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Analisi

Honda e Marc Marquez, la caduta degli Dei

L'infortunio ed il lungo stop di Marc Marquez sono stati uno dei tratti distintivi della MotoGP 2020. La Honda ne ha fatto le spese con la sua peggior stagione nella classe regina dal 1982, anche se forse ha trovato una chiave per rendere la RC213V più "umana".

Marc Marquez, Repsol Honda Team

Foto di: Repsol Media

Jerez, 19 luglio 2020, ore 14:35. Il Mondiale MotoGP era iniziato da poco più di mezz'ora e nessuno poteva immaginare che le chanche iridate della Honda fossero già andate in fumo. Ma questo è esattamente quello che è successo quando Marc Marquez è caduto nel corso del 22esimo giro del Gran Premio di Spagna. Nella carambola, l’omero destro dell’otto volte campione del mondo è stato colpito dalla ruota anteriore della sua moto ed ha fatto crac. E da allora, purtroppo, è iniziato un calvario che lo tiene ancora lontano dalla sua RC213V.

Il pilota di Cervera era partito forte dalla prima fila e stava già scappando al resto del gruppo, ma al quinto giro ha perso l'anteriore alla curva 4, sfoderando l'ennesimo salvataggio clamoroso, che però lo ha fatto finire nella ghiaia e ripartire dalla 16esima posizione. A quel punto ha dato vita ad una rimonta furibonda, recuperando circa 8" a piloti del calibro di Maverick Vinales ed Andrea Dovizioso, ma proprio quando è arrivato nella scia dello spagnolo della Yamaha ha commesso un altro errore nello stesso punto del primo, innescando questa volta un highside che si è concluso nel peggiore dei modi.

E la domenica di Jerez è stata la cartolina perfetta di quello che avrebbe potuto essere e invece poi è stato: Marc ha dato l'ennesima prova del suo strapotere, almeno prima di esagerare, mentre la migliore delle altre RC213V non è andata oltre al decimo posto con Takaaki Nakagami. Insomma, la Honda con e senza il #93 è due facce completamente opposte della stessa medaglia.

Non è un caso quindi che l'infortunio di Marquez abbia dato il via all'anno peggiore della storia della HRC dalla sua fondazione, avvenuta nel lontano 1982. Per la prima volta da allora, infatti, la Casa dell'Ala dorata non è riuscita a centrare neppure una vittoria nella classe regina. Inoltre non è andata oltre al quinto posto nella classifica Costruttori. Ma non bisogna stupirsi, visto che le ultime 21 affermazioni del marchio sono tutte firmate Marc Marquez, il pilota che nel 2019 era stato capace di regalare a Honda la Tripla Corona praticamente da solo.

Il disastro del tentato recupero lampo

Marc Marquez, Repsol Honda Team

Marc Marquez, Repsol Honda Team

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

Parlando sempre di Marc, il peggio in realtà doveva ancora venire. L'infortunio di per sé non era una passeggiata, ma quel giorno nessuno poteva pensare che avrebbe assunto le proporzioni attuali e che lo avrebbe costretto a sottoporsi ad addirittura tre interventi chirurgici. Il primo è andato in scena due giorni dopo la gara, all'Ospedale Quiron Dexeus di Barcellona, e l'equipe del dottor Xavier Mir ha inserito una placca metallica per fissare l'osso fratturato.

Una soluzione sulla quale diversi colleghi chirurghi avevano manifestato una certa perplessità, sottolineando che l'inserimento di un chiodo intraosseo fosse quella più adatta. Questa opzione però era stata scartata anche per evitare di andare a toccare la spalla che era stata operata nel corso dell'inverno e che aveva richiesto un periodo di recupero più lungo del previsto.

Il peccato originale, però, non è stato neanche questo, ma la presuzione di dare a Marquez l'ok per provare a tornare in sella il weekend successivo, quando sempre a Jerez è andato in scena il Gran Premio di Andalusia. Marc è tornato in pista nella FP3 di sabato mattina, chiudendo 19esimo con un ritardo di poco meno di 1"3. Nella FP4 è riuscito a ridurre il gap a meno di un secondo, ma poi nella Q1 si è arreso dopo il giro di lancio, perché non aveva più forza nel braccio destro.

