Ecco come Honda ha reso guidabile la moto di Marc Marquez
In soli pochi mesi, HRC è riuscita ad invertire la rotta trasformando la moto da guidabile solo per Marc Marquez ad efficace anche per suo fratello Alex.

L’infortunio di Marc Marquez e la sua lunga assenza hanno lasciato Honda in una situazione piuttosto complicata, quasi estrema, in cui è rimasta a tempo indeterminato senza l’unico pilota che, risultati alla mano, sembrava in grado di guidare la RC213V. Le critiche alla gestione dell’Ala Dorata sono cresciute settimana dopo settimana e la mancanza di alternative a Marquez (l’ultimo pilota Honda a vincere una gara oltre al catalano è stato Cal Crutchlow nel 2018 in Argentina) hanno alimentato la teoria che voleva che il prototipo di HRC fosse stato disegnato unicamente per la gloria dello spagnolo.
Questo ragionamento è logico se teniamo in considerazione le statistiche: le ultime 21 vittorie di Honda in MotoGP portano proprio la firma di Marquez. In tutto ciò Pedrosa nella sua ultima stagione, il 2018, non ha conquistato alcun podio e lo stesso è successo a Jorge Lorenzo nel 2019. Le critiche verso il costruttore giapponese a questo punto erano logiche. La conclusione più condivisa è stata che la strategia aveva fatto diventare Honda ostaggio di Marquez, con il rischio di crollare nel momento in cui si è infortunato a Jerez.
Il campione del mondo in carica non è totalmente d’accordo con questa teoria; ammette che il prototipo non è facile, ma non condivide il fatto che solo lui possa trarre il massimo dalle sue prestazioni e dichiara: “Se si analizzano gli ultimi dieci anni, la strategia di Honda è stata perfetta. È il team che ha vinto più campionato, più di ogni altro costruttore. La moto è buona, ma bisogna essere fisicamente al 100% per guidarla al limite, perché è molto impegnativa. Tuttavia, quando lo fai, le sensazioni sono buone e si può andare veloce”.
Questa tesi è avallata da Mick Doohan, cinque volte campione del mondo in 500cc, sempre fedele a HRC e che ha dichiarato ad Autosport/Motorsport.com: “C’è stato un momento in cui ci sono stati sette piloti Honda in griglia, ma ce n’era solo uno che vinceva in maniera costante. Marc ha ragione quando dice che la moto non è facile, ma anche vincere il mondiale non è semplice. Honda sviluppa la moto a partire dalle indicazioni del pilota che va più veloce e che vince. Se gli altri non riescono a guidarla, non è colpa di Honda”.

