Iscriviti

Sign up for free

  • Get quick access to your favorite articles

  • Manage alerts on breaking news and favorite drivers

  • Make your voice heard with article commenting.

Motorsport prime

Discover premium content
Iscriviti

Edizione

Italia
Analisi

Ducati: il Costruttori è un contentino o vera gloria?

La Casa di Borgo Panigale si è portata a casa il titolo Costruttori al termine di un'annata che sembrava poter essere quella "giusta", complice l'assenza di Marquez. Tra le tensioni con Dovizioso e le difficoltà ad adattarsi alla nuova gomma posteriore ha raccolto meno del previsto. Nel 2021 però aprirà un nuovo capitolo con rinnovata fiducia.

Andrea Dovizioso, Ducati Team

Andrea Dovizioso, Ducati Team

Gold and Goose / Motorsport Images

C'eravamo tanto amati è il titolo di una commedia italiana degli anni '70, ma potrebbe calzare bene anche all'epilogo dell'avventura di Andrea Dovizioso in Ducati. Insieme hanno saputo rialzarsi dalle macerie lasciate dal disastroso biennio Rosso di Valentino Rossi, fino ad arrivare all'esaltante cavalcata del 2017, con sei vittorie e la resa a Marc Marquez arrivata solamente nell'atto conclusivo di Valencia.

Da quel momento, nonostante la Desmosedici GP fosse a detta di molti la moto di riferimento nel 2018, capace di conquistare sette vittorie tra Dovizioso ed il compagno Jorge Lorenzo, qualcosa ha iniziato ad incrinarsi tra il forlivese ed il grande capo del reparto corse, Gigi Dall'Igna.

Una situazione che è peggiorata con il passare del tempo, anche se Andrea è riuscito a chiudere da vice-campione anche nel 2018 e nel 2019. Le prime avvisaglie di una possibile rottura sono arrivate già alla presentazione del team di quest'anno, e bastava osservare la tuta di Dovizioso per rendersene conto: al posto dell'ormai storico soprannome "Desmodovi", una vera e propria fusione dell’anima desmodromica della Rossa e di Dovi, è apparso l'inedito "Undaunted", ovvero indomito, legato esclusivamente al carattere del pilota. Un primo segnale di distaccamento.

Logo sulla Tuta di Dovizioso

Logo sulla Tuta di Dovizioso

Photo by: Matteo Nugnes

Ma che si fosse rotto qualcosa lo si poteva capire anche dal fatto che, mentre Honda e Yamaha hanno immediatamente blindato i loro piloti nel corso dell’inverno, i vertici della Rossa non mostravano la minima fretta a mettere la firma sul rinnovo del pilota romagnolo. E forse questa fase di stallo, e la successiva decisione di separarsi, sono stati la pietra angolare di una stagione indubbiamente al di sotto delle aspettative, nonostante abbia fruttato un titolo Costruttori, il primo alloro dopo la "Tripla Corona" del 2007, che comunque resta una magra consolazione nell'anno in cui in pista non c'era lo storico rivale della Honda.

Chiaramente, non si può rincodurre il tutto a questo, perché i problemi di adattamento alla nuova gomma posteriore introdotta dalla Michelin sono un dato oggettivo, ma forse questo è stato un po' il peccato originale, perché invece che compattarsi quando si è capito che Marquez sarebbe stato fuori dai giochi a lungo, la Ducati ed il suo condottiero si sono allontanati sempre di più, fino a rendere questa frattura insanabile.

Le dichiarazioni delle ultime settimane hanno reso evidenti le differenze di vedute di Dovizioso e di Dall'Igna. Parlando della Suzuki, dopo che Joan Mir è stato incoronato campione del mondo a Valencia, il forlivese aveva mandato un messaggio forte e chiaro ai vertici bolognesi.

"Suzuki ha mostrato che si può vincere il Mondiale lavorando su certe basi che, tra virgolette, possono sembrare banali o basilari, ma lavorando bene su certe cose, senza avere il bisogno di inventarsi chissà cosa, puoi essere molto competitivo come sono stati tutto l'anno i suoi piloti. Non voglio entrare troppo nei dettagli della cosa, ma basta guardare le moto per capirlo. La Suzuki è la più semplice in tutti gli aspetti, però il risultato è quello che hanno colto oggi".

E se si va a guardare quello che il Direttore Generale di Ducati ha detto commentando la conquista del titolo Costruttori, sembra quasi una risposta diretta al suo ormai ex pilota: "La vittoria del titolo Mondiale Costruttori è sicuramente un traguardo importante per Ducati perché dimostra la validità delle innovazioni tecnologiche sviluppate in questi anni e presenti oggi sulla Desmosedici GP".

