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Marco, il Cavaliere del Rischio disarcionato

Il Motomondiale piange Simoncelli dopo l'atroce incidente di Sepang e si interroga sui perché della tragedia

Marco Simoncelli. Un ragazzo pieno di vita. Esuberante, spesso oltre le righe di tutto ciò che è convenzionale. Un duro pronto ad accettare la sfida più rischiosa. Un creativo di traiettorie impossibili e a volte sconsiderate, degne di chi vuole sfidare le leggi della fisica. Un pilota veloce, molto veloce. Che sapeva andare forte in modo naturale, frutto di un talento innato e non costruito. Quindi, terribilmente genuino. Marcello Sabbatini lo avrebbe definito un Cavaliere del rischio. Un pilota per il quale il coraggio restava una componente importante, quasi quanto la capacità di saper mettere a punto la sua Honda. L'essere grande e grosso aveva reso ancora più difficile il suo compito: quel peso in più gli costava qualche centesimo di secondo ad ogni accelerazione rispetto ad un peso piuma come Pedrosa e tutto questo, talvolta, lo aveva portato ad esagerare per restare attaccato al gruppo dei top rider. Ha vinto il titolo iridato della 250, ma non era ancora un campione con la C maiuscola: lo sarebbe diventato se il destino gli avesse lasciato il tempo. E, invece, se n'è andato prima di assaporare la gioia del primo successo in Moto Gp. Aveva la stoffa del campione, ma non ancora il bagaglio di esperienza che fa di un pilota un vincente nella classe regina. Andava oltre il suo limite per generosità e non per cattiveria. Questo aspetto va evidenziato: lo dicevamo prima e lo ribadiamo oggi. Intorno all'esuberanza di Super Sic si sono scritte paginate e c'era chi, anche fra i suoi colleghi, lo dipingeva come un pilota scorretto e pericoloso. Di animo era un generoso e, quindi, un buono: l'esatto contrario. Marco è stato disarcionato dalla sua Honda durante il secondo giro del Gp di Sepang. Una caduta che riapre tante discussioni sulla sicurezza della Moto Gp. Ci sentiamo vicini a papà Paolo, alla famiglia e alla fidanzata Kate e a tutta la squadra del team Gresini, nuovamente provata dopo il dramma di Daijiro Kato nel 2003. Così come ci possiamo immaginare quale sia lo stato d'animo di Colin Edwards e Valentino Rossi che nulla hanno potuto fare per evitare l'impatto devastante quando Marco è scivolato davanti a loro. I segni che le gomme hanno lasciato sul corpo di Super Sic parlano più di qualsiasi referto medico. E vedere rotolare quel casco lontano dal corpo ha subito dato il segno della gravità della situazione. Questa volta non ci sono state esitazioni: i soccorsi sono stati immediati, quanto inutili. Ma con le lacrime agli occhi, senza voler cercare dei responsabili, né dei colpevoli (che non ci sono) è giusto riflettere su questa tragedia. Ci sono almeno tre aspetti che non vanno affatto trascurati, ma analizzati e discussi per migliorare la sicurezza. Motorsport is dangerous, dicono gli inglesi: un postulato dal quale non si può prescindere e, anzi, con cui bisogna fare i conti. Ma questo non significa che si possa fare di più. GOMME. I piloti dallo scorso anno si lamentano con la Bridgestone sulla difficoltà di portare in temperatura gli pneumatici nel primo giro: il problema è oggettivo, ma per il momento non è stato fatto nulla per ovviare a questa criticità che è già costata molte cadute (e troppi rider in ospedale). Il tema va riaffrontato e non basta dire che i piloti devono andare più piano nell'avvio della corsa vista la frequenza con cui si ripetono certo episodi. E Simoncelli, per la cronaca, era partito con la gomma a mescola dura... ELETTRONICA. In condizioni normali Simoncelli sarebbe scivolato all'esterno della pista dopo la caduta, senza finire pericolosamente in traiettoria verso il centro della pista malese. Quasi sicuramente sarebbe stato l'ennesimo capitombolo incruento. E, invece, viene il sospetto che l'elettronica sofisticatissima abbia permesso a Marco il tentativo di rialzare la moto dopo che si era puntato a terra con il gomito e un ginocchio. Super Sic era diventato un maestro in quest'arte nuova e nella commissione sicurezza erano stati in diversi a mettere in guardia il giovane romagnolo sull'opportunità di insistere, stante il pericolo di tornare in traiettoria nel corso della manovra. Una scena agghiacciante che, purtroppo, ora si è impressa in modo indelebile nella memoria degli appassionati di motociclismo. La telemetria Honda scagiona il traction-control, il romagnolo era certamente in rilascio al momento dell'impatto, ma nessuno sa cosa è accaduto negli istanti non inquadrati dalle telecamere. CASCO. Un ultimo appunto riguarda la sicurezza passiva: vedere rotolare un casco lontano dal corpo del pilota è stata una sequenza agghiacciante che non vorremmo si ripetesse più. Marco con quella folta capigliatura doveva indossare una calotta più grande del necessario (quasi una taglia in più...) per non rinunciare alla chioma che lo aveva reso famoso nel mondo. Toccherà ai tecnici spiegare come mai il casco sia venuto via nell'impatto devastante (il cinghino della mentoniera si rompe oltre un certo carico). L'elmetto bianco-rosso, infatti, sarebbe stato urtato sia dalla Yamaha di Edwards sia dalla Ducati di Rossi. Può essere che una coincidenza nefasta di concause abbia determinato la scomparsa di uno dei piloti più promettenti della Moto Gp (l'anno scorso a Shoya Tomizawa era successo qualcosa di molto simile a Misano). Ora è il momento del silenzio e della riflessione, ma da domani sarà giusto approfondire questi temi senza nascondersi dietro all'imponderabile...

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