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Intervista

Acciarri: "Il caschetto di Zanardi non protegge la testa!"

Il neurochirurgo dell'Ospedale Bellaria di Bologna in questa intervista eslusiva a Motorsport.com ritiene che i caschetti dei ciclisti siano inadeguati a garantire la sicurezza a cranio e faccia. Il medico abruzzese propone di cambiare le norme a tutela di chi usa biciclette o handbike con proposte che sono il frutto dei traumi che ha trattato. L'incidente di Zanardi dovrebbe insegnare che si deve fare di più a protezione degli atleti e non solo.

Alex Zanardi

Alex Zanardi

BMW AG

 Alessandro Zanardi non molla: è al San Raffaele di Milano dove lotta per la ripresa dopo il quarto intervento chirurgico alla testa. Il campione bolognese combatte in terapia intensiva con l’indole del campione che non ha alcuna intenzione di arrendersi al destino a seguito del drammatico incidente in handbike avvenuto il 19 giugno vicino a Pienza.

Alex è finito con l’handbike nella corsia opposta e ha impattato contro un camion con il volto, riportando gravissime ferite alla testa. Abbiamo chiesto al dottor Nicola Acciari, neurochirurgo dell’Ospedale Bellaria di Bologna, uno dei centri di eccellenza italiani, se con una maggiore protezione della testa l’olimpionico avrebbe potuto cavarsela con danni meno gravi.

L’esperto neurochirurgo abruzzese ritiene che si debba fare molto in materia di sicurezza e proprio l’incidente di Zanardi dovrebbe insegnare che chi va in bicicletta (o in handbike) non è protetto a sufficienza.

Il mondo del Motorsport sarebbe in grado di offrire soluzioni tecnologiche utili a evitare danni come quelli patiti da Alessandro. Acciari, grande appassionato di Formula 1, vorrebbe stimolare i legislatori con una serie di proposte utili ad innalzare la soglia di sicurezza dei ciclisti.

Qual è il livello di sicurezza delle persone che usano la bicicletta?
“Purtroppo, credo che lo standard di sicurezza attuale dei ciclisti non sia adeguato. Per motivi ecologici e per motivi economici, l’uso della bicicletta è aumentato molto nell’ultimo decennio e, quindi, un maggior numero di ciclisti in circolazione ha maggiore possibilità di incidenti se consideriamo anche il generale aumento dei mezzi di circolazione nelle strade”.

In cosa la sicurezza dei ciclisti è carente, o quantomeno inadeguata?
Sicuramente nella protezione della testa. Fino a pochi anni fa non esisteva l’obbligo del casco nell’uso della bicicletta; ora l’obbligo esiste solo per i minori di 12 anni. Quindi, lo sforzo legislativo di aumentare la sicurezza dei ciclisti è palesemente insufficiente. Spesso i peggiori traumi stradali nei ciclisti si osservano negli adulti”.

“Una situazione simile si è vista nello sci, dove l’obbligo del casco esiste fino ai 14 anni. Come se dopo i 12-14 anni la testa di chi ha un trauma in bicicletta o nello sci avesse meno probabilità di lesioni... E’ un’assurdità!”.

Ma se l’obbligo del casco in bicicletta fosse imposto a tutti, indipendentemente dall’età, i caschi da ciclismo attuali sarebbero adeguati a garantire una protezione del capo in caso di traumi?
“Penso proprio di no. Fino a 10 km/h di velocità la caduta in bicicletta può avere conseguenze simili a quelle di chi cade a piedi correndo. Ma dopo i 35 km/h le conseguenze di una caduta in bicicletta, o di un urto con altro mezzo di trasporto, sono paragonabili a quelle di un motociclista”.

Perché i caschi da ciclismo non sono adeguati?
“Perché gli attuali caschi proteggono solo una parte del cranio, ovvero la volta cranica, che è la porzione di passaggio tra la regione frontale e parietale. In più, i materiali con cui sono costruiti molti caschi da ciclismo non sono adeguati a proteggere da urti maggiori”.

“Comunemente, i caschi da ciclismo lasciano scoperte o poco protette le regioni laterali della testa, ovvero temporali, e quella occipito-nucale, ovvero posteriore. In più, nessun casco da ciclista protegge adeguatamente la faccia. Il trauma subito da Zanardi ci dà un’idea di quanto poco protettivo sia attualmente un casco”.

Quindi, cosa si potrebbe proporre per rendere i caschi da ciclismo più sicuri?
“Innanzitutto una protezione più estesa a tutto il cranio, con una forma simile a quella di un buon casco da motociclista. E poi sarebbe auspicabile estendere la protezione alla faccia. Infine, sarebbe giusto che gli standard protettivi della calotta del casco fossero almeno simili a quelli per il motociclista”.

Zanardi, con una protezione del capo e della faccia più estese, avrebbe potuto avere meno conseguenze dall’incidente?
“Difficile rispondere su una vicenda di cui personalmente so quello che dicono TV e media. Se veramente ha avuto un grave trauma fronto-facciale forse con un casco più protettivo avrebbe potuto avere meno conseguenze esterne. Però non scordiamoci che le conseguenze di un trauma cranico derivano anche dalla velocità di impatto. Anche con un casco integrale avrebbe potuto avere conseguenze cerebrali da forza d’urto e forze inerziali”.

È la testa la parte più importante da proteggere in caso di caduta in bicicletta?
“Nell’anatomia umana la testa è sicuramente la parte “esterna” più importante e delicata, ma non è l’unica parte del corpo che andrebbe protetta meglio nei traumi stradali”.

E quali sono le altre parti a rischio di lesioni traumatiche che meriterebbero più protezione?
“Intanto il rachide, soprattutto cervico-dorsale. Nel motociclismo e più recentemente nello sci sono state introdotte a questo scopo delle apposite corazze di materiale protettivo, ma leggere ed ergonomiche”.

“Una simile protezione personalmente credo che la dovrebbero indossare tutti i ciclisti sportivi o agonisti. E poi ricordiamoci che un ciclista che cade o ha un urto con altro veicolo subisce spesso traumi e fratture toraco-clavicolari, delle spalle o degli arti. Per non parlare di gomiti e ginocchia”.

Cosa bisogna fare per migliorare la sicurezza dei ciclisti su strada?
“Innanzitutto un maggior numero di piste ciclabili. La loro presenza in tutti i centri cittadini è in aumento, ma non altrettanto al di fuori di essi. E poi cercherei di creare vere piste ad uso esclusivamente dei ciclisti. L’attuale divisione di molti marciapiedi cittadini in una doppia corsia per pedoni e ciclisti la ritengo promiscua e pericolosa per entrambi”.

Per quale motivo?
“Chi va in bicicletta spesso non è visto dal pedone se arriva alle sue spalle. I ciclisti ormai non hanno o non usano campanello per annunciare il loro arrivo; il pedone può essere un bambino o un adulto distratto o incerto nella marcia che involontariamente invade la corsia del ciclista, con inevitabile incidente”.

In conclusione, quali regole di maggiore sicurezza bisognerebbe adottare per i ciclisti?
“Sul piano generale direi: campanello e suo utilizzo obbligatori; casco obbligatorio a tutte le età, auspicando dei caschi più protettivi, piste ciclabili per soli ciclisti”.

“Sul piano sportivo, aggiungerei: protezione per la colonna vertebrale, per le spalle, per i gomiti e ginocchia e un limitatore di velocità in certe condizioni dove la pedalata non è proporzionale ad essa, per esempio in discesa dove un ciclista sportivo può raggiungere velocità simili a quelle di una motocicletta”.

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