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Intervista

Giacomo Agostini, dall'impazienza di debuttare alla disperazione di smettere

Giacomo Agostini ha trascorso l'infanzia fantasticando di diventare pilota di moto. Una volta ottenuta l'approvazione del padre, ha scritto la carriera più fenomenale di sempre, fino alla straziante decisione di ritirarsi. E ce l'ha raccontato.

Giacomo Agostini, Yamaha

Il suo nome domina le statistiche del motociclismo da oltre cinquant'anni. Qualunque siano stati i tentativi delle generazioni successive, i suoi 15 titoli e le sue 122 vittorie restano imbattuti tutt'ora. Questo palmares, ancora oggi così impressionante, se lo è costruito in 14 anni di Gran Premi. Arrivato all'età di 22 anni, quando correva da soli quattro anni, ha distrutto tutto e si è imposto molto rapidamente come una superstar dall'aura incomparabile.

Quando parla della sua carriera, Giacomo Agostini la descrive come una vocazione, quasi una chiamata irrefrenabile. Dice di essere stato fatto per il motociclismo fin dalla nascita, anche se la sua famiglia non seguiva affatto le corse. "Sono nato e avevo in mente la moto. I miei erano preoccupati. Mio padre diceva 'Ma da dove sei arrivato? Noi non abbiamo niente a che vedere con le due ruote, niente a che vedere con lo sport!' Non so. Madre natura mi ha dato questo", spiega in un'intervista a Motorsport.com.

"Io sognavo le due ruote, volevo correre in moto. Piangevo quando le vedevo per strada!" prosegue. Ma il giovane Giacomo, figlio maggiore della famiglia, ha dovuto consumare i freni molto più di quanto avrebbe voluto. Impaziente, toccava tutte le due ruote su cui riusciva a mettere le mani, approfittava delle feste di paese e dei raduni di ragazzi per fare qualche sgommata, ma la sua famiglia rimaneva decisamente contraria alla questione.

Nel 1960, finalmente, raggiunse l'età minima richiesta e ottenne, o meglio strappò, il consenso del padre per poter partecipare alle gare ufficiali. C'è proprio un vero contrasto tra un Agostini, che era già adulto quando ottenne il permesso, e le carriere di oggi che iniziano e diventano professionali molto presto, con piloti che arrivano da bambini e raggiungono il livello mondiale in età adolescenziale.

"Ho iniziato a 18 anni perché prima non si poteva. [Serviva] la firma dei genitori. Purtroppo ne avevo 18 e mezzo, perché mio padre non voleva firmare! Una volta, ha detto 'non firmo la morte di mio figlio'. L'ho odiato per questo, invece adesso capisco cosa lui provava dicendomi questo".

Il giovane Giacomo era convinto di essere fatto per il motociclismo, e non si sbagliava. Quando finalmente gli fu permesso di partecipare a delle gare, dimostrò subito un talento straordinario. Insiste sul fatto che non ha mai avuto bisogno di imparare la scienza della guida, che era innata in lui. "Nessuno mi ha detto questo o quell'altro. Mi sono comprato un casco, una tuta, ho comprato una moto e ho fatto secondo su 40 piloti alla prima gara". Semplice.

I suoi idoli si chiamavano Tarquinio Provini, Carlo Ubbiali, Gary Hocking... "Sono i piloti che sognavo, e dicevo 'che bello poter diventare come loro!' ma non avrei mai pensato di farcela. Era un sogno, e poi si è tradotto in realtà". Il sogno della sua vita si è effettivamente avverato, e presto sarebbe diventato proprio lui il punto di riferimento assoluto di questo sport.

Il campione che dominava tutto

Dopo le prime esperienze in Italia, in gare in salita e sui circuiti, prima con la sua Morini Settebello 175 privata e poi con una moto ufficiale, arrivò nel Mondiale nel 1964. Disputò le sue prime due gare nella classe 250cc e venne presto ingaggiato dalla MV Agusta, al fianco del punto di riferimento Mike Hailwood.

