La
IndyCar ha confermato che riaprirà il “mercato motori” dal 2012, oggi legato invece al solo fornitore
Honda, e ha deciso che lascerà ampia scelta alle Case nello sviluppo di nuovi propulsori per la sua serie, purché questi rimangano nel limite della
capacità di 2,4 litri, abbiano un massimo di 6 cilindri, siano dotati di turbo compressore, alimentati ad etanolo e dispongano di un range di potenza fra i 550 e i 700 cv.
L’obiettivo della Indycar per il 2012 è dunque di avere più Costruttori impegnati, con differenti soluzioni tecniche per quanto riguarda l’architettura delle loro rispettive unià, variando dai 4 a 6 cilindri, in linea o a V.
I propulsori verranno quindi livellati nella potenza massima tramite restrittori all’aspirazione e sistemi di controllo della rotazione massima e saranno controllati periodicamente al banco durante la stagione, in modo che vi sia uno scarto massimo del 2% fra le potenze erogate; un formula che ricalca quella della Grand-Am.
Non è invece ancora stato chiarito se tali unità dovranno essere portanti o meno, se cioè dovranno avere una robustezza tale da poter essere montate senza l’impiego di alcun telaio posteriore, in modo dunque che anche gli attacchi delle sospensioni possano essere fissati sul cambio, o se sarà invece obbligatorio l’impiego di un telaio posteriore, come nel caso della proposta di monoposto della Delta Wing.
La decisione presa la Indycar dovrebbe sicuramente incontrare anche l’interesse di alcuni Costruttori europei, tra questi prima fra tutte la
Volkswagen, che ha sempre detto di vedere di buon occhio la soluzione di motori di piccola cilindrata e turbocompressi. A suo tempo, comunque, anche il
Gruppo Fiat aveva espresso interesse per la fornitura di una motorizzazione alla Indycar, e potrebbe oggi guardare ancora con più attenzione alla serie americana, visto la sua recente integrazione con la
Chrysler.
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