Formula SAE | Le sfide dei prototipi elettrici raccontante dalla pista
Progettare una vettura non è mai una sfida semplice, soprattutto se si tratta di un prototipo elettrico il cui sviluppo è partito da un foglio bianco. In questa intervista rilasciata a Motosport.com, gli studenti di UniUd E-Racing Team raccontano come è nato il progetto, lo sviluppo negli ultimi due anni e quale approccio hanno applicato nella realizzazione della loro auto.
Nel corso degli anni, il motore a combustione ha rappresentato il focus principale dell’industria automotive, ma nell’ultimo decennio la spinta verso scelte più sostenibili a livello ambientale ha mosso il mondo dell’auto a cercare delle alternative. Una di queste è l’elettrico, il quale progressivamente si sta ponendo al centro della strategia di business di molte aziende, sia presente che future.
Un’opportunità di crescita in un settore che ha conosciuto uno sviluppo accelerato, anche per gli studenti della Formula SAE, che sfruttano la competizione non solo come un’opportunità per cimentarsi in qualcosa di differente dai classici studi teorici, ma anche come una chance per accrescere le proprie competenze tecniche direttamente sul campo assieme a tanti colleghi.
Di ciò ne abbiamo parlato con Yassine Mangar, Team Leader della squadra “UniUd E-Racing Team” dell’Università di Udine, alla sua prima partecipazione nella manifestazione con un progetto che ha preso il via da un foglio bianco. La spinta per la creazione di un team che rappresentasse l’Ateneo friulano è giunta direttamente degli studenti, i quali sono partiti alla ricerca di un faculty advisor che potesse sostenerli nell’iniziativa, così come delle opportunità che consentissero di mettere insieme un budget per realizzare una vettura elettrica, che presenta costi di progettazione e realizzazione maggiori rispetto a un’auto a combustione interna.
Gli sudenti del UniUd E-Racing Team preparano la vettura prima di scendere in pista.
Photo by: Davide Cavazza
La scelta è ricaduta sull’elettrico con un occhio al futuro ed è proprio dal mondo dell’energia green che arriva uno degli sponsor che ha sostenuto il programma, Tesla. Gli studenti dell’Università di Udine sono infatti stati premiati dall’azienda statunitense al termine di un bando rivolto a tutti i team partecipanti alla Formula SAE: il team ha così ricevuto seicento celle di litio con cui poi sono poi andati a costruire il proprio pacco batterie.
Per il primo anno nella competizione, non avendo dati e riferimenti precedenti l’obiettivo è soprattutto quello di costruire e trovare una base affidabile, in particolar modo per quanto riguarda il raffreddamento del pacco batterie, del motore e dell’inverter, che sono il cuore della macchina.
“È partito tutto da noi studenti con la ricerca di un docente che potesse farci da Faculty Advisor, perché ci tenevano come università a partecipare a questa competizione. Siamo riusciti a trovare un Faculty Advisor che riteniamo perfetto. Ma è stata dura fin dall’inizio, siamo partiti da zero, nessuno di noi era stato in un altro team o aveva precedenti esperienze, quindi abbiamo cercato di mettere su carta tutte le nozioni apprese durante le lezioni. In diverse occasioni con questo percorso abbiamo esaminato alcune nozioni che altrimenti non avremmo avuto modo di approfondire”.
“Sono molto orgoglioso e fiero dei miei colleghi, in meno di due anni siamo riusciti a costruire le macchina e passare le tech, un traguardo che ritengo importante per noi. Quindi ci siamo tolti diverse soddisfazioni. Questo progetto, al di là della macchina, ci ha permesso di toccare con mano una complessità tale che ci ha portato a un percorso di crescita accelerato, come un incubatore di conoscenze. A livello personale, senza questo progetto, che reputo fondamentale, non avrei acquisito molte nozioni sia lato hard skill, come le tecniche progettuali. Ma l’aspetto più importante è quella delle soft skill, come riuscire a collaborare e far andare d’accordo cinquanta persone, far progredire e crescere ogni reparto in modo sincrono senza che si accavalli all’altro, gestire i conflitti interni. Questo progetto rappresenta una sorta di stage anticipato, come se avessimo lavorato ininterrottamente per due anni, è molto importante”.