Ma forse ancora più emblematiche sono le parole di Dovizioso dopo la gara conclusiva di Portimao: "Pensare di continuare con Ducati in questa situazione, non è quello che avrei voluto. Se non ti senti comodo e non sei d'accordo su certe cose, non doverci avere più niente a che fare ti fa sentire più leggero. Questa situazione finisce oggi e non la vivo male per questo motivo qui". Parole che fanno male alla conclusione di un rapporto di ben 8 anni, che ha fruttato la bellezza di 14 vittorie insieme, ma che danno benissimo l’idea della situazione che si era venuta a creare nel box della Rossa. Una situazione nella quale pensare di andare concretamente all’assalto del Mondiale era davvero un’utopia.

Petrucci scaricato prima dell’inizio della stagione

Danilo Petrucci, Ducati Team

Danilo Petrucci, Ducati Team

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

Bisogna dire che anche per Danilo Petrucci la situazione non è stata troppo differente, perché il pilota di Terni è stato scaricato ancora prima che iniziasse la stagione, quando gli è stato comunicato che non faceva più parte dei piani del marchio per il 2021. Un’ulteriore mazzata per "Petrux", che già lo scorso anno non aveva nascosto che il calo della seconda metà di stagione era stato in parte dovuto all’aver sentito poca fiducia da parte della Ducati, con un rinnovo per il 2020 che tardava ad arrivare nonostante la bellissima vittoria del Mugello ed altri due podi nelle prime sei gare della stagione.

Il rendimento deludente di quest’anno è sicuramente figlio anche di questo, oltre che della famigerata gomma posteriore, anche se certamente Danilo ha avuto parole più dolci per un marchio che comunque aveva creduto in lui nel 2015, quando era reduce da un triennio con la Iodaracing, su un mezzo sul quale era davvero complicato riuscire a scorgere il suo talento, e da lì lo ha portato ad essere addirittura un pilota ufficiale.

"A posteriori è facile dire dove si poteva fare meglio, ma ho dato sempre il massimo. A volte mi è venuto bene, tante altre volte no. Comunque non posso che ringraziare Ducati per questi sei anni, soprattutto per le due vittorie, perché vincere in MotoGP è un sogno che rincorrevo da quando ero un bambino" ha detto Danilo.

Anche in un’annata decisamente in ombra, nella quale ha concluso nella top 10 appena sei delle 14 gare disputate, il pilota umbro ha saputo piazzare almeno una bella zampata: quando a Le Mans è arrivata la pioggia, sapeva che era la sua grande occasione e non l’ha sprecata, conquistando il suo secondo successo nella classe regina e regalando alla Ducati 25 punti che si sono rivelati preziosissimi nella corsa al Costruttori.

La nuova gomma posteriore è stata un problema reale

Andrea Dovizioso, Ducati Team

Andrea Dovizioso, Ducati Team

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

A prescindere da questa situazione, bisogna dire che anche dal punto di vista tecnico non è stata una stagione semplice. La nuova costruzione della gomma posteriore imponeva uno stile di guida differente da quello richiesto nel triennio precedente, oltre ad imporre delle strade diverse anche a livello di assetto. E la cosa incredibile è che su questo aspetto si sono arenati di più i due piloti della squadra ufficiale che quelli del Pramac Racing, Jack Miller e Pecco Bagnaia, che saranno i loro eredi nel 2020. Anche se poi va detto che le uniche due vittorie sono arrivate dalle Desmosedici GP "rosse".

Dovizioso ha detto quasi subito che con questa gomma i suoi punti forti si erano praticamente trasformati in quelli deboli: "Il mio punto forte è sempre stato la frenata ed è quello su cui sto facendo tanta fatica. Non riesco ad essere costante e ad approcciare la frenata in un modo redditizio. Di conseguenza, essendo tutti così vicini e così veloci, basta un niente e resti fuori dalla top 10, poi non riesci ad entrare in Q2 e parti indietro. Poi puoi avere anche un buon passo, ma poi a quel punto non ci puoi fare niente in gara".

A confermare che in gara il ritmo era spesso migliore di quanto mostrato al sabato, sono ben 57 le posizioni che Andrea ha recuperato nell'arco della stagione rispetto a quella che occupava sullo schieramento di partenza. Ma il quarto posto nel Mondiale è stato sicuramente più frutto della capacità di raccogliere sempre punti (ad eccezione di Barcellona, dove è stato steso alla seconda curva da Johann Zarco), che di prestazioni eclatanti. Le uniche note realmente liete sono state la vittoria in Austria ed il podio nella gara inaugurale di Jerez. Troppo poco per chi comunque era considerato il grande favorito dopo il ko di Marquez. Anzi, nella seconda gara al Red Bull Ring è stata anche violata l’imbattibilità su quello che dal 2016 era sempre stato un "fortino" rosso.

