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Solimè: "Non tornerò più a correre..."

Il pilota della Lamborghini racconta in esclusiva ad OmniCorse i terribili attimi dell'incidente al Paul Ricard

Ha una vertebra fratturata, un ginocchio che forse dovrà essere operato e un polmone malconcio, ma ce l’ha fatta. Andrea Solimè, il pilota 23enne di Cavriago coinvolto nel terribile incidente al Paul Ricard nel quale ha perso la vita Andrea Mamè, è ancora sotto shock e fortemente provato da quanto accaduto domenica sul tracciato francese a bordo della sua Lamborghini Gallardo Supertrofeo. Andrea non riesce ancora a star seduto e indossa un busto per la frattura composta alla vertebra, ma ha voluto raccontare ad OmniCorse quanto ricorda di quella terribile partenza. Ha un sorriso sincero e uno sguardo un po’ malinconico, di chi ha capito di essersi giocato il suo jolly e di essere un miracolato del motorsport. I postumi del terribile impatto si faranno sentire per i prossimi mesi - i medici al momento parlano di novanta giorni - l’immagine di quel muro avvicinarsi alla sua vettura a quasi 200 km/h e del collega scomparso Andrea Mamè resteranno forse indelebili nella sua memoria… Andrea, cosa ricordi dell’impatto avvenuto domenica al Paul Ricard a bordo della tua Lamborghini? "Ricordo tutto fino a quando ho sbattuto, sperando che la mia memoria non mi abbia fatto scherzi strani. Sono uscito dal tornantino affiancato a Laurent Jenny e con davanti Enrico Dell’Onte. Ho guardato negli specchietti, cosa che in partenza faccio spesso, e ho visto arrivare Andrea Mamè. Eravamo tutti pronti per la partenza lanciata e io ho dato gas quando tutti gli altri lo hanno fatto, sembrava che tutto stesse andando per il verso giusto e mi sono anche detto di aver fatto una buona partenza. Ho ricontrollato gli specchietti e ho visto Mamè spostarsi leggermente verso sinistra, manovra che in precedenza avevo fatto anche io per affiancarmi a Dell’Onte, ma a quel punto ho sentito una botta fortissima che quasi mi ha fatto perdere il senso dell’orientamento. Avevo appena inserito la quinta marcia a circa 200 km/h e la mia vettura, dopo l’impatto con quella di Mamè, si è avvitata centrando in pieno il muro dei box. Prima di sbattere con la portiera ho toccato il muro con l’anteriore della mia Gallardo e il mio ultimo ricordo è il grande urlo che ho tirato, dopo il vuoto. Non ho potuto agire in nessun modo, ho dovuto solo attendere che mi schiantassi e vi posso assicurare che è una sensazione che difficilmente riuscirò a rimuovere dalla memoria! Non sono ancora riuscito, e credo che per un po’ di tempo sarà così, a vedere le immagini della vettura…". Come ti hanno estratto dalla vettura? "Dell’estrazione dalla vettura ricordo poco e nulla, ma ho chiari i rumori che sentivo mentre tagliavano il roll-bar ed il sedile con le cesoie. La cellula di sicurezza della Gallardo per fortuna ha tenuto molto bene ed è anche per questo che posso essere qui a raccontare quanto mi è successo. Ci hanno messo quasi 45 minuti a tirarmi fuori e di quei frangenti ricordo solo i rumori e qualcuno che gridava il mio nome. Nell’incidente inoltre non ha aiutato il fatto di avere lo stesso nome ed un cognome simile a quello di Mamè. Uno strano gioco del destino che ha tenuto in apprensione gli amici ed i parenti presenti nei rispettivi box, dove arrivavano notizie confusionarie sulle nostre condizioni. Si sapeva che un Andrea fosse grave e l’altro molto grave, ma via radio non si riusciva a capire chi dei due stesse peggio. Io ho provato in qualche modo a far capire che fossi vivo rispondendo, ma per la mia famiglia e quella di Andrea sono stati attimi tremendi. Mi sono svegliato in ambulanza con mio padre accanto a me e un medico che mi stava inserendo nel braccio l’ago per la flebo: ho provato ad oppormi, perché ho la fobia degli aghi, ma hanno proceduto ugualmente [sorride NdR]". Difficile ricercare le cause dell’incidente, è stata aperta anche un’inchiesta, ma non è stato un semplice contatto di corsa… "Non voglio assolutamente attribuire colpe per quanto accaduto, ma mi dispiace sentire qualcuno che parla di banale contatto di gara. Il vero problema sono le partenze lanciate! Molti rispettano le regole e tutti gli avvertimenti che i