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Analisi

Johann Zarco, la leadership della rinascita

In soli 18 mesi, Johann Zarco è passato da un estremo all'altro in MotoGP, da pilota ritrovatosi senza moto a raggiante leader del campionato all’inizio del 2021. Ma il Gran Premio di Losail ha visto soprattutto il ritorno alla ribalta di un uomo ritrovato.

Johann Zarco, Pramac Racing

Foto di: Gold and Goose / Motorsport Images

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A volte vorresti poter tornare indietro nel tempo, consapevole di ciò che sai oggi, per poterlo esporre ad alcune persone, solo per vedere la loro reazione. È impossibile, ma ci piacerebbe poter consegnare un foglio con la classifica della stagione 2021 di MotoGP dopo due gare allo sconsolato Johann Zarco del 2019, che, dopo una prima metà di stagione opaca e dopo che già ad agosto si era deciso che era giunto a un'impasse sportiva, sarebbe uscito dal team ufficiale della KTM il giorno dopo il Gran Premio di San Marino di quell’anno. 

Certo, sarebbe difficile per noi immaginare che ci faccia molto caso e che ci creda. E se fosse così, ci sarebbero probabilmente un sacco di domande sulla stagione 2021: perché due gare in Qatar? Perché Fabio Quartararo è nel team ufficiale e Valentino Rossi in quello satellite? Dove sono Marc Marquez e Andrea Dovizioso? C’è da dire che il mondo intero e l’universo della MotoGP sono cambiati enormemente in 18 mesi. Ma anche quello di Zarco.

Il pilota del team Pramac ha cavalcato l’onda tricolore francese di domenica sera a Losail, chiudendo secondo alle spalle di Fabio Quartararo. I due hanno conquistato la prima doppietta francese, un risultato meraviglioso per una nazione che fino allo scorso luglio non aveva nemmeno più l’opportunità di celebrare una singola vittoria, dato che l’ultima risaliva al 1999. Soprattutto gli scatti di questo post-gara felice e festoso, con uno Zarco sorridente che fa scoppiare a ridere il suo connazionale mentre canta la Marsigliese, contrastano ovviamente con l'immagine lasciata nell'estate del 2019 di un pilota che trascinava i suoi dispiaceri su una moto che sembrava da tempo non guidare davvero più.

Il sorriso è frutto di un risultato, ma soprattutto della libertà di una situazione di ritrovato equilibrio, come all’epoca dei suoi titoli Moto2 e delle sue stagioni con Tech3, con un costruttore e una struttura che ha contribuito sia a rimetterlo in sella sia a dargli la fiducia necessaria per essere un leader, in ogni senso della parola. “È l'equilibrio di un uomo ad essere felice! Questo è il modo in cui un essere umano è e deve essere”, ha detto Zarco in conferenza stampa domenica sera, sottolineando l'atmosfera rilassata e concentrata nel team Pramac e la sua integrazione nel box della squadra di Borgo Panigale.

“Chiaramente, la vita non sempre ci aiuta ad avere questa sensazione. In questo momento, le cose stanno andando bene. La squadra aiuta in questo. Possiamo fare una pausa caffè e divertirci, ma poi lavoriamo molto bene, siamo competitivi, e inoltre c’è anche la Ducati che ci fornisce la moto adeguata. Sono molto a mio agio con la lingua italiana e per questo mi sento bene. Quando tutto si mette insieme, l'obiettivo è quello di essere al top e noi siamo lì ora. Quindi dobbiamo continuare a vivere questo momento”.

Vivere il momento non significa che non si possa guardare indietro e rivedere i passi che hanno portato ad esso. Certo, il crollo del progetto Zarco-KTM nel 2019 avrebbe potuto rappresentare un campanello d’allarme per la carriera del francese nella classe regina; non sarebbe stato né il primo né l'ultimo a suscitare speranze poi crollate. Alla fine, l'infortunio alla spalla di Takaaki Nakagami e la sua decisione di saltare gli ultimi tre GP per sottoporsi a un intervento chirurgico hanno offerto un’ancora di salvezza inaspettata al due volte campione del mondo Moto2, una sorta di ripresa quando tutto sembrava finito dopo il fallimento in KTM.

Tuttavia, a questo ha fatto seguito un periodo di dubbio, perché con il ritiro di Jorge Lorenzo e il posto libero all'interno del team HRC, Zarco aveva logicamente concentrato la sua attenzione sul progetto Honda. Ma era solo una questione di tempo prima che diventasse chiaro che il team ufficiale Honda avrebbe optato per i due fratelli Márquez.

