un susseguirsi di accelerazioni e di frenate violente".
Alla luce di questo, che scelte avete fatto per l'allocazione del Gran Premio del Giappone?
"Dopo aver utilizzato quelle da alte temperature a Mandalika, torniamo ad avere le carcasse standard, con tre soluzioni simmetriche all'anteriore e due asimmetriche al posteriore. Le mescole hanno lo stesso centraggio di quelle del 2023, ma sono quelle realizzate con la nuova tecnologia 2024. Quindi non ci sono delle novità particolarmente rilevanti".
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