Il paddock della Formula SAE Italia 2023
Photo by: Gianluca D'Alessandro
Nel corso degli anni si sono aggiunte sempre più vetture elettriche, tanto che nell’edizione di quest’anno è la classe che presenta il maggior numero di veicoli, mentre il numero di quelle a combustione sta calando progressivamente. Come mai avete deciso di puntare sull’elettrico nel momento in cui avete deciso di dare vita a questo nuovo progetto? Pensate che possa tornare più utile come esperienza per il futuro anche dal punto di vista lavorativo?
“C’è una duplice motivazione. La prima è che c’è un trend importante in termini di transizione ecologica. Qualche settimana fa abbiamo preso parte a un incontro di Lamborghini e ci è stato spiegato come tutto il mondo automotive si sta muovendo per avere almeno una serie elettrica. La prima ragione è quindi proprio questo tendenza verso il mondo elettrico e ibrido, quindi sarebbe stato controintuitivo partire da un motore a combustione interna. Questa transizione penso spinga anche competizione come quella della Formula SAE a investire sempre di più nelle auto elettriche. Progettare un’auto richiede molti mesi, quindi l’idea era quella di realizzare qualcosa di completo che potesse richiedere anche due o tre anni, nonostante i requisiti di budget siano esponenzialmente più grandi. Dal punto di vista del budget, infatti, sarebbe stato più semplice puntare su una vettura a combustione interna, probabilmente avremmo speso un 25% di quanto abbiamo investito per questo progetto elettrico. Avremmo potuto pensare a un programma su un motore a combustione interna, ma abbiamo ragionato sul lungo periodo. Se dopo un paio di anni quella categoria fosse stata declassata, avremmo dovuto ripartire da zero, perché sono due ambiti completamente differenti. Inoltre, sono arrivati consigli anche di altri team, è questo è un aspetto bellissimo della Formula SAE. Ci è stato consigliato di fare un primo passo importante, senza cercare una via facile che avrebbe spostato la sfida e la complessità del progetto elettrico tra qualche anno”.
Sulla vettura sono presenti numerosi sponsor che vi sostengono. Tra questi c’è anche un marchio di alto livello come Tesla. Come è nata questa collaborazione?
“Questa collaborazione è nata tramite un bando gestito da Tesla, in cui ha dato la possibilità a tutti i team di Formula Student intenzionati a partecipare alle competizioni della Formula SAE di fare application mandando il progetto del proprio pacco batteria. Gli ingegneri di Tesla hanno poi revisionato i progetti uno per uno, scegliendo quelli più meritevoli. Per i vincitori del bando le alternative erano o la fornitura delle intere celle oppure di un buono sconto da spendere in fornitori di pacchi celle già assemblati e certificati da Tesla. Noi abbiamo presentato il nostro progetto, che è poi stato validato dagli ingegneri di Tesla e abbiamo ricevuto in fornitura di seicento celle di litio con cui poi siamo andati noi a costruire il nostro pacco batterie. Inoltre, abbiamo ricevuto anche dei chip che sono inserite nelle nostre schede di battery management system, le quali vanno a bilanciare le celle”.
Formula SAE Italia 2023
Photo by: Davide Cavazza
Quali strumenti avete avuto a disposizione durante lo sviluppo della vettura? E quanti test avete completato prima di arrivare qui a Varano per questa competizione?