Arriverebbe la tentazione di fare un altro salto temporale, questa volta abbastanza fattibile, che consisterebbe nel ricordare al francese le sue parole pronunciate nel novembre 2019: “Secondo me, sarebbe un errore andare in Avintia, sarebbe meglio tornare in Moto2. Hai bisogno di una squadra equilibrata che ti dia la possibilità di mostrarti al meglio ogni fine settimana, e Avintia non lo è. Non sto criticando nessuno, ma non voglio fare lo stesso errore che ho fatto due anni fa quando ho firmato con KTM”. Meno di un mese dopo, finalmente convinto da una dirigenza Ducati desiderosa di ingaggiarlo e dopo avergli presentato le garanzie del loro sostegno, ha accettato di fare ‘un errore’ che già non era più tale e che gli avrebbe offerto un ritorno sul podio già nell'estate del 2020 ma anche una sella ambita per questa stagione.

Giovedì scorso, Zarco ha raccontato uno scambio con il CEO di Ducati Corse Gigi Dall'Igna proprio su questo argomento, avvenuto dopo il secondo posto al round inaugurale di Losail: “Dopo la gara, la sera Dall'Igna mi ha detto che è stata una buona decisione rimanere in MotoGP alla fine del 2019, perché stavo davvero pensando di tornare in Moto2, stavo parlando con Avintia di tornare in Moto2. Mi disse 'fidati di me, possiamo fare qualcosa di buono'. Se fossi tornato in Moto2 alla fine del 2019, non sarei salito sul podio domenica scorsa”.

Inevitabilmente, la grande discrepanza tra il suo licenziamento da KTM nel 2019 e il fatto che ora si ritrovi in cima alla classifica della MotoGP con la Ducati Pramac, simile a quelle dei piloti ufficiali, fa emergere presto la parola ‘redenzione’. Ma dopo tutto, il concetto di redenzione e riabilitazione suona vuoto nella storia di Zarco. Doveva davvero redimersi, riabilitarsi? No. Aveva bisogno di riprendere fiato, e per farlo doveva basarsi sulla sua esperienza con il costruttore austriaco e sulla decisione di porre fine all’avventura.

"Non ci penso troppo – ha risposto al sito ufficiale della MotoGP domenica scorsa quando è stato menzionato l'aspetto ‘di redenzione’ del suo viaggio – Vivo il momento. Ho preso la decisione 18 mesi fa, l'ho presa per me, per la mia felicità. Andare in moto è quello che voglio fare, ma se lo faccio senza un sorriso è meglio fare qualcos'altro. La Ducati mi dà di nuovo un sorriso, la squadra mi dà un grande sorriso, quindi dobbiamo continuare così".

"Quello che è successo due anni fa, forma parte della vita – ha aggiunto in conferenza stampa, ancora una volta di fronte alla domanda senza voler cadere in scorciatoie – Ho preso una decisione e sono molto felice di essere di nuovo tra i primi e di divertirmi. Mi sono divertito molto in queste prime due gare e il controllo che avevo era una grande sensazione. Non è il momento di pensare se sia una redenzione o altro. Voglio solo vivere il momento e ora quel momento è con Pramac e Ducati. Quello che ho deciso due anni fa è fatto, quindi sono felice. Non posso dire se ho preso la decisione giusta o no. Ho preso una decisione e ho fatto la mia strada, e grazie alla Ducati sono qui".

In fin dei conti, vorremmo andare avanti nel tempo. Prima di tutto per avvicinarci al momento in cui la pandemia sarà solo un ricordo e quando i momenti come quelli vissuti questa domenica potranno essere condivisi con il pubblico in pista, ma soprattutto per conoscere il proseguimento di un cammino che ora è solo all'inizio. L'impressionante rookie Jorge Martín, all'inizio della sua avventura in MotoGP, domenica ha mostrato chiaramente la sua maturità nell’avere remore sul sorpassare Zarco all’ultimo giro del Gran Premio di Doha: "Ha un ruolo diverso nel team, è in testa al campionato, quindi ora deve spingere per questo campionato, mentre io devo continuare a imparare".

In questa struttura l’atmosfera sembra buona, la moto appare performante, con rinnovate ambizioni e al fianco del francese c’è un pilota molto promettente che, almeno per il momento, è pronto a non intralciarlo. È dunque arrivato il momento di ripensare al backflip, specialità di Zarco durante i suoi successi nella categoria inferiore? "Cerco di farlo a volte in allenamento – ha rivelato giovedì – Sono ancora in grado di farlo. Non ho provato con la tuta, ma se succede penso che avrò abbastanza energia per farlo".

È difficile dire se la vittoria o qualcosa di ancora più grande attende Zarco alla fine di questo cammino. L'esempio di Quartararo l'anno scorso dovrebbe invitare alla prudenza, tanto più quando la MotoGP ha registrato i distacchi più serrati della storia, con i primi 15 piloti racchiusi in meno di nove secondi. Ma una cosa è certa: per tornare a quei livelli, bisognava ritrovare se stessi e ricostruire la propria fiducia. Questa è senza dubbio una vittoria prima del successo.

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