E fu subito l'inizio di una carriera storica... L'anno successivo ottenne la sua prima vittoria mondiale, nella classe 350cc, ed era già in lotta per il titolo. Non passò molto tempo prima che diventasse il leader del marchio italiano, trionfando nel campionato 500cc nel 1966, l'inizio di un vero e proprio periodo da rullo compressore.

Vinse sette titoli consecutivi in 500cc tra il 1966 e il 1972 e altri sette in 350cc tra il 1968 e il 1974. Fu la fine degli anni 1960 a cementare la sua leggenda, e non a caso: tra il 1968 e il 1969, vinse 20 gare consecutive nella classe 500, tra cui non mancò nessuna vittoria nei dieci Gran Premi del 1968. Nelle due stagioni successive, vinse dieci gare su 11, poi 11 su 13 nel 1972. Nel 1971, prese parte a otto delle 11 gare e vinse ogni volta.

Per 12 stagioni, vinse almeno una volta all'anno sia nella 350cc che nella 500cc, le due classi nelle quali si era specializzato. Ha distrutto tutti: in quattro occasioni, infatti, è stato incoronato campione con cinque gare ancora da disputare, cosa che nessun altro è riuscito a fare da allora.

Giacomo Agostini

Giacomo Agostini au Grand Prix de Finlande 1975

Sebbene riluttanti ed estranei a questo sport, i suoi genitori finirono per seguire le sue imprese e, come ricorda lui stesso, ci fu "tanta emozione". "Mia madre veniva poco perché si emozionava molto; Il sabato e la domenica, lei era in chiesa ad accendere [candele], fare donazioni e pregare. E quando partivo mi diceva 'Mino, mi raccomando, vai piano però vinci!'. Dicevo 'mamma, è difficile andare piano e vincere!'".

Tre giorni di sofferenza al momento di smettere

Dopo essere stato inseparabile dalla MV Agusta per nove anni, passò alla Yamaha nel 1974 e riuscì a vincere un ultimo titolo in 500cc nel 1975. Due anni dopo, la decisione di smettere s'impose a lui. "L'ho presa all'ultimo momento", spiega. "È stata una decisione molto difficile. Lasci perché dici 'ormai sono vecchio' mentre a 38 o 40 anni non sei vecchio. Ma è arrivata l'età e il momento di lasciare".

Per lui fu un vero e proprio crepacuore, dopo anni di intensa attività. È stata molto dura. Ho sofferto e ho pianto per tre giorni, perché lasciavo il mio grande amore. La cosa che ho sognato quando sono nato finiva e basta. Mi dicevo che non avrei più quella gioia, quella sensazione".

"Questo era vero però bisogna usare la testa, pensare che la vita continua e dire grazie che hai avuto questo dalla vita, che hai avuto queste gioie. Poi purtroppo non possono durare per tutta la vita perché il nostro sport è fatto per i giovani e non per i vecchi. È dura però bisogna cercare di capire e pensare di fare altro".

Quando ha appeso il casco al chiodo, Giacomo Agostini aveva vinto 15 titoli: sette nella classe 350 e otto nella classe regina, dove è tuttora imbattuto. Dopo 14 stagioni nei Gran Premi, ha trascorso qualche anno nelle corse automobilistiche, prima di tornare al motociclismo come capo squadra.

Oggi la sua carriera è esposta in una sala trofei che ha creato in una proprietà vicino a casa sua e che sta cercando di ampliare. "Voglio mettere ancora tante cose che ho sotto il tetto. Ho bisogno di spazio!". Già, una carriera come questa occupa spazio. "Tutte le settimane vado lì, faccio interviste o mi guardo le mie moto. Magari se sono triste, vado lì, mi guardo i miei trofei… E mi dico che non è andata male!" conclude Giacomo Agostini con un sorriso.

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