Bagnaia sembrava la "cura"

Francesco Bagnaia, Pramac Racing

Francesco Bagnaia, Pramac Racing

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

Nella prima fase del campionato, quello che sembra aver capito meglio come sfruttare il potenziale della Desmosedici GP con la nuova gomma posteriore è stato senza ombra di dubbio Pecco Bagnaia, secondo nella Gran Premio di San Marino, ma fermato sul più bello in quello d’Andalusia ed in quello dell’Emilia Romagna: a Jerez, pista storicamente ostica per la Ducati, era saldamente in seconda posizione quando il suo motore è andato in fumo, mentre a Misano sembrava lanciatissimo verso la sua prima vittoria, ma è scivolato a pochi giri dal termine. Senza dimenticare che era stato costretto a saltare per infortunio le due gare sulla carta più favorevoli, quelle del Red Bull Ring.

"Lo scorso anno il mio problema era proprio la frenata e ho lavorato molto su questo aspetto. Ora riesco a fermare di più la moto nella prima parte di frenata, cercando di non fare scivolare troppo il posteriore", aveva spiegato Pecco proprio dopo il ritiro di Jerez, aggiungendo un dettaglio non da poco: "Una bella cosa di questo weekend è che mi sono sentito un pilota di MotoGP a tutti gli effetti, di quelli forti veramente".

Insomma, al campione del mondo 2018 della Moto2 riusciva proprio quello che era diventato impossibile da fare per Dovizioso. Anche se, secondo il #04, Pecco è stato favorito anche dal fatto di avere pochi automatisti, essendo solo al suo secondo anno in MotoGP, mentre lui ha dovuto mettere da parte tutti quelli che si era costruito nel triennio migliore della sua carriera.

"Negli ultimi 3 anni abbiamo lavorato tanto per utilizzare di più l’anteriore perché il posteriore non aveva molto grip, mentre adesso ci troviamo in una situazione completamente opposta. Per questo motivo guidare così non è istintivo. Anche quando vedo i dati so cosa devo fare, ma farlo in pista è difficile", ha detto Dovizioso in occasione del weekend di Misano.

I problemi della "stagione invernale"

Andrea Dovizioso, Ducati Team

Andrea Dovizioso, Ducati Team

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

Proprio sul più bello, quando la Ducati ha deciso di puntare su Bagnaia per il post-Dovizioso, ci si è messo il clima a rovinare l’idillio. A partire dal Gran Premio di Catalogna le temperature si sono abbassate in maniera repentina e le Rosse sono state le moto che ne hanno risentito maggiormente, cosa dimostrata dai risultati deludenti di tutta la truppa nelle qualifiche di Barcellona e nella doppia trasferta di Motorland Aragon.

La Desmosedici GP è una moto più "dolce" di altre con la gomma anteriore, ma quello che può essere un vantaggio quando le temperature vanno alle stelle, diventa un handicap davvero grande quando invece il termometro scende sotto ai dieci gradi come è successo alle porte di Alcaniz. A quel punto diventa davvero complicato riuscire a portare la gomma nella giusta finestra di esercizio, ed è questo il problema che ha tormentato soprattutto Bagnaia nella parte conclusiva del campionato.

"Bisogna riuscire ad entrare in pista e spingere al 100% già dall'out lap, perché se la gomma va giù di temperatura fai molta fatica a riportarla sù e ci vogliono tanti giri per farlo. Se invece riesci ad essere subito veloce, la gomma si scalda in fretta e non hai più problemi. Il limite è che senti l'anteriore che ti scappa un po', quindi c'è il rischio di cadere ed è un qualcosa che cerchi sempre di evitare", aveva spiegato Pecco dopo la prima delle due gare di Aragon.

Questo però non deve preoccupare più di tanto in ottica futura, perché ora che la MotoGP ha un protocollo anti-COVID che funziona, e lo ha dimostrato il fatto che l’ultima tripletta è stata disputata anche in un periodo in cui tanti paesi in Europa erano in un regime di semi-lockdown. Questo vuol dire che nella prossima stagione è auspicabile che si possa tornare a correre sui vari circuiti nel momento "giusto" dell’anno dal punto di vista climatico, almeno per quanto riguarda le tappe europee. E con il congelamento dei motori e dell’aerodinamica, i pacchetti tecnici saranno molto simili nel 2021, quindi è lecito ipotizzare che con il caldo ritroveremo il Bagnaia che aveva incantato fino a Misano.

