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Dramma Hubert: quando bisogna fare i conti con la realtà

La scomparsa di Anthoine nel brutale incidente al Raidillon durante la gara di F2 a Spa testimonia come non si possa cancellare il rischio nel Motorsport nonostante si siano adottate tutte le soluzioni di sicurezza per proteggere i piloti. Hamilton: "Per me Hubert è un eroe".

Anthoine Hubert, Arden

Foto di: FIA Formula 2

Ci sono eventi rivelatori di una realtà, incidenti che portano alla luce un pericolo latente rimasto tale più o meno a lungo ed emerso improvvisamente in modo drammatico.

Non è quanto abbiamo visto ieri a Spa, perché la violenza di un impatto tra una monoposto che procede ad oltre duecentotrenta chilometri orari contro una vettura ferma, è qualcosa che oggi supera ogni concetto di sicurezza.

È doveroso, da parte della FIA, condurre indagini approfondite, nulla deve essere lasciato al caso, soprattutto analizzando le cause che hanno innescato la terribile carambola. Ma l’impressione è che questo caso terminerà con una conclusione che non tutti sono disposti ad accettare, ovvero che il motorsport è una disciplina sportiva contenente nel suo Dna una componente di pericolo.

“Se un appassionato che segue e si diverte guardando questo sport, pensa per un secondo che quello che facciamo è uno sport sicuro commette un enorme errore – ha commentato Lewis Hamilton – tutti i piloti mettono la loro vita in pericolo quando scendono in pista e la gente deve apprezzare seriamente questo aspetto, e a volta questo aspetto non è considerato come andrebbe fatto anche da alcuni addetti ai lavori. Per quanto mi riguarda Anthoine è un eroe, lo è per aver corso un rischio inseguendo i suoi sogni”.

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Negli ultimi vent’anni la sicurezza nel mondo delle corse in pista, ed in particolare in quello delle monoposto, ha compiuto dei passi avanti enormi, che ci hanno progressivamente abituati ad assistere a carambole paurose dalle quale i piloti coinvolti escono con molto disappunto per la gara o la qualifica gettata al vento, ma incredibilmente illesi.

È una conquista enorme, frutto di un grande lavoro che ha avuto la spinta maggiore all’indomani del tragico weekend di Imola nel 1994. Il motorsport è diventato una disciplina sportiva sempre più sicura, ma in particolari condizioni resta un limite fisico oltre il quale il corpo umano non ce la fa, e la dinamica del terribile incidente tra Anthoine Hubert e Juan Manuel Correa, sembra proprio rientrare in questa casistica.

In giornate terribili come quella di ieri il paddock si compatta nel rispetto della tragedia, ma non di rado monta qualche polemica, con dita puntate in una o più direzioni. Ieri non è stato così, e gli stessi addetti ai lavori hanno testimoniato che davanti all’estremo bisogna accettare la realtà, durissima, ma inevitabile quando si incrociano eventi di questa portata.

La Formula 2 si è ritrovata per la prima volta nella sua storia (da quando nel 2005 è stata lanciata la GP2) sotto una cappa di incredulità e dolore, decidendo di non scendere in pista nella gara-2 in programma oggi. Una scelta arrivata in modo spontaneo, che ha visto il paddock compatto nella decisione.

La F2 si ferma, F1 e F3 proseguono il weekend

All’esterno c’è chi ha puntato il dito contro la Formula 1 e la Formula 3, che oggi saranno regolarmente in pista, con velate accuse di cinismo davanti ad una tragedia. Opinioni, ma a fare la differenza in questo caso sono anche i contesti in cui piloti ed addetti ai lavori vivono il loro quotidiano.

La Formula 2, denominata  GP2 fino dal 2005 al 2016, è un paddock adiacente la Formula 1, dove team e piloti vivono a stretto contatto. Colazione, pranzo e cena sono condivisi nella stessa hospitality, dove i piloti e i componenti dei team si ritrovano fianco a fianco in tutti i weekend di gara.

Una grande famiglia viaggiante, in cui non prendono forma gelosie ma anche veri rapporti di amicizia e rispetto, e ieri questa famiglia ha vissuto il momento più drammatico della sua storia, ritrovandosi per la prima volta a fare i conti con un incidente mortale.

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La decisione di fermarsi per un giorno è sembrata a tutto il paddock l’unica scelta possibile, soprattutto perché sarebbe stato impossibile pensare di tornare in pista meno di ventiquattr’ore dopo la scomparsa di un compagno di viaggio come è stato da inizio anno Hubert.

Un contesto diverso da quello di Formula 1 e Formula 3, molto scosse dall’accaduto ma meno coinvolte sul fronte emotivo rispetto a chi viveva fianco a fianco con Hubert. Nel corso della giornata odierna chi sarà in pista onorerà la memoria di Anthoine in altri modi, ma non per questo meno significativi. Non è questione di “show must go on”, ma di impatti emotivi differenti, come differenti sono i modi di elaborare un lutto a seconda dei rapporti avuto con una persona che non c’è più. Assumere posizioni polemiche in queste circostanze lascia il tempo che trova, con il rischio di sembrare decisamente fuori luogo.

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