Di Grassi: "Quella di Le Mans non è la vera Audi. Dobbiamo ritrovare ritmo e affidabilità"
Il brasiliano, classificato al terzo posto con Duval e Jarvis, indica le aree dove intervenire: sul passo di gara che non è costante e sulla resistenza meccanica perchè troppe rotture importanti stanno frenando lo sviluppo della R18
Foto di: Nikolaz Godet / Motorsport.com
Lucas Di Grassi è personaggio atipico nel mondo del WEC. È capace di improvvise chiusure salvo poi esplodere in un fiume di parole con molta onestà, come gli è accaduto alla conclusione della 24 Ore di Le Mans. In conferenza stampa il brasiliano non era stato tenero sulla prestazione complessiva dell'Audi.
" È importante essere saliti sul podio ma questa non è l'Audi. Dobbiamo migliorare e molto. Abbiamo avuto un buon passo solo saltuariamente, ci siamo fermati troppe volte per riparare la vettura. Il podio va bene, significa che abbiamo lottato contro tutte le grane che ci sono capitate ma allo stesso tempo dimostra quanto grande sia stata la differenza con gli altri. La Toyota ha migliorato, la Porsche pure e bisogna considerare che ha perso quasi subito la sua vettura di punta. Questo significa che una volta tornati a casa avremo molto lavoro da fare. Il team è forte, ci possiamo riuscire ma la distanza c'è, è inutile negarlo"
Poi, a freddo, Di Grassi è tornato sull'argomento. " Se si analizza la nostra corsa si capisce che il vero problema è stato il passo non costante. Con la strategia giusta e senza problemi avremmo potuto essere della partita. Ma ci è mancata la costanza. A volte eravamo molto veloci, a un certo punto ero più rapido persino di Jani, altre molto lenti perché le temperature delle gomme erano sballate. Dipendeva dalle condizioni della pista. Toyota e Porsche invece andavano sempre con lo stesso ritmo. Mi preoccupano le defaillance . Troppe. Credo che tra una storia e l'altra la nostra R18 abbia trascorso in garage circa un'ora. Questo ha pregiudicato tutto quanto. Sono convinto che la macchina sia buona, nella prima parte eravamo con gli altri, senza contare che André-Lotterer ndr- sotto la pioggia era passato al comando. Solo che accusiamo ancora troppi guai"
Dal turbo ai freni: una Le Mans da dimenticare
Nell'ordine la rottura del turbo mentre Lotterer stava lottando per il primo posto. Sulla R18 di Di Grassi-Duval-Jarvis è stata riscontrato un problema a un disco dei freni che sono stati sostituiti. Stessa operazione, in via precauzionale, è stata effettuata anche sulla R18 quarta classificata. Non contente entrambe le vetture hanno perso tempo per un guasto all'impianto di illuminazione delle luci laterali che indicano la posizione di classifica e per una foratura. Una montagna da scalare, quindi, per la Casa che nell'ultimo decennio aveva scritto la storia della 24 Ore di Le Mans e che alla fine, se non altro, ha visto arrivare imprevisti punti iridati, preziosi in ottica futura a patto che, come dice Di Grassi, si riesca a trovare il bandolo alla complessa matassa che sembra frenare le prestazioni dell'interessante vettura tedesca, già penalizzata dal dover effettuare soste ai box prima delle rivali, a causa della minore capacità del serbatoio.
L'essere entrati ad inizio in una classe energetica superiore al 2015, l'aver dovuto riproporre per scelte aziendali la tecnologia del diesel con un V6 TDI totalmente ridisegnato, ha costretto quella estremizzazione che potrebbe dare i propri frutti più avanti ma che nell'immediato ha fatto perdere alla Casa tedesca gran parte delle caratteristiche di affidabilità, grazie alle quali rappresentava lo stato dell'arte della categoria.
Guardando ai numeri a Ingolstadt possono consolarsi pensando che a Silverstone fu un'Audi a salire sul podio più alto e poi venne esclusa per lo scalino del fondo consumatosi oltre il consentito. Un'altra R18, di Di Grassi-Duval-Jarvis aveva vinto a Spa-Francorchamps. In teoria due affermazioni su due gare. Ma a Le Mans il campanello d'allarme sull'affidabilità, e in parte sulle prestazioni secche, sullo sfruttamento ottimale delle gomme ha squillato più di altre volte e lo ha fatto nella corsa fondamentale che vale una stagione intera, confermando le perplessità che esistevano sulla vettura già dal prologo del Paul Ricard.
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