"Questa mattina abbiamo provato, ho visto che era fattibile, mi ero trovato bene e ho fatto un buon tempo. Faticavo di più nel time attack perché è più aggressivo rispetto al mantenimento del ritmo. Ma questo pomeriggio, per il caldo o per la stanchezza, quando sono uscito dal box ho capito subito che c’era qualcosa che non andava", ha detto a fine giornata sul suo forfait.

"Il braccio non aveva forza e, come avevo promesso a Honda, ho ascoltato il mio corpo e ho visto che poteva essere pericoloso. Quando c’è il pericolo di mezzo, è meglio fermarsi. Ho detto che se fossi uscito nel Q1 e le sensazioni non fossero state buone, non ci avrei provato e così è stato. Honda ha rispettato la mia decisione", ha aggiunto.

La placca cede e serve una seconda operazione

Marc Marquez, Repsol Honda

Marc Marquez, Repsol Honda

Photo by: Repsol Media

Il fatto che comunque in Andalusia fosse stato in grado di guidare aveva lasciato presagire un rientro vero e proprio nella terza gara stagionale, a Brno, ma all'orizzonte si stava già profilando una mazzata. Il 3 agosto, infatti, Marquez è stato costretto a tornare sotto ai ferri del chirurgo per sostituire la placca inserita nel primo intervento, che ha accusato un cedimento.

Ovviamente la Honda si è subito affrettata a smentire che l'errore fosse stato il rientro lampo di Jerez, ma la causa della rottura ipotizzata dal team manager Alberto Puig non è stata troppo convincente fin da subito. "E' successo durante un gesto domestico, a casa sua, stava aprendo una finestra. Ha sentito molto dolore e più tardi ha scoperto che si era rotta la placca", ha detto il manager della Honda, prima di aggiungere: "Probabilmente è stato un eccesso di stress che lo ha fatto accadere".

"Marc è tornato a Jerez seguendo le indicazioni dei medici e non hanno mai pensato che la placca si potesse rompere. Se l'avessero saputo, i medici e la Honda non l'avrebbero permesso, ovviamente. Ora è molto facile guardare indietro e parlare del passato, ma è da codardi. La placca non si è rotta lì, si è rotta a casa" ha ribadito Puig.

Quale che sia la spiegazione, quel che è certo è che stata una battuta d’arresto pesante, perché inizialmente la Honda ha parlato della speranza di rimetterlo in sella in un lasso di tempo compreso tra i due ed i tre mesi, ma solo quando la frattura si fosse completamente rinsaldata. Uno scenario che lasciava aperto uno spiraglio per un ritorno a cavallo tra Valencia ed il gran finale di Portimao. Ma la realtà dei fatti non lo ha più visto rimontare in sella per tutto il 2020.

Con il senno di poi, infatti, lo stesso Marc è stato molto onesto e in un'intervista concessa recentemente a DAZN ha ammesso di aver avuto troppa fretta di rientrare: "Quest'anno mi ha insegnato molte cose. La prima è che il tentantivo di tornare dopo l'infortunio è stato precipitoso. Ho rotto la placca in casa, aprendo una porta scorrevole per uscire in giardino. Ma la placca non si è rotta lì, ma come conseguenza dello stress che si è creato a Jerez. Cercare di tornare a Jerez è stato un errore".

"Cosa ho imparato? Che noi piloti abbiamo una virtù ed un difetto, cioè che non vediamo la paura, quindi devono farcela vedere. Dopo la prima operazione, la domanda di ogni pilota è: quando posso tornare in moto? Ed è il medico che deve saper frenare, che deve essere realistico. Sono andato a Jerez con la sicurezza che la placca avrebbe retto, perché mi avevano detto così. Sono coraggioso, ma non sono incosciente. Se mi avessero detto che la placca poteva rompersi, non sarei salito su una moto a 300 km/h", ha aggiunto.

La terza operazione e l'infezione

Marc Márquez e Alex Márquez nel gioco de la scatola delle sorprese

Marc Márquez e Alex Márquez nel gioco de la scatola delle sorprese

Photo by: Repsol Media

A conferma dell'errore, queste dichiarazioni sono state rilasciate da Marc solo pochi giorni prima dell'ennesimo capitolo della saga, la terza operazione. Il 3 dicembre Marquez è tornato in sala operatoria, questa volta all'Hospital Ruber Internacional di Madrid, con un'equipe medica completamente differente.