“I test sono innumerevoli. In ordine cronologico, siamo partiti davvero da un foglio bianco due anni fa, abbiamo iniziato a fare gli schizzi insieme che, rivedendoli ora, ci fanno riflettere sul percorso fatto. Abbiamo buttato giù delle idee cercando di trovare delle linee guida comuni all’interno della squadra, in modo da andare in un’unica direzione, per non perdere energie in cosa che non avremmo poi sviluppato. Dopo di che, siamo passati alla parte CAD, dove ci sono numerosi fornitori. Noi usiamo Solidworks, che fornisce agli studenti di Formula Student una licenza premium tramite sponsorizzazione, quindi totalmente gratuita. Grazie a ciò siamo riusciti a progettare in digitale tutta la macchina. Poi abbiamo anche altri software, come Altium, anch’esso fornito tramite sponsorizzazione, ed è il software utilizzato dai tecnici Tesla per progettare la parte elettrica delle loro macchine. Così abbiamo progettato tutti i layout delle PCB che abbiamo poi assemblato e programmato, per cui l’intero firmware è stato fatto da noi. Nel nostro ateneo abbiamo la fortuna di avere dei laboratori ben forniti con tecnologie all’avanguardia, e siamo riusciti a simulare la disposizione migliore delle celle fornite da Tesla. Abbiamo quindi creato un mock-up di un segmento di pacco batteria, mentre in una fase successiva abbiamo ricreato una mini galleria del vento per simulare quelle che erano le cadute di pressioni del pacco e decidere in che direzione ventilarlo oppure a che distanza mettere le varie celle per massimizzarne il raffreddamento. Qualsiasi scelta progettuale importante, oltre alla verifica su simulazione, abbiamo cercato di ricrearla al banco. Un esempio è proprio il circuito di raffreddamento: un’azienda ci ha realizzato un radiatore custom e noi siamo andati a validarlo al banco per verificarne le effettive prestazioni, in modo da non incontrare degli intoppi. Lato elettrico i ragazzi hanno implementato una soluzione molto innovativa utilizzato un linguaggio molto moderno, grazie a cui è stato possibile gestire tutte le centraline disposte nel veicolo”.
Una delle grandi sfide dell’elettrico è quella proprio del raffreddamento del motore e del pacco batterie. Spesso se è sentito parlare in Formula E, dove le alte temperature non influenzano solo le prestazioni, ma anche l’efficienza e l’affidabilità della batteria. Domenica affronterete la prova dell’endurance, una delle più impegnative di questa cinque giorni. Date le alte temperature di questi giorni, quanto influisce il caldo nella vostra preparazione e nella competizione in pista?
“Guardando vari team, vedrete scelte completamente differenti. Molto dipende da come viene progettato e realizzato il pacco batterie. Noi, essendo al primo anno in questa competizione, abbiamo scelto di trovare delle soluzioni che possono sembrare basilari in determinati campi, mentre in altre, come sul lato elettronico, abbiamo cercato di innovare. L’obiettivo era quello di avere soluzioni che ci permettessero di mettere in pista la macchina e raccogliere dati per validare quanto abbiamo fatto. Per quanto riguarda alcune scelte meccaniche, quindi, abbiamo deciso di non osare, in modo che non si creassero delle complicazioni che non ci permettessero di raccogliere dati utili. Alcuni dei nostri componenti sono sovradimensionati e questo è dovuto al fatto che, non avendo mai partecipato prima, non avevamo una stima effettiva dei consumi, le tempistiche e altri ulteriori aspetti, per cui abbiamo fatto una stima con alcuni fattori di correzione. Forse, quindi, il nostro pacco batterie è uno di quelli che soffrirebbe di meno il caldo per via del layout. Ci sono invece squadre che hanno pacchi batterie molto compatti, magari con celle cilindriche, dove il tema del raffreddamento diventa molto più complesso, per cui si studiano soluzioni di ventilazione forzata o di raffreddamento a liquido. Noi abbiamo deciso di raffreddare il pacco batterie con sei ventilatori dall’alto e con delle prese d’aria alle spalle del pilota che vanno a incanalare l’aria. Questo è l’aspetto più critico. Per questo non ci sono appendici aerodinamiche, perché i nostri ragazzi hanno investito la maggior parte dei loro sforzi proprio sul cooling del pacco batteria, motore e inverter, che sono il cuore della macchina. L’idea era quindi quella di far correre prima la macchina, in modo da raccogliere dati ed avere delle fondamenta solide”.
Un ringraziamento e un grande in bocca al lupo per le prossime sfide agli studenti di UniUd E-Racing Team.
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