Gustavo Yacamán: “Il mio desiderio più grande resta la Dakar”
Il colombiano, neo acquisto dell’Orange1 Team Lazarus per i campionati Blancpain Sprint ed Endurance, si racconta a 360 gradi: dagli inizi in Colombia alle ambizioni segrete, alla “scuola” del GT...
Per molti rappresenta un oggetto, anzi, un pilota ancora misteriosissimo e, in quanto tale, meritevole di essere scoperto, “approfondito”, non fosse altro perché proveniente dalla lontana Colombia. L’Orange1 Team Lazarus, esordiente quest’anno nella Blancpain Endurance Series e nella Blancpain Sprint Series, ha infatti puntato su un mix “di nuovo” e “di affidabile” al momento di confezionare i membri del proprio equipaggio di due conduttori.
Accanto a Fabrizio Crestani, ormai una costante della formazione di Tancredi Pagiaro da svariate stagioni a questa parte e in molteplici discipline, troverà posto Gustavo Yacamán, i cui destini incrociarono già nel 2016 quelli della Lamborghini Huracán GT3 di arancione vestita (e campione) nell’International GT Open.
Driver dotato di grandi qualità di guida e apprezzabile allo stesso tempo sul piano umano nonché per i feedback tecnici che è in grado di fornire agli ingegneri, Gustavo Yacamán ha eletto a ventisei anni di età l’Europa a proprio terreno di elezione anche nel 2017. Raccontiamo dunque chi è il pilota di Santiago di Cali in una lunga chiacchierata con la redazione di Motorsport.com Italia...
Chi è Gustavo Yacamán come pilota? Puoi descriverti per Motorsport.com con una manciata di parole?
“Presumo si possa iniziare dicendo che sono un pilota con una vasta gamma di esperienze. Le ho provate tutte, dal Rally, alle vetture di formula, gare endurance e sprint, corse da strada come su ovali. Amo ogni forma di motorsport, in fondo. Credo che le uniche due cose che non ho ancora sperimentato siano le gare in Salita e i Rally Raid, cioè tutto ciò che mi ricorda la Dakar. Quest’ultima, però, è sicuramente il mio desiderio più grande...”.
Tu sei uno dei pochi piloti che gareggia facendo garrire la bandiera colombiana nel motorsport internazionale. Che cosa significa per te? È un aiuto in più o, forse, una difficoltà?
“Dopo Juan Pablo Montoya, ci furono molti piloti che uscirono dalla Colombia tanto che, improvvisamente, più di dodici miei connazionali iniziarono a gareggiare full time nelle scuderie di vertice tra Europa e Stati Uniti. Momentaneamente siamo rimasti soltanto in tre. Carlos Muñoz in IndyCar, Tatiana Calderón in GP3 ed io. Non saprei dire se sia un bene o un male. Abbiamo moltissimo potenziale ma, come tutti ben sanno, questo settore di attività è molto caro e così, se non riesci a capire come continuare a farne parte senza dover prosciugare il tuo conto in banca, non potrai durare molto. Non ha importanza se sei colombiano, cinese, italiano, americano o scandinavo…”.
Come mai hai deciso di unirti all’Orange1 Team Lazarus per la stagione 2017 e di gareggiare nella Blancpain GT Series?
“Avendo corso contro l’Orange1 Team Lazarus l’anno scorso nel GT Open da avversario, ho visto quanto la loro squadra sia professionale e quanto la Lamborghini Huracán GT3 sia veloce. È stata una scelta facile, tutto sommato”.
Può darsi che il campionato International GT Open o la scuderia BMW Teo Martin Motorsport non fossero più interessanti, soddisfacenti e stimolanti per te?
“Questa è sicuramente una domanda che mi mette un po’ in difficoltà. Credo che il GT Open sia un ottimo campionato, Jesús Pareja e tutti gli organizzatori hanno fatto un ottimo lavoro. Io, sinceramente parlando, speravo che ci fosse più attenzione da parte dei costruttori. Tutte le grandi case automobilistiche sono attive nel Blacpain, i migliori piloti e i top team sono nella categoria ed è quindi lì che un pilota come me ha la possibilità di mostrare chi è davvero perché, come si suol dire, se vuoi dimostrare di essere il migliore, devi affrontare i migliori. Questo è quello che stiamo cercando di fare qui. Sia io che tutto il resto della squadra. Per quanto riguarda invece la Teo Martín Motorsport, ammetto che è stato triste abbandonare la BMW. Ho lavorato con persone fantastiche. La Casa tedesca è incarnata da grandi professionisti, ma vorrei evitare di dire la mia per quanto riguarda la scuderia...”.
