Il 30 giugno 1956, sessant’anni fa, moriva Dino Ferrari...
Sono trascorsi dodici lustri dalla scomparsa dell’amatissimo figlio del “Drake”, oggi ricordato nel nome dell’autodromo di Imola nonché in alcune Rosse e in FIAT entrate nella leggenda.
Il “Drake” non ha mai dimenticato quel figlio, cui aveva voluto un mare di bene e al quale in vita ha continuato a dedicare pezzetti della propria storia e delle automobili marchiate sul cofano anteriore dal Cavallino Rampante: una linea di “Rosse” economiche e sportive, prodotte fra il 1966 e il 1980, con e senza l’impiego iniziale del nome Ferrari, e dotate di motori V6 o V8 in luogo dei 12 cilindri tipici di supercar alto di gamma: le Dino 206 S, 206 GT, 246 GT, 246 GTS e l’ultima, la 308 GT4.
Alfredo, “Dino” o “Alfredino” per gli amici, il celebre papà e la madre Laura Domenica Garello, scomparve sessant’anni fa esatti a Milano, il 30 giugno 1956, stroncato dalla distrofia muscolare cosiddetta “di Duchenne”, che ha la particolarità di manifestarsi fin dall’infanzia e che non ha dato scampo all’amato erede del “grande vecchio” dell’automobilismo internazionale.
Somigliantissimo al genitore nei tratti del viso e nel sorriso, fu portato via dalla malattia all'età di appena ventiquattro anni, interrompendo una brillante carriera di ingegnere meccanico in seno alla Ferrari stessa. Nato a Modena il 19 gennaio 1932, riposa da dodici lustri nel cimitero San Cataldo della città emiliana all’interno della cappella di famiglia.
La passione e la predisposizione per la tecnica era stata trasmessa a Dino da Enzo stesso, cui è attribuita la progettazione del celebre propulsore di 1.986 cc, V6, ideato per la partecipazione della Scuderia Ferrari alle gare di Formula 2 e che, successivamente alla sua dolorosissima scomparsa, verrà montato su alcune vetture della Casa di Maranello che portano il suo nome, ispirate da Alfredo stesso e dalla complicità dell’ingegner Vittorio Jano. Questo propulsore aveva una caratteristica: era un 6 cilindri il cui angolo tra le bancate era di 65 gradi per limitare gli ingombri.
In suo ricordo, anche la FIAT battezzò "Dino" due modelli di spider e coupé, così come un nuovo brand detenuto dalla “Rossa” e, dal 1970, il circuito di Imola, rinominato “Autodromo Enzo e Dino Ferrari” alla morte del padre, la vigilia di Ferragosto del 1988.
Il tracciato romagnolo è stato notoriamente la sede del Gran Premio di San Marino di Formula 1 ed è stato celebrato nel 1979, in occasione dell'ultimo rifacimento, con il “Gran Premio Dino Ferrari”, non valido però per il Campionato Mondiale organizzato dalla FISA.
Il Centro Studi contro le malattie neuromuscolari e neurodegenerative dell’Università degli Studi di Milano è intitolato a Dino Ferrari. Molto è stato fatto per combattere la distrofia di Duchenne, che colpisce all’incirca un maschio ogni tremilacinquecento, provocando atrofia e debolezza muscolare a progressione rapida, tanto che molti malati hanno oggi in media un'aspettativa di vita di sessant’anni. Tanti quanti ne sono trascorsi dalla morte di Alfredo l’ultimo giorno di giugno del 1956...
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