L'intervento è stato delicato ed è durato circa 8 ore, perché non solo è stata sostituita un'altra volta la placca metallica, ma è stato fatto anche un trapianto osseo volto a cercare di favorire la formazione del callo, cosa che a quanto pare non aveva fatto particolari progressi negli ultimi mesi.

Come se non bastasse, durante l'operazione, i dottori si sono accorti che sull'omero di Marc era presente un'infezione in prossimità della frattura. Situazione che lo ha obbligato a rimanere ricoverato in ospedale per ben 10 giorni, seguendo un trattamento antibiotico, che ora proseguirà a casa sua, a Cervera.

In questo caso, tanto lui che la Honda, hanno preferito non fare tabelle di marcia su un potenziale rientro, anche se diversi specialisti hanno ipotizzato delle tempistiche di circa sei mesi, che se confermate potrebbero imporgli di saltare le prime 3-4 gare del 2021. Ma anche un rientro che avverrebbe dopo quasi un anno senza guidare una MotoGP, quindi con tante incognite che dovranno trovare una risposta.

La RC213V diventa più "umana" e Alex Marquez matura

Alex Marquez, Repsol Honda Team

Alex Marquez, Repsol Honda Team

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

Limitare la nostra analisi a quanto accaduto al più vecchio dei fratelli Marquez però sarebbe sbagliato perché, come spesso accade, i momenti di crisi sono quelli che permettono di trovare anche delle risorse insperate. Senza Marc, infatti, la Honda è stata costretta a cercare di rendere la RC213V una moto meno a misura di fenomeno e più a misura d'essere umano. E non è un caso che nella seconda parte della stagione sia venuto fuori qualcosa di interessante anche dal resto della truppa.

Alex Marquez è sempre stato un pilota che ha avuto bisogno di tempo per adattarsi ad un nuovo ambiente. In Moto3 il primo podio è arrivato al 21esimo GP, la prima vittoria al 28esimo e il Mondiale al terzo anno nella categoria (nel primo però disputò solo 11 GP). In Moto2 i tempi sono stati addirittura più lunghi, perché ci sono volute ben 32 gare per il primo podio e addirittura 40 per la prima vittoria, arrivata nel GP di Spagna del 2017. Senza dimenticare che ci sono volute cinque stagioni per vederlo campione del mondo.

Partendo da questa base, possiamo quasi dire che il più giovane dei fratelli di Cervera ha bruciato le tappe in MotoGP. Nella classe regina, infatti, il primo podio è arrivato a Le Mans, alla sua nona uscita, ma è stato frutto di una grande prestazione sotto alla pioggia. E il bagnato è sempre stato uno dei cavalli di battaglia di Alex, che infatti non aveva voluto dare troppo peso alla cosa. Anche perché si trattava di un risultato arrivato dopo una prima parte di stagione davvero difficilissima.

"Ho sempre creduto che il podio fosse possibile e più che altro, visto come sta andando la stagione, sapevo che avrei dovuto sfruttare le opportunità come oggi. Non mi sento vendicato, un podio sull'acqua non significa molto, ma ti fa continuare a crederci. Ho fatto il salto in MotoGP al momento giusto e stiamo facendo le cose per bene", ha detto Alex, facendo riferimento anche alle tante critiche ricevute nella prima parte del 2020.

Il risultato del GP di Francia, però, sembra averlo sbloccato definitivamente, perché nella gara successiva, a Motorland Aragon, è stato capace di lottare per la vittoria con Alex Rins praticamente fino alla fine, riuscendo a piazzarsi secondo dopo aver sfoderato una grande rimonta dall'11esima casella dello schieramento di partenza.

Dopo la gara, Alex ha dato un indizio importante su questa crescita, iniziata dopo che nei test di Misano è stata provata una nuova sospensione posteriore, che ha magicamente reso la RC213V più a misura di umano e non solo di quel fenomeno di nome Marc. E i risultati hanno iniziato a vedersi subito: "Nel test di Misano abbiamo fatto uno step importante. Non abbiamo provato niente di rivoluzionario, abbiamo fatto solo un tentativo per avvicinarci al set-up di Marc".