direttori di gara ci ripetono nei briefing, molti altri però danno gas ben prima che il semaforo diventi verde e a quel punto causare un incidente come quello di domenica scorsa è un attimo. È pratica comune dare gas molto prima che si accenda il semaforo verde e mi è anche capitato di vedere piloti guadagnare oltre dieci posizioni in partenza, con la stessa identica vettura: come è possibile? Sono azioni che andrebbero sanzionate pesantemente, perché nessuno potrebbe metter giù il gas dieci secondi prima di un altro. Per esempio le partenze lanciate del Blancpain Endurance Series sono molto monitorate e lì va sempre tutto liscio per il semplice motivo che se qualcuno sbaglia, viene pesantemente multato!". Tu gareggi nella categoria AM, quella riservata agli amatori. Come pensi che la Federazione dovrebbe gestire tale categoria per evitare azioni pericolose in gara? "Sanzioni, reprimende e richiami! Nella categoria AM ci sono tanti piloti che vanno forte e che riescono ad ottenere prestazioni simili a quelle dei professionisti. La differenza però sta nell’esperienza: noi amatori non siamo cresciuti a pane e gare sin dall’età di 8 anni come i professionisti, quindi è possibile che in determinate situazioni non siamo capaci di comportarci in modo tale da preservare gli standard di sicurezza. I direttori di gara ed i commissari hanno l’obbligo di usare multe, richiami e tutti i mezzi necessari a farci capire come gestire delle situazioni nelle quali è possibile creare pericoli. Questo però non accade: non voglio adesso far politica, ma sarebbe necessaria una revisione generale del motorsport. Anche tra gli amatori l’asticella si è spostata troppo in alto, si pensa solo al millesimo di secondo, all’analisi delle telemetrie e a tenere giù il gas, la passione pura per le corse sta scomparendo e quest’incidente in qualche modo mi ha aperto gli occhi". Quando hai saputo che Andrea Mamè non ce l’ha fatta? "Di Andrea ho saputo tutto il lunedì, nessuno mi ha voluto dire nulla, ma avevo il sentore che qualcosa non fosse andato bene. Quando mi hanno portato in terapia intensiva è arrivata la Gendarmerie francese e ha iniziato a farmi domande molto specifiche, oltre alle analisi per capire se avessi assunto droghe o sostanze proibite. In quel momento ho capito che l’incidente era stato più serio di quanto già immaginassi, ma non potevo pensare che Andrea fosse morto. Lunedì mattina ho appreso la notizia proprio tramite il vostro sito: ho aperto la pagina di OmniCorse per capire cosa fosse successo e lì è stato tutto chiaro. A quel punto in tanti mi hanno tranquillizzato, ma lo ricordo come un momento bruttissimo. Ho iniziato a tremare, pensando che al suo posto potrei esserci stato io. Sono davvero un miracolato!". Cosa farai adesso? "Penso che non tornerò più su un’auto da corsa. Quello che è successo domenica mi ha segnato in modo profondo e ho capito che non posso far questo alla mia famiglia. I miei genitori, seppur non molto d’accordo, mi hanno sempre supportato per dar sfogo alla mia passione ed è proprio a loro che ora voglio dire grazie lasciando per sempre il mondo delle corse. Tornerò sul kart con i miei amici di tanto in tanto, ma per il solo gusto di andare a girare e mangiare un panino con una mano su un carburatore. Niente più paddock, motorhome e trasferte. Concluderò i miei studi in marketing e continuerò a lavorare nell’azienda di famiglia. Certo, la passione per le corse non svanirà, ma la terrò a bada, sperando che qualcuno mi chiami per farmi avere un ruolo più attivo nel ‘sociale’ delle gare. Mi riferisco alla sicurezza: proverò a fare il possibile per migliorare gli standard di sicurezza di questi campionati. Quello che mi mancherà è vedere i sorrisi dei tifosi appena sceso dalla vettura, come successo a Silverstone...". Alla fine del nostro incontro Andrea Solimè ha voluto ringraziare in modo particolare la fidanzata di Andrea Mamè, che ha avuto la forza di andare in ospedale a fargli vista dopo aver saputo della morte del compagno, il teammate di Andrea Mamè Mirko Zanardini, tutta l’organizzazione della Lamborghini e la Croce Verde di Reggio Emilia, che ha organizzato con estrema celerità il trasporto da Tolone a Cavriago.

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