24 Ore di Daytona: partenza Imsa col botto, in tutti i sensi
Non solo incidenti e bandiere gialle: Daytona ha mostrato un campionato più vivo che mai. Le Cadillac ora sono chiamate alla conferma a Sebring, circuito dalle caratteristiche diverse, mentre tra le GT avanza lo spauracchio delle Porsche RSR
Foto di: GM Racing
Sarebbe prematuro esprimere delle sentenze dopo la 24 Ore di Daytona che tra tutte le gare del campionato Imsa non solo è la prima ma è anche la più lunga e diversa dalle altre. Una maratona estenuante per chiunque, persino per gli spettatori ormai abituati al fin troppo stucchevole refrain delle corse USA dove i regimi di bandiere gialle abbondano in funzione sia della sicurezza sia di quello show che per gli americani deve essere tenuto in vita dalle prime-ma se ne è visto ben poco- alle ultime fasi di corsa.
Ed ecco quindi che l’edizione della 24 Ore del 2017 non si è discostata dalle altre: tanti incidenti-a tal proposito appare ormai anacronistica la presenza dei vetusti prototipi PC-con l’aggravante che la pioggia ha oggettivamente creato dal tramonto fino all’alba delle condizioni di asfalto tali da suggerire una sequenza di bandiere gialle che di fatto ha quasi reso inutile la corsa in notturna.
Sono le contraddizioni di un modo di interpretare il motorismo che può piacere o meno ma che ha la grande capacità di lasciare in sospeso il risultato fino a pochi secondi dalla fine. Così le ultime due ore della gara inaugurale del campionato sono state bellissime e avvincenti.
Non tanto per la vittoria assoluta quanto nelle due classi del GT, le GTLM e GTD, dove tutto è stato in bilico fino alla fine con lunghi serpentoni di cinque vetture, molto spesso di marchi differenti, a darsele di santa ragione.
La supremazia Cadillac mai in discussione
Alla vigilia della corsa c’era grande curiosità nel vedere come si sarebbero comportati i nuovi prototipi che da quest’anno in Imsa come nella LMP2 del WEC inaugureranno una nuova era. Come è noto in entrambi i campionati i costruttori delle scocche sono quelli stabiliti dalla FIA: Ligier, Oreca, Dallara e Riley. A Daytona tutti questi nuovi telai si sono visti.
A differenza di quanto accadrà a breve nel WEC, nella serie statunitense i prototipi hanno alcune caratteristiche differenti rispetto al modello standard. Il propulsore deve essere quello scelto dal costruttore che schiera la vettura e quindi non è monotipo. C’è l’opportunità sia di optare per un’unità aspirata sia di una sovralimentata con un rapporto di equivalenza stabilito dal BoP che è stato modificato giovedi . Il Cadillac 6.2 V8 realizzato da Childress, disponeva di due restrittori da 33,1mm.
Il Gibson 4.2, quello monotipo usato nel WEC, era in configurazione standard senza restrittori mentre per quanto riguarda la pressione di sovralimentazione dei Mazda RT24-P si poteva arrivare a un massimo di 2,757 atm a 7150gm e a 1,905 atm a 6200gm per il Nissan DPI.
Per cercare di equiparare le prestazioni in una corsa lunga come quella della Florida l’Imsa ha concesso ai due motori turbo più litri a disposizione rispetto ai 75 utilizzabili da chi usa gli aspirati: 77 per il Mazda e 80 per il Nissan.
Tutto questo però non è bastato per contrastare le Cadillac che senza neutralizzazione avrebbero inflitto distacchi ancora più pesanti ai rivali. Nonostante un peso dell'apparato propulsivo di 20kg in più e la non possibilità di poter usare la zavorra e di spostarla per bilanciare al meglio la vettura, a Daytona sul fronte dei prototipi non c’è stata mai una gara autentica anche quando a turno Riley, Ligier e Oreca- ma questa solo nelle prime fasi- si sono avvicinate.
L’incidente del quale è stato vittima nel corso della notte Brendon Hartley, in crisi con le gomme Continental sull’asfalto viscido e centrato da Henzler nel banking, ha forse privato la corsa di uno spettacolo ulteriore ma a conti fatti anche il fortissimo neozelandese poco avrebbe potuto contro l’armata dei team Taylor e Action Express.
Ottima la commistione tra designer Usa e aerodinamici italiani
Il vero fatto è che oltre al motore ha contato anche la perfetta combinazione tra la componente italiana, Dallara, e quella statunitense, Cadillac. A Daytona era presente tutto lo stato maggiore dell’azienda di Varano, con l’ingegner Luca Pignacca in veste di supervisore della parte relativa al telaio.
A questo proposito va rammentato che in Imsa vige una regola curiosa: l’aerodinamica della vettura deve rispettare i parametri stilistici del costruttore di cui porta il marchio. Ecco quindi che la Dallara versione Usa differisce da quella che verrà utilizzata in Europa e nelle altre serie.
Il lavoro in galleria del vento a Varano è stato molto proficuo, perché il responsabile di tutto il comparto aerodinamico della Dallara, l’ingegner Dialma Zinelli e il suo staff si è confrontato a lungo con i designer Cadillac.
Proprio nel mese di novembre, a lavori ultimati, l’aerodinamico italiano confidava che l’esperienza era stata esaltante perché l’unione di due mondi paralleli ma che quasi mai combaciano, stile e prestazione, aveva creato una commistione in grado di fornire conoscenze all’uno e all’altro e quindi un’occasione di crescita tecnica per entrambe le parti.