"Ma è altrettanto vero che anche io e Nakagami abbiamo fatto uno step a livello di comprensione della moto e di come va guidata. Su questa Honda devi essere un pilota molto completo ed è anche per questo che Marc fa tanti errori nelle prove libere, perché è sempre al limite su tutto. Io sono molto contento di essere salito sul podio con questa moto, che è difficile, ma ha il potenziale per farlo", ha aggiunto Alex.

Nelle ultime gare della stagione i risultati non sono stati altrettanto esaltanti, ma Alex ha senza dubbio dato la sensazione di essere molto più padrone della situazione e quindi ora c'è la curiosità di vedere cosa sarà in grado di fare l'anno prossimo, quando passerà a difendere i colori del Team LCR, dove potrà proseguire la sua maturazione senza avere addosso la pressione del Factory Team.

La HRC accoglierà invece Pol Espargaro, reduce probabilmente dalla sua miglior stagione nella classe regina, nella quale ha saputo regalare cinque podi e due pole position alla KTM prima di salutare la Casa di Mattighofen dopo quattro anni insieme. La decisione di Alberto Puig di sostituire Marquez Jr ancora prima che iniziasse il campionato è stata molto dibattuta e, dopo i due podi, qualcuno aveva anche ipotizzato un ripensamento, anche se con il senno di poi forse la Honda ha trovato un ottimo bilanciamento. Questo però ce lo dirà solo il 2021.

Nakagami si merita sul campo la RC213V Factory

Takaaki Nakagami, Team LCR Honda

Takaaki Nakagami, Team LCR Honda

Photo by: MotoGP

La nota più lieta nel 2020 della Honda è stata senza ombra di dubbio la crescita di Takaaki Nakagami, perché il giapponese è andato sicuramente oltre quelle che potevano essere le ragionevoli aspettative su di lui. Ha mancato l'appuntamento con il primo podio in MotoGP, ma la sensazione che ha lasciato alla fine dell'anno è che si tratti solo di questione di tempo.

Il giapponese si sta rendendo protagonista di una progressione che è piuttosto chiara anche nei numeri: 33 punti nel 2018, 74 nel 2019 e ben 116 nel 2020, con appena 14 GP disputati. Ma il dato importante della stagione di "Taka" è che, tolti i due ritiri del GP di Teruel e di quello della Comunità Valenciana, nelle altre 12 gare si è sempre piazzato nella top 10, con due quarti posti, nel GP di Stiria ed in quello d'Europa, come migliori risultati.

Il rovescio della medaglia è che le due gare in cui ha commesso degli errori sono probabilmente quelle in cui aveva più chance di raccogliere qualcosa di importante, come quel podio che in questo pazzo 2020 sono stati in grado di ottenere ben 15 piloti della griglia. Nella seconda tappa sul tracciato di Motorland Aragon ha infatti firmato la sua prima pole position nella classe regina, ma è caduto dopo appena quattro curve nel tentativo di mantenere la leadership.

Nella seconda gara disputata a Valencia invece è scivolato nel corso del 19esimo giro, proprio mentre attaccava Pol Espargaro nella battaglia per la terza posizione. Come lui stesso ha ammesso dopo il clamoroso errore di Aragon, deve ancora abituarsi alla pressione che genera lottare per le posizioni che contano in MotoGP e le relative attenzioni anche da parte dei media.

"Prima della gara, era la prima volta che sentivo una pressione incredibile dall'esterno e non sono riuscito a gestirla. Questo è il motivo per cui ho fatto questo stupido errore, dal quale devo imparare per il futuro. In gara forse ero troppo nervoso, o forse non riuscivo a controllare il mio feeling", ha detto Nakagami.

"La prossima volta che riuscirò a partire dalla pole position, dovrò ricordare questa sensazione e cercare di combatterla, visto che oggi mi ha portato a fare un errore al primo giro. Questa esperienza mi aiuterà molto. E potrà aiutarmi a provare a gestire meglio la pressione in futuro. Oggi, purtroppo, non sono riuscito a controllarla, ma in futuro, se ci riuscirò, potrò vincere molte gare", ha aggiunto.

Se ne saprà effettivamente farne tesoro, le occasioni non mancheranno, visto che dall'anno prossimo avrà anche lui a disposizione una RC213V in versione Factory, quindi identica a quelle dei piloti ufficiali, mentre in questa stagione si è dovuto accontentare di una 2019. Una promozione che si è guadagnato con pieno merito, risultando il migliore tra i piloti Honda per la maggior parte del 2020, oltre che nella classifica finale.

