MotoGP | Acosta in fabbrica KTM: “Dovevo sapere che non era colpa mia”
Il pilota KTM ha spiegato nel giovedì di Silverstone il motivo per cui ha visitato la fabbrica durante la pausa estiva e le conclusioni a cui è arrivato, oltre a fornire una tempistica per quando si aspetta di vedere risultati.
Pedro Acosta ha chiuso l’ultimo gran premio prima della pausa estiva spiegando che aveva previsto di andare in fabbrica KTM durante l’estate. Il motivo era quello di capire cosa fosse successo perché la moto passasse dall’essere competitiva e gli consentisse di lottare per i podi al perdere la competitività in pochi mesi.
Nel giovedì del Gran Premio di Gran Bretagna, la prima domanda è stata, ovviamente, su come era andata la visita in fabbrica, come era stato il viaggio e cosa era successo lì: “È andata abbastanza bene, sono andato via contento, direi anche motivato. Penso che ci sia stata molta gente che mi ha spiegato i cambiamenti che ci sono stati dall’inizio fino ad ora”.
“Molte volte mi sfugge di mente com’è un team MotoGP da dentro, mi manca ancora esperienza perché non ho potuto fare confronti con un altro team. Ci sono sempre dubbi. La cosa normale è che prima di salire in MotoGP un pilota è passato per due o tre team. Io sono stato solo in una squadra (Ajo KTM, ndr), sempre con le stesse persone. Questo ti complica la comprensione sul come si lavora in altri posti. Penso che per loro le cose siano state abbastanza chiare e credo che le decisioni o i punti che volevamo affrontare li faranno abbastanza bene”, ha proseguito.
Ciò che è chiaro è che, se Acosta è voluto andare in fabbrica e lo ha spiegato così tanto apertamente, è perché qualcosa non stava funzionando bene: “Volevo capire soprattutto perché fossero cambiate tanto le cose. Perché dal sentirmi bene a Barcellona siamo passati a un buon Mugello per arrivare ad Assen che è stato un disastro e infine al Sachsenring, dove abbiamo recuperato l’ultimo giorno. Soprattutto volevo che mi facessero capire cosa fosse successo, perché non sapevo cosa fosse successo”.
Pedro Acosta, Red Bull GASGAS Tech3
Foto di: Gold and Goose / Motorsport Images
Dunque, era il pilota, la moto, il team, l’organizzazione…? “No, non dirò se ero io o la moto. Ma io volevo che qualcuno mi dicesse se fossi io o meno. Perché a me, ciò che avrebbe fatto più male sarebbe stato sapere che fosse colpa mia. Se è la moto, il team o il progetto, non succede nulla. Ma io voglio andare via dalle gare sapendo che ho dato tutto quello che avevo, se un giorno fai secondo, fai secondo e se fai settimo, non succede niente. Ma io dovevo stare tranquillo che mi dicessero ‘non è colpa tua’”, ha aggiunto.
“Abbiamo messo sul tavolo i punti di vista di tutti, l’esperienza di tutti, stanno mettendo più gente perché le gare a volte non sono un titolo universitario, computer o numeri. Molte volte si ha bisogno di pratica, un foglio bianco da disegnare. Hanno messo molta gente che c’era all’inizio e con cui hanno iniziato a fare risultati, che sono tornati a impegnarsi di più con il progetto e penso che ora faremo qualche passo in avanti”, ha osservato.
Per Acosta, la cosa più importante era scacciare i dubbi che, senza dubbio, lo hanno condizionato nell’ultima parte della prima metà di stagione e avere un interlocutore diretto con cui parlare, senza intermediari: “Penso che nelle ultime due gare fossimo tutti molto confusi, non sapevamo molto bene dove andassero le parole. Soprattutto, a volte posso pensare una cosa e sbagliare perché non conosco la categoria o molte volte il problema non arriva al punto. È meglio arrivare e chiedere ‘chi comanda qui?’, quando ti dicono chi è, gli dici tutto quello che devi dirgli. Alla fine, molte volte è meglio tirare tutto fuori e stare bene e poi chiedere scusa che chiedere permesso”, ha spiegato.
"Siamo arrivati a delle conclusioni piuttosto buone, le persone che hanno messo in campo sono davvero in sintonia con me e vediamo le gare allo stesso modo. Parlando a lungo con Pit (Beirer) ha capito l'idea che avevo io. Bisogna capire che non può essere presente a tutte le gare e molte volte non può essere presente nei momenti importanti o non può vederli di persona. Succede spesso che io lo dica a una persona, lui lo dica a un'altra e quando arriva al destinatario il messaggio non viene capito. D'ora in poi avremo qualcuno molto vicino a me in modo che non debba raccontare i problemi, ma possa ascoltarli direttamente.
"Con questo, con le persone che hanno messo (nel progetto) e con i problemi che ho potuto vedere dall'esterno e dalla stampa, anche se non solo per me, ma anche per il progetto in generale, sarà di grande aiuto". Una scossa importante che Acosta spera possa avere conseguenze a breve termine. "Penso che a partire dall'Austria (prossima gara tra due settimane) prenderemo provvedimenti", ha detto il rookie.
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