Ecco chi è Fabio Di Giannantonio, l'eroe a sorpresa del Mugello
Subito dopo aver conquistato il primo podio iridato, mancando la vittoria per appena 38 millesimi, il pilota del Gresini Racing ha concesso una chiacchierata molto interessante ai giornalisti italiani, delineando un po' il suo profilo.
Quest'anno praticamente ogni gara della Moto3 sta portando alla ribalta un nome nuovo, dimostrando che il livello degli esordienti è molto alto nella classe entrante. Al Mugello è stata la volta di Fabio Di Giannantonio, che ha ottenuto il suo primo podio iridato e sfiorato addirittura il colpaccio, arrendendosi a Brad Binder per soli 38 millesimi (la cosa curiosa è che quello che ha preso il distacco maggiore tra coloro che si sono piazzati secondi in Toscana...).
"Ancora non ci credo. Nel giro di rientro ho pianto come un bambino. E' stato bellissimo, questo podio nel Mondiale è sempre stato il mio sogno fin da bambino. Poi arrivare qui e farlo al Mugello è spettacolare" ha detto dopo la conferenza stampa il pilota del Gresini Racing, intrattenendosi con i giornalisti italiani, ai quali si è un po' raccontato.
Il 18enne romano ha parlato di sé come di un ragazzo normale, che però è stato costretto ad abbandonare la scuola: "Penso di esserlo sempre stato. E' solo da quest'anno che non vado più a scuola, perché prima del Qatar mi hanno detto che se avessi fatto un'altra assenza mi avrebbero bocciato, ma io dovevo partire per Losail, quindi era abbastanza impossibile. Per il resto faccio cose normali: mi alleno alla mattina, vedo gli amici al pomeriggio e la sera sto con la famiglia".
All'orizzonte però ora c'è l'idea di trasferirsi vicino alla sua squadra: "Alla fine vicino a Roma non ci sono molte piste per allenarsi, ma provo a sfruttare quelle che ci sono a disposizione. Poi vado anche in palestra, in bici, a correre. In ogni caso sto pianificando di trasferirmi vicino al reparto corse a Faenza, così posso stare un po' di più con il team ed allenarmi con Enea (Bastianini, il compagno di squadra, ndr)".
E, non a caso, c'è una dedica speciale per il risultato ottenuto nel GP d'Italia: "Questo secondo posto lo vorrei dedicare al mio capotecnico Fabrizio Cecchini, che in questi ultimi giorni mi ha accolto a casa sua come un figlio proprio per preparare la gara del Mugello".
L'obiettivo sembra essere quello di rimanere in questo ambiente piuttosto a lungo: "Voglio diventare un professionista, come tutti i ragazzi che ci sono qui. Per arrivare a fare certi risultati, bisogna essere sempre al top e nelle prime gare sono stato un po' un novellino. Ora mi sveglio prima, vado al box con la squadra".
E dire che quando aveva cinque anni le moto non le voleva vedere neanche da lontano: "La mia storia è un po' particolare: a mio padre piacevano tantissimo le moto ed andava a girare ogni tanto a Vallelunga. Quando ero piccolo, stava caricando una Suzuki con me in braccio e per ritarla su ha dato gas. A quel punto ha fatto un rumore terribile e mi sono spaventato, quindi non volevo più vedere le moto. Poi a cinque anni mio papà ha iniziato a portarmi alle piste di minimoto, ma io non volevo saperne. A cinque anni e mezzo mi ha finalmente convinto a salire e alla fine non sono più sceso".
Anche per quanto riguarda l'idolo motociclistico, Fabio si discosta abbastanza dalla massa, perché non cita i soliti Valentino Rossi, Jorge Lorenzo o Marc Marquez: "Il mio numero sarebbe il 21 (ora corre con il 4 perché quello era già impegnato da Pecco Bagnaia), quello di Troy Bayliss. Quando ero piccolo guardavo le sue gare e l'ho sempre reputato un grande. Ho avuto modo di conoscerlo di persona e sono rimasto stupito per com'è. Cerco di ispirarmi a lui, perché è sempre rimasto con i piedi per terra. E questa è una grande cosa per un campione del mondo".
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