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Intervista

Montoya: “Le gare sprint sono la strada da seguire per la Formula 1”

Juan Pablo Montoya ha infiammato la Formula 1 vent’anni fa, è stato campione Indycar e vincitore della Indy500 ed è ancora oggi attivo, correndo nella Indycar e a Le Mans.

#60 Meyer Shank Racing w/Curb-Agajanian Acura DPi, Dpi: Juan Pablo Montoya

Foto di: Michael L. Levitt LAT Photo USA

Suo figlio Sebastian ha iniziato la scalata del motorsport correndo nella F4 tedesca. Juan Pablo passa molto tempo a riflettere sulla formazione dei giovani piloti e su come lo sport deve adattarsi per attrarre i fan più giovani. Crede anche che gli esports abbiano un ruolo fondamentale nel futuro dello sport e portino la comunità delle corse a sentirsi più vicina.

Juan Pablo, iniziamo guardando a due categorie a cui sei maggiormente associato: la Formula 1 e l’Indycar. In quale forma pensi che siano queste due categorie oggi?
Credo che siano davvero in buona forma. La Formula 1 è molto interessante da quando è arrivata Liberty e ci sono stati molti cambiamenti. Onestamente, quando entri nel paddock è impressionante vedere quanto sia più bello oggi che in passato.

Intendi meno politico?
Semplicemente più bello, le persone sono molto più amichevoli. È un posto molto più bello in cui stare. Con la Indycar penso che la gestione di Roger Penske nell’ultimo anno sia stata buona, soprattutto con la pandemia. Se Roger non ci fosse stato, la categoria sarebbe stata in pericolo. Lui ha una grande passione per l’Indycar, per la Indy 500 e le sue tradizioni. Trova un modo per mantenerle, ma rende il posto ancora migliore. L’attenzione al dettaglio che ha Roger è incredibile.

 

Photo by: Richard Dole / Motorsport Images

La Formula 1 metterà in atto un cambiamento regolamentare per portare il gruppo ad essere più vicino. Sono cose che non si sarebbero mai immaginate nel periodo in cui correvi, come l’aspetto che riguarda i team di fondo gruppo che hanno più tempo per gli sviluppi aerodinamici in confronto ai top team ed il budget cap, che era solo un sogno quando correvi in Formula 1. Ma ora è una realtà. Pensi che queste cose portino la Formula 1 sulla strada giusta per il futuro?
Sì, fintanto che riescono a controllarlo. Sono sicuro che qualcuno troverà delle scappatoie come sempre, ma pian piano che si va avanti le cose miglioreranno. I top team non hanno davvero limite, possono fare tutto ciò di cui hanno bisogno per vincere. Avvicinare tutti insieme sarà meglio per lo spettacolo. Credo che i migliori team possano ancora vincere: se ai ragazzi con le idee migliori dai la metà del tempo, probabilmente faranno un lavoro ancora migliore, questo è il problema! Sarà interessante con Liberty Media e la Formula 1. Bisogna iniziare a rendersi conto che il livello di attenzione delle persone si riduce, quindi non si può sperare che si siedano e guardino la gara in TV per due ore. Le persone come noi che amano questo sport, lo fanno. Le generazioni più giovani faranno fatica. Penso che la Formula 1 stia parlando di gare sprint e questo è il passo avanti.

L’Indycar ha una sfida leggermente diversa, dato che pesano la direzione per il futuro, perché il DNA della Indycar è che qualsiasi numero di piloti può competere per le vittorie ed essere contendente, le piccole squadre possono competere con i top team ed è una corsa ruota a ruota. Come vorresti vederli sviluppare il prodotto Indycar per il futuro?
Penso che l’Indycar sia sulla strada giusta. Le due cose di cui stanno parlando davvero è il sistema ibrido che credo stia per arrivare e il fatto che stiano cercando molta più potenza. Penso che sia un must nell’Indycar. Una delle principali attrazioni dell’era CART dell’Indycar era la grande potenza. Perché ora sono macchine divertenti da guidare, ma manca quella firma dell’Indycar, quella che quando sali in macchina e premi l’acceleratore dici ‘oh mio Dio’. Capisci che intendo? Quindi credo che possa aiutare assolutamente.

 

Photo by: Richard Dole / Motorsport Images

Tuo figlio Sebastian ora corre in F4 in Italia e in Germania. L’aver portato un figlio nelle corse ha cambiato la tua visione dello sviluppo dei giovani piloti?
Mi ha aperto gli occhi su molte cose, come perché molti ragazzi più giovani ora fanno fatica a capire di cosa ha bisogno la macchina e comprendere in quale direzione portare avanti un team. Questo perché vengono cresciuti dai tempi dei kart sentendosi dire ‘questo è il setup, così è come devi gestire il telaio, così è come lo gestiamo noi’. Questa è una cosa davvero brutta. Per il team la strada più facile è dire ‘sei tu il problema, non la macchina’. Ma il problema più grande di questa cosa è che si ha un grande talento che odia la macchina. Se si adatta la macchina a quel talento, probabilmente batterà chiunque. Ma con quello che gli viene dato, non avrà mai successo. E quando arrivi ai massimi livelli; ho fatto i test in Indycar e nel WEC quest’anno e si vede. Tutti i giovani guidano quello che viene dato loro e lo fanno terribilmente. Ma per un team diventa difficile riuscire a passare dalla situazione in cui è al vincere gare, quando corre contro Penske, Ganassi o Andretti, perché loro hanno piloti di esperienza che sono cresciuti con la mia stessa teoria: bisogna far sì che la macchina vada meglio. E le persone che riescono a farlo sono coloro che vincono le gare.