L'addio di Crutchlow è un calvario

Cal Crutchlow, Team LCR Honda dopo la caduta

Cal Crutchlow, Team LCR Honda dopo la caduta

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

Se escludiamo Marc Marquez, il più sfortunato dei piloti Honda è stato Cal Crutchlow. Il britannico non ha potuto chiudere nel migliore dei modi l'avventura di sei anni con la squadra di Lucio Cecchinello e con la Casa giapponese, perché è stato tormentato dagli infortuni praticamente per tutto il campionato, oltre che dal sapere ancora prima di cominciare di essere stato "fatto fuori" in ottica 2021.

E l'inizio non è stato dei migliori, perché in una caduta avvenuta nel Warm-Up della gara inaugurale, a Jerez, si è procurato la frattura dello scafoide sinistro, che lo ha costretto a saltare il GP di Spagna e a sottoporsi ad un intervento chirurgico, disputando così i primi appuntamenti ad handicap.

Dopo aver raccolto la miseria di 7 punti nei primi cinque round, si è sottoposto ad un secondo intervento, questa volta per risolvere un problema di sindrome compartimentale al braccio destro (con tanto di video e foto horror sui social). E anche questa volta è stato davvero sfortunato: dopo essersi presentato regolarmente a Misano, la rinuncia alle due gare sul Marco Simoncelli è stata inevitabile, perché la ferita non si era ancora rimarginata a dovere e c'era un grande rischio di infezione.

Come se non bastasse, a Barcellona la Dea Bendata gli ha definitivamente voltato le spalle: dopo essere stato dichiarato "fit" e quindi abile a tornare in sella, Cal si è girato la caviglia sinistra uscendo dalla cabina per il test COVID-19, procurandosi un infortunio ai legamenti, che comunque non è riuscito a tenerlo giù dalla sua RC213V per il fine settimana.

Finita qui? Assolutamente no! Durante il Gran Premio di Teruel, secondo round a Motorland Aragon, ha accusato un improvviso dolore alla spalla destra.Gli accertamenti a cui si è sottoposto hanno mostrato la rottura di un legamento, ma anche in questo caso Cal, da vero British, ha stretto i denti ed ha portato a termine una stagione veramente avara di soddisfazioni.

32 punti è il suo minimo storico nella classe regina, con appena due piazzamenti nella top 10, ma fare di più sarebbe stato davvero impossibile in queste condizioni. E questo non toglie nulla a quello che era riuscito a fare prima in sella alla RC213V, conquistando tre vittorie ed altri nove piazzamenti a podio. Il lungo addio del weekend di Portimao, infatti, è stato davvero emozionante.

Il prossimo capitolo è un ritorno alle origini. Nel 2021 tornerà a vestire i colori della Yamaha, con cui è stato campione in Supersport, ha vinto gare in Superbike ed ha fatto il suo esordio in MotoGP. Cal sarà il collaudatore della Casa di Iwata, che lo ha preferito a Jorge Lorenzo, con il quale c'è stato anche un botta e risposta piuttosto acceso una volta che la cosa è stata ufficializzata.

Una scelta di vita per Crutchlow, che ha deciso di dedicare più tempo alla sua famiglia, trovando la soluzione giusta per continuare a divertirsi in sella ad una MotoGP e rinunciando anche ad un posto da pilota ufficiale che gli era stato invece offerto dall'Aprilia, con la quale aveva inizialmente firmato un pre-accordo, scaduto poi con la fine del mese di ottobre.

"Credo di aver preso la decisione giusta. Bisogna seguire il proprio cuore ed i propri sentimenti. E ho scelto in una maniera differente da quella che si sarebbero aspettati tutti probabilmente", ha tagliato corto Cal.

Anche se il racconto che resterà più emblematico in questo senso è quello di quando ha rivelato alla figlia Willow che avrebbe smesso: "Era sedura sul sedile posteriore dell'auto e gli abbiamo detto che non avrei corso l'anno prossimo. Lei ha detto: 'Questo significa che sarai di più a casa?'. Ho detto sì e lei piangeva lacrime di gioia. Quindi, questa è la conferma che ho preso la decisione migliore per me, la mia famiglia ed il mio futuro".

La mancanza di un personaggio genuino e mai banale come lui, però, si sentirà sicuramente nel paddock.

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