Miller maturato, ma anche sfortunato

Jack Miller, Pramac Racing

Jack Miller, Pramac Racing

Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images

Quello che sicuramente ha dimostrato di essersi meritato il posto nella squadra ufficiale del 2021 a suon di risultati è Jack Miller. Quest’anno infatti l’australiano è stato molto meno "Jackass" e più concreto. Basta pensare che è stato nella top 10 in tutte le gare in cui ha visto la bandiera a scacchi, è salito quattro volte sul podio, e solo uno dei suoi quattro ritiri gli è effettivamente imputabile.

Si tratta di quello della seconda gara della stagione, a Jerez de la Frontera, nella quale è scivolato quando stava battagliando per le posizioni da podio. Per il resto è stato particolarmente sfortunato: nella seconda gara di Misano un tear-off della visiera di Fabio Quartararo è andato ad ostruire il filtro dell’aria del motore, obbligandolo ad alzare bandiera bianca. A Le Mans si stava addirittura giocando la vittoria, ma anche in questo caso è andato ko il propulsore, mentre la seconda gara di Aragon è durata solo poche centinaia di metri, prima che venisse letteralmente abbattuto da Brad Binder alla curva 2.

Alla luce di questi tre zero in cui era stato assolutamente incolpevole, è lecito dire che avrebbe potuto ambire ad un posto sul podio iridato, visto che i 132 punti che gli sono valsi il settimo posto nel Mondiale sono appena 7 in meno di quelli di Alex Rins, che invece si è piazzato terzo. E i due secondi posti con cui ha concluso la stagione, a Valencia e Portimao, battagliando fino all’ultimo metro con Franco Morbidelli, sono sicuramente un ottimo biglietto da visita con cui presentarsi a Borgo Panigale.

Jack però non sembra troppo preoccupato delle responsabilità che lo attenderanno, perché in parte il suo coinvolgimento nello sviluppo era già iniziato: "Guardo avanti con entusiasmo. Penso che quest’anno in parte mi ha già fatto assumere un ruolo più importante, mi sono state già passate le redini anche se non indosso i colori ufficiali. Sento già la responsabilità e l’ho sentita anche oggi per il titolo costruttori Ducati. Credo che già questo sia una grande responsabilità", ha detto dopo l’ultima gara di Portimao.

Una "cantera" di primissimo livello

Luca Marini, Sky Racing Team VR46 livery unveil

Luca Marini, Sky Racing Team VR46 livery unveil

Photo by: SKY Racing Team VR46

Con la decisione di rompere con il passato ed aprire un nuovo ciclo, proprio Miller, che a 26 anni affronterà la sua settima stagione nella classe regina, sarà chiamato ad essere il volto esperto della rinnovata Ducati, che il prossimo anno si presenterà al via con ben tre esordienti. Ma almeno da questo punto di vista bisogna dire che le scelte sono state davvero lungimiranti, perché arriveranno tre dei primi cinque piloti della classifica iridata della Moto2.

Sulle due Desmosedici GP del Team Esponsorama, con il pacchetto 2019 Evo, in pratica quello che ha avuto a disposizione Johann Zarco in questa stagione, ci saranno il campione del mondo Enea Bastianini e Luca Marini, due dei principali talenti del vivaio tricolore. E’ vero che non disporranno di moto factory a tutti gli effetti, ma il francese ha già dimostrato in questa stagione che se guidata nel modo giusto può ancora regalare soddisfazioni, conquistando una pole position ed il terzo gradino del podio in quel di Brno.

Curiosamente, però, il pilota su cui la Ducati aveva puntato con maggior decisione è stato Jorge Martin, che invece avrà una moto identica a quelle ufficiali, ma con i colori del Pramac Racing, nel quale sarà affiancato proprio da Zarco, promosso dopo una prima annata positiva. Lo spagnolo è stato campione del mondo della Moto3 nel 2018 e quest’anno è stato estromesso prematuramente dalla lotta per il titolo della Moto2, ma solo perché la positività al COVID-19 lo ha costretto a saltare le due gare di Misano. Sul suo talento però sono pronti a scommettere in tanti, al punto che la per la Ducati non è stato facile strapparlo alla KTM, che aveva un’opzione nei suoi confronti. I semi quindi sono stati piantati, se sono rose fioriranno...

Be part of Motorsport community

Join the conversation
Articolo precedente MotoGP: perché Pol Espargaro non teme Marquez in Honda
Prossimo Articolo KTM conferma Pedrosa e Kallio come collaudatori MotoGP

Top Comments

Non ci sono ancora commenti. Perché non ne scrivi uno?

Sign up for free

  • Get quick access to your favorite articles

  • Manage alerts on breaking news and favorite drivers

  • Make your voice heard with article commenting.

Motorsport prime

Discover premium content
Iscriviti

Edizione

Italia