Che tipo di relazione hai già stabilito con il tuo nuovo compagno di squadra Fabrizio Crestani e perché?
“Credo che tra me e ‘Fabri’ ci sia stata una gran sintonia fin dalla mia prima prova fatta con la squadra a Barcellona lo scorso febbraio. È stato strano, ma ci siamo subito trovati, quasi come se avessimo già lavorato insieme in passato. Non solo con Crestani, ma anche con l’ingegner Alessandro Baldo”.
Quali sono le differenze principali tra la “inedita” Lamborghini Huracán GT3, almeno per te, e la nuova BMW M6 GT3 che hai guidato nel 2016?
“Beh, come prima cosa il motore è posizionato in maniera opposta su un’auto rispetto all’altra. La potenza erogata dalla ‘Lambo’ è più uniforme e progressiva di quella della BMW che, al contrario, è molto più forte e veloce. Quest’ultima caratteristica è sicuramente positiva quando si hanno degli nuovi pneumatici, ma è anche molto più difficile da gestire quando le gomme sono consumate”.
"El Tigrillo” è ormai il tuo soprannome storico: puoi svelare ai nostri lettori l’origine ultima di questo nomignolo?
“Per farla breve, quando mio padre correva il suo nickname era ‘La Tigre’. Così, quando fu il momento di attribuire anche a me un soprannome, diventò facile pensare a “El Tigrillo”, ovvero il ‘cucciolo di tigre’”.
Qual è il tuo sogno ancora inespresso nel motorsport? Forse, testare o gareggiare con una monoposto ad alte prestazioni come una Formula 1?
“Come per tutti, il sogno è quello di guidare una macchina di Formula 1. Non posso mentire né affermare il contrario. Ma non è comunque qualcosa a cui sto mirando in questo momento.
Il mio obbiettivo è oggi quello di diventare un pilota ufficiale al 100 per cento. Per ora sono un driver Junior della Lamborghini e mi sta più che bene. Soltanto il tempo potrà dirci quel che sarà di me”.
Chi è il tuo pilota favorito nella storia dell’automobilismo? Hai quello che potresti definire un “eroe”?
“Per molti di noi, Ayrton Senna è e resterà una leggenda”…
Percorrendo a ritroso la tua carriera, troviamo monoposto, Sport Prototipi e Gran Turismo; gare Sprint e successivamente l’endurance. Qual’è la tua declinazione preferita di automobilismo e, soprattutto, per quale motivo?
“Domanda difficile. Tutte le categorie hanno qualcosa che amo. Sicuramente le macchine di formula, cioè le monoposto a ruote scoperte, sono le migliori da guidare, ma la politica che le circonda è davvero difficile da gestire. Per adesso, mi sto davvero godendo il mio periodo nelle corse GT. Anche se ci sto mettendo un po’ di più ad abituarmi...”.
Qual è stato il tuo giorno migliore nel motorsport? E quale il peggiore, finora?
“Il peggiore è sicuramente stato quando ho fatto un incidente nel campionato Grand-Am di endurance, in cui ho quasi fatto bruciare la macchina. Quello è stato, senza alcun dubbio in merito, un giorno da dimenticare ed è stata davvero dura tornare in carreggiata dopo un episodio simile. Per quanto riguarda i bei momenti, invece, ce ne sono stati davvero tanti, anche se sono sempre pronto a poterne vivere di nuovi. Credo fortemente che i momenti migliori della vita non siano mai qualcosa di appartenente e di riferibile al passato. Sono convinto, infatti, che ci sia sempre qualcosa di fantastico che deve ancora arrivare...”.
Se non fossi stato un pilota, che cosa ti sarebbe piaciuto fare per vivere o, come si suol dire, “da grande”?
“Un conducente di taxi? Un autista di ambulanze? Non lo so. Ma sicuramente qualcosa che avrebbe implicato tenere in mano un volante!”.
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