Il risultato è stato choccante per gli avversari ma saranno solo le prossime corse a stabilire se le Cadillac riusciranno a mantenere il vantaggio visto a Daytona, circuito che anche a detta dei responsabili delle squadre li favoriva nettamente.
GTLM spettacolari ma la RSR fa paura
Difficile vedere nel WEC un parterre di Gt come quello che si ha in Imsa. Gli Usa sono la terra della Ford e della Corvette che però anche quest’anno dovranno confrontarsi con le nuove Porsche RSR e con le Ferrari 488.
La BMW, nonostante la qualità del suo equipaggio di punta, schiera le M6 che sono di stretta derivazione della GTD e che vivono l’esperienza Imsa per ricavare dati importanti in vista dello sbarco nel WEC nel 2018 con la nuova vettura. Le prestazioni dell’ Art Car pitturata dall’artista concettuale John Baldessari, non devono quindi trarre in inganno: a Monaco e nel team Rahal stanno studiando ed entrambe le parti sapevano che avrebbero avuto poche possibilità di spuntarla.
Piuttosto è confortante sapere quanto il nuovo BoP abbia permesso alle Ferrari 488 GTLM di essere sullo stesso piano delle Ford, anche se il limite della partecipazione italiana in Imsa è proprio l’unicità, per il momento, dell’esemplare del team Risi affidato a uno straordinario Vilander, a Calado e al sempre bravo Fisichella.
Daytona rappresentava la terra deputata per il debutto delle Porsche RSR. Sulle prime le due vetture tedesche sembravano deludenti, considerando la raffinatezza tecnologica che si portano appresso, e in preda a problemi di gomme, Michelin dalla diversa specifica rispetto a quella del WEC, che tendevano in qualifica e nelle simulazioni di gara nelle prove libere a consumarsi a partire dalla seconda parte dello stint.
Per tante ore le Porsche hanno corso nell'anonimato mai troppo distanti dalle altre e nemmeno troppo vicine. Pilet, poi, aveva forato subito e sembrava irrimediabilmente escluso da qualsiasi gioco. Con la pioggia la situazione si è ribaltata. Le Porsche volavano e hanno continuato a farlo anche quando nel finale l'asfalto si è asciugato, finendo per insidiare l'affermazione della Ford di Dirk Muller, Sebastien Bourdais e Joey Hand, bravissimo, fino a tre giri dalla conclusione quando Pilet ha rallentato facendosi raggiungere dalla Ferrari di Calado.
Le malelingue sussurrano che le RSR abbiano gareggiato sfruttando solo parzialmente il proprio potenziale che in ogni caso quando la vettura sarà conosciuta al cento per cento, ed è possibile accada già a Sebring, sembra essere davvero da prima della classe.
In GTD l'equilibrio regna sovrano
In GTD, assimilabili alle europee GT3, la Porsche ha vinto con la R e grazie al grande lavoro svolto da Michael Christensen, pilota troppo spesso sottovalutato ma che fa parte dei migliori specialisti GT al mondo.
A differenza della cugina della classe maggiore, la RSR, la R non è stata velocissima ma ha avuto dalla sua quella regolarità di prestazione che è mancata ad altri, persino all'esemplare del team Manthey che Cairoli stava guidando da par suo, prima della rottura del motore avvenuta mentre al volante si trovava Proczyk.
Le Acura, al debutto, sono state sorprendenti ma hanno pagato lo scotto del noviziato quando i giochi si sono fatti seri. Le due Ferrari 488, fermatesi entrambe per rottura del motore, hanno dato l'impressione di essere le migliori del lotto.
L'esemplare della AF Corse, qui sotto le insegne Spirit of Race, è sparito troppo presto ma sembrava essere molto bilanciato; quello che detiene il titolo, schierato dalla scuderia Corsa , avrebbe vinto con parecchio vantaggio se Sam Bird non si fosse fermato quando mancava davvero poco alla conclusione.
Un peccato perché l'inglese Alessandro Balzan, Christina Nielsen e Matteo Cressoni avevano costruito una corsa tattica e intelligente i cui frutti erano evidenti. Buona anche la prestazione d'assieme delle Audi e quella della bella AMG Mercedes GT alla quale forse per il carico aerodinamico elevato mancava qualcosa in termini di velocità sul banking.
Lambo fa spesa da Manthey
Quanto al copioso schieramento delle Lamborghini Huracan c'è da dire che la fortuna non è stata benevola. L'esemplare di Mirko Bortolotti stava facendo una grande corsa di rimonta prima del ritiro, le altre hanno vissuto prestazioni altalenanti e in poche sono state esenti da piccoli problemi o incidenti.
Ma per le Huracan c'è da sottolineare che si tratta di un percorso di crescita e anche di conoscenza specifica dei parametri richiesti dalle gomme Continental, durissime, che ancora mettono in crisi qualche squadra.
La campagna di rafforzamento della Lambo nel mondo del GT è comunque lungi dall'essersi conclusa:proprio a giorni, infatti, a Sant'Agata arriverà dal team Manthey, ovvero dalla Porsche ufficiale, l'ingegner Andrea Mercatelli che porterà la propria esperienza per consentire un ulteriore salto di qualità al progetto. Un bel colpo per la Lamborghini che si assicura uno dei migliori tecnici del giro mondiale delle GT.
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