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Filippi: "Vi racconto il mio debutto sull'ovale di Phoenix in Indycar"

Luca Filippi inizia a scrivere per Motorsport.com per raccontarci dall'abitacolo la sua esperienza in Indycar con il team Coyne: il piemontese con Rossi era l'unico rookie degli ovali corti: "Qui ci vuole tanto coraggio e fiducia".

Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda

Chris Owens

Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda con una cheerleader dei Tampa Bay Buccaneers
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda, Graham Rahal, Rahal Letterman Lanigan Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda
Luca Filippi, Dale Coyne Racing Honda

Dopo tanti stagioni trascorse sulle piste stradali più famose, mi è arrivata l’opportunità di esordire su un tracciato ovale nella seconda prova della Indycar 2016. E proprio all’indomani di questa nuova esperienza americana ho accettato di scrivere le mie impressioni su Motorsport.com per raccontare dal mio punto di vista l'Indycar vissuta con il team Coyne.

Ovale corto? Sempre in curva con 5G!

Siamo arrivati a Phoenix per la seconda prova stagionale della Indycar e ho scoperto che solo io e Alexander Rossi eravamo alla nostra prima corsa su un ovale. Ma è giusto che vi faccia una premessa: c’è ovale ed ovale. Quello di Phoenix è uno “short-oval”, ed anche se non ho ancora l’esperienza per dare dei giudizi definitivi, al momento la mia convinzione è che questi piccoli ovali siano una brutta bestia!

Parliamo di tracciati molto corti, dove praticamente si è sempre in curva, e si gira quasi stabilmente con 5G di forza laterale. Non essendoci praticamente dei rettilinei, si utilizza la monoposto in versione stradale.

In pratica abbiamo corso con la stessa vettura che avevamo a St. Petersburg, solo che a Phoenix si gira a 190 miglia di media. E come ho poi scoperto in gara, ci sono condizioni in cui si completa un giro con l’acceleratore sempre a fondo!

Qui ci vuole coraggio e tanta... fiducia

Per chi come me arriva da una formazione Europea, il primo ostacolo che si incontra girando su un ovale come Phoenix è la mancanza del feeling con la monoposto a cui si è abituati. Con i 5G costanti, la macchina quasi non si sente. Ci vogliono coraggio, e una fiducia totale nel setup della monoposto.

Per un esordiente come me, era appena avvertibile la presenza di sottosterzo, ma se il problema è il sovrasterzo, la percezione arriva quando sei già contro il muro, come mi hanno riferito diversi piloti. Con quel carico aerodinamico e quei G laterali, se si perde il controllo della vettura ci sono pochissime possibilità di recuperarlo.

La macchina è incollata alla pista, molto più di quanto avvenga passando in piena velocità a Spa alla Eau Rouge o a Blanchimont. Per non parlare della fiducia che si deve avere quando si montano pneumatici nuovi. Si esce dai box con le gomme fredde, visto che non si usano le termocoperte, e dopo mezzo giro si spinge a fondo a 190 miglia di media!

Da solo in pista per due giri da qualifica!

Abbiamo cercato di bilanciare la macchina nell’unica sessione di prove libere prima della qualifica. Il miglior pilota motorizzato Honda si è classificato undicesimo e il peggiore ventiduesimo. Io mi sono piazzato a metà: sedicesimo. Per qualche motivo i motori Honda in questo weekend ha faticato un po’ di più rispetto a quelli della Chevrolet.

Dopo le qualifiche abbiamo visto che sarebbe stato necessario scaricare di più le ali e poi magari alleggerire leggermente l’acceleratore in curva, ma il team mi ha detto che ci vuole tempo, e che non si possono utilizzare setup estremi senza prima averli provati, cosa comprensibile.

Ma la sensazione che non dimenticherò è stata quella di ritrovarmi in pista da solo per due giri. Io, la macchina e l’asfalto. Mi ha ricordato i tempi del karting, quando c’era lo stesso sistema di qualificazione e ci si trovava in pista da soli per il giro lanciato. In Indycar questo aspetto è estremo, specialmente su ovale. Devi fidarti della monoposto e delle scelte di setup, poi spingere al massimo sull’acceleratore e basta.

A fine gara avrei voluto ripartire

Premetto che essendo la mia prima corsa su ovale non volevo certo strafare. Il mio obiettivo era quello di concludere la gara nello stresso giro del vincitore, e credo che ci fosse tutto per centrarlo.

Purtroppo è arrivato un testacoda che non ci voleva, anche perché non credo di avere grandi responsabilità. Castroneves, dopo aver avuto un problema, stava recuperando a grande velocità. Si stava avvicinando, ed ero pronto a farlo passare in uscita dalla curva-1 quando di colpo è entrato all’interno.

La mossa di Helio è stata un po' azzardata

Non me lo aspettavo, ed anche lo spotter (il tattico che c’è in ogni team) del nostro muretto box non me lo ha segnalato. Credo che quella di Helio sia stata una mossa un po’ azzardata, e per evitare il contatto sono dovuto andare largo.

In curva-1 non c’è una seconda traiettoria, e quando mi sono ritrovato sullo sporco la vettura si è scomposta. Per fortuna sono riuscito ad evitare il contatto contro il muro a bordo pista. Sono finito in testacoda senza alcun danno, ma la macchina si è spenta ed ho perso quattro giri.

A quel punto non aveva più senso prendersi troppi rischi, o ostacolare chi stava lottando per la zona punti. Però ho utilizzato i giri rimanenti per fare esperienza con le ripartenze e per familiarizzare con le turbolenze.

Nell’ultimo stint prima della bandiera a scacchi ho avuto alle mie spalle il gruppo in testa alla corsa, e non sono riusciti a raggiungermi. Volevo fare esperienza, e credo che su questo fronte sia andata bene. A fine gara il team era più contento di me, e visti i tanti “botti” avvenuti nel corso del weekend, credo che aver concluso il fine settimana senza danni lo reputino già un buon lavoro.

A Long Beach voglio la top-5

Tra due weekend torneremo su un tracciato stradale, a Long Beach, e non nascondo di avere buone ambizioni. Nella prima gara a St.Petersbourg in gara siamo stati molto competitivi. La mia corsa è stata condizionata da Hunter Ray che mi ha ostacolato non poco.

Mi ha fatto piacere ricevere le sue scuse dopo la gara, mi è parso sincero, e ha confermato che non era sbagliata la mia impressione che mi stesse bloccando. Tornando alla pista, ricordo che lo scorso anno avevo faticato non poco per assimilarla al meglio fra i muretti.

Ora l’obiettivo sarà quello di confermarmi nei primi dieci in qualifica, dove il nostro motore soffre un po’ di più rispetto alla concorrenza, per poi risalire in gara. Non voglio andare a Long Beach e stare in mezzo al gruppo. Mi sento in forma, e credo che senza imprevisti ci sia tutto per capitalizzare il lavoro fatto con un buon risultato. Ma questo ve lo racconterò la prossima volta…

Luca Filippi

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