Gli adolescenti di oggi non hanno mai conosciuto un mondo che non fosse digitale. Non conoscono un mondo senza iPhone ed il modo di risolvere i problemi è molto diverso. Questo come si manifesta con i piloti quando si tratta di risolvere i problemi? Per esempio quando vedi come lavora la mente di Sebastian e quella di altri giovani piloti che aiuti.  
È interessante perché sono molto giovani e capiscono i dati e la telemetria. Mostri a un ragazzino di 10 o di 12 anni un grafico di dati e lo capisce. Loro sanno esattamente cosa stanno guardando, è incredibile. Sai, la prima volta che io ho visto un grafico di dati è stato nel 1995, la mia prima volta in Europa. Avevo 20 anni. Quindi i tempi cambiano.

 

Photo by: Sutton Images

Quindi come fai ad insegnare ai tuoi giovani piloti cose importanti in termini di fisica, trasferimento dei pesi e cose simili?
Sono un grande sostenitore della semplicità. Semplificare le cose. Non c’è bisogno di un background. Quando cresci, inizi a capire la fisica. Se dico a un bambino di 10 anni ‘non dare il gas in questo modo perché trasferisci il peso sulle gomme anteriori’, a lui non interessa. Ha solo bisogno di sapere che se sollevano troppo, le cose si complicano e finisci nei guai. Per me i video sono di grande aiuto. Perché quando sono troppo giovani e mostri loro la telemetria, vedono la velocità e tutto, ma è difficile collegare la telemetria e la velocità ad un certo settore del tracciato. Lo faccio da sempre, quindi posso passare due minuti a guardare la telemetria e troverò le stesse cose che trovassi se ci passassi un’ora. Per loro è davvero importante collegare la parte della curva al come la si affronta. Quindi lo guardiamo e loro capiscono. Poi guardi i video e dici ‘qui è il problema’. Questo rende le cose più semplici.  

 

Photo by: Steven Tee / Motorsport Images

L’altra cosa che esiste ora e che prima non esisteva quando facevi la gavetta, erano il gaming e gli esports come piattaforma a sé stante. Ovvero, puoi avere una carriera parallera negli esports, come vediamo con Lando Norris e Max Verstappen. Tu sei molto attivo, anche Fernando Alonso lo è. Ma è anche molto avvincente come ritrovo per i nuovi talenti e per gli appassionati delle corse. Come giudichi gli esports?
Penso che gli esports aprano la porta a qualcuno che non ha i mezzi per correre, perché oggi se vuoi correre decentemente devi spendere molti soldi. Con quello che spendi per una gara di kart, probabilmente ti compri il miglior simulatore sul mercato. Da lì, non hai bisogno di nient’altro. In un anno spendi circa 100 dollari in giochi, forse acquisti un paio di circuiti, poi basta. Ma per una famiglia normale dove un genitore lavora con orari di ufficio, non c’è il tempo di portare i figli alla pista di kart o magari non credere che le corse possano essere un lavoro. Quindi credo che gli esports siano un buon modo. Quando corri, ti rendi conto di quanto tempo passi al simulatore, di quanta dedizione devi metterci, come allenare la mente ad essere costante, ad essere in orario, ad essere concentrato sull'obiettivo, a fare tutto nel modo in cui deve essere fatto. Una delle cose chiavi delle corse è essere sicuri che tutto sia fatto nel modo giusto e che tu possa ripeterlo. Andare forte in un giro è semplice; andare forte per 10 giri e fare la stessa cosa è più difficile perché la tua mente vaga. Arrivi al punto di frenata e pensi ‘è stato facile, potrei provare un po’ di più’ e la tua mente inizia a farti scherzi. È lì che arriva l’errore. Quando sei sotto pressione, cerchi sempre di trovare qualcosa di più. E gli esports sono una buona base per allenare tutto questo.

 

Photo by: Mark Sutton / Motorsport Images

Lo scorso anno hai partecipato a molti di questi eventi virtuali durante il lockdown. Quello che ho apprezzato maggiormente è stata la situazione unica come la 24 Ore di Le Mans Virtuale, dove avevi combinazioni di piloti che non avresti mai messo insieme nel mondo reale perché i team non lo permetterebbero, ma anche per le relazioni che sei in grado di avere con altri piloti e con gamers e appassionati.
La cosa che ho trovato davvero interessante è che puoi stabilire una relazione con molti piloti che non hai mai incontrato prima e finisci a parlare in chat col loro. Poi li incontri nella vita reale e ridi di questo, questa è una cosa carina. Penso che avvicini la comunità delle corse. Molti ragazzi come Leclerc, Norris o Verstappen sono grandi giocatori e molti dei ragazzi che corrono contro di loro e che hanno iniziato a stabilire relazioni con questi piloti non sarebbero mai riusciti ad incontrare i loro eroi così da vicino in un altro contesto. Questo rende le corse molto più avvicinabili per il mondo esterno.

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