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Analisi

Sfida Ferrari - Mercedes in equilibrio, ma è Hamilton a fare la differenza

Nelle prime 11 gare del 2019 è stato il quattro volte campione del mondo a metterci del suo per riportare al comando dei due mondiali la Mercedes. Lewis si è guadagnato il principesco rinnove del contratto, ma ora tocca a Vettel reagire.

Il vincitore della gara Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1, festeggia nel parco chiuso con il suo team

Steve Etherington / Motorsport Images

Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1 W09
Il vincitore della gara Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1, festeggia nel parco chiuso
Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1, nella drivers parade
Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1 W09
Lewis Hamilton, Mercedes-AMG F1 e il Dr. Dieter Zetsche, CEO Daimler AG, festeggiano sul podio
Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1 W09, e Valtteri Bottas, Mercedes AMG F1 W09
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H, esce dalla sua monoposto dopo essere andato a sbattere quando si trovava al comando
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H, se ne va dopo l'incidente
Sebastian Vettel, Ferrari, in griglia di partenza