Alex Márquez, Repsol Honda Team
Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images
Fino alla scorsa settimana, prima del Gran Premio di Francia, i risultati davano ragione a tutti coloro che affermavano che i numeri di questa stagione dimostravano che il costruttore giapponese si era sbagliato. L’assenza di Marquez ha costretto gli ingegneri di HRC a provare a capire le necessità degli altri piloti ed in questo senso la maggior parte dell’attenzione si è concentrata su Takaaki Nakagami e su Alex Marquez. Il pilota giapponese, quinto in classifica a 29 punti dal leader Joan Mir, è stato fino a questo momento il più regolare. Tuttavia, i due podi consecutivi del minore dei fratelli Marquez, soprattutto quello del Gran Premio di Aragon sull’asciutto dopo una rimonta, confermano l’indiscutibile passo in avanti fatto da Alex.
In questo senso, il test di Misano di settembre ha segnato un prima ed un dopo per il più piccolo dei Marquez. In quell’occasione, Honda aveva portato diversi telai, una nuova sospensione posteriore, alcuni miglioramenti dell’elettronica e aveva modificato la distanza tra gli assi per adeguare la modo all’altezza del pilota, che arriva quasi al metro ed ottanta.
Dopo i test e tra le due gare di Misano, Alex aveva spiegato come sarebbe la sua moto ideale: “Mi piacerebbe frenare più tardi, accelerare prima e che girasse un pochino meglio. Questa sarebbe la moto perfetta, ma bisogna saper sfruttare i punti forti che abbiamo e perdere il meno possibile in altre aree. Ora che ho maggiore esperienza e ho fatto un test, spero di poter dare indicazioni più concrete e vedere dove possiamo migliorare”.
Il miglioramento è stato istantaneo. Dal finire 17esimo nella prima gara di Misano, Alex ha tagliato il traguardo del secondo appuntamento sulla pista romagnola abbassando il suo tempo di 22 secondi. Un altro elemento di confronto è rappresentato dal fatto che il distacco da Nakagami è passato dai 12 secondi di Misano 1 ad un solo secondo la settimana successiva.
Inoltre, il piccolo dei Marquez ha condotto per la prima volta una prova, il warm up della domenica mattina. Questo ha rappresentato senza dubbio una iniezione di fiducia. Ad ogni modo, l’indubbia conferma dei miglioramenti è arrivata a Le Mans ed Aragaon, con i due primi podi in MotoGP ed i primi di Honda in questo 2020.
Ma cosa è cambiato perché una moto che sembrava inguidabile abbia permesso ad un esordiente di portarla dove voleva a MotorLand? Secondo Cal Crutchlow, i buoni risultati di Alex sono frutto del talento di un due volte campione del mondo: “Tutti i piloti Honda hanno piò o meno lo stesso materiale. Alex sta guidando molto bene, semplicemente. Non abbiamo fatto un miracolo, non sono stati introdotte novità importanti”.
Tuttavia, il britannico ha riconosciuto il fatto che Honda non ha mai smesso di lavorare: “Abbiamo una nuova sospensione posteriore che sembra andare meglio in determinate situazioni ed alcuni miglioramenti sull’elettronica. Cose qua e là che stanno portando, ma di base la configurazione della moto è la stessa che usiamo da tre anni”.
Ramon Aurin, ingegnere di pista dei due Marquez nel team Repsol Honda, elogia il suo pilota ma riconosce anche il lavoro continuo di HRC per fare in modo che il lavoro per chi è appena approdato alla classe regina sia più semplice. Ad Autosport/Motorsport.com commenta: “Alex ha gestito molto bene la gara ad aragon. Alla fine parliamo di un due volte campione del mondo, ha talento ed esperienza. Il miglioramento è arrivato, in parte, perché abbiamo trovato alcune cose nei test di Misano, alcune componenti che hanno funzionato. HRC ha aiutato molto. Il vantaggio che si ha quando ci si trova in un team ufficiale è che ti sostengono in tutto ciò che si può e provano a portare tutti i pezzi di cui si ha bisogno per accelerare l’adattamento. Questo è un vantaggio di cui Alex ha usufruito”.

Alex Márquez y Stefan Bradl, Repsol Honda
Photo by: Gold and Goose / Motorsport Images
Altre chiavi del progresso è il metodo di lavoro nel box, come afferma il tecnico: “Io non ho lavorato con Marc, ma in qualche modo, per quanto visto nel box, lui ed Alex vengono dalla stessa scuola. Sono molto organizzati, molto ordinati, devono avere tutto molto strutturato per l’allenamento. Quando devono commentare i miglioramenti della moto sono molto chiari, ‘questo serve, questo no’. Questa chiarezza aiuta molto. La verità è che è molto facile lavorare con lui”.
Anche Stefan Bradl, collaudatore Honda e sostituto temporaneo di Marc Marquez nel team Repsol, segnala che il test di Misano ha rappresentato un punto di svolta per la RC213V: “Alex sta usando questa ‘nuova’ messa a punto da Misano e sta andando sempre più veloce. Sta capendo molto bene la moto. ‘Chapeau’ a lui. Stiamos eguendo un po’ questo cammino, perché sembra che Honda funziona bene in questa direzione”.
“Honda è andata male negli ultimi mesi, senza Marc la situazione è più complicata. Ma continuiamo a lavorare senza abbatterci e sembra che stiamo trovando la direzione giusta. A Le Mans si è visto e Alex lo ha dimostrato ad Aragon, dove il ritmo è stato molto buono. Stiamo provando molte cose e stiamo trovando la direzione in cui lavorare. Ora Alex sta andando per la sua strada, se si ha qualcuno come Marc vicino è normale che segni un po’ la strada. Sono contento per Alex, perché per lui non è stato facile”.
Honda dunque è riuscita a trasformare una moto difficile e critica in una moto guidabile? Alex Marquex spiega: “Ora capisco perché tutti dicono che la Honda è una moto difficile. Bisogna essere forti in tutti i punti, non solo in alcuni, come succede con altre moto. Per questo è così impegnativa per i piloti, perché si deve andare al limite in tutto ciò che si fa, in accelerazione, in frenata, nel passo in curva. Con le altre moto forse ci si può rilassare in qualche momento, ma con Honda questo non succede. Fortunatamente, penso di stare iniziando a divertirmi guidando questa moto”.
“Il mio stile è diverso da quello di Marc. Sono più alto e magro, in alcuni punti conservo di più le gomme. Abbiamo problemi diversi, ma posso aiutare Honda a fare una moto più completa. Con Nakagami siamo d’accordo sul fatto che questo non è un anno perso. Bisogna sfatare il mito che vede Honda come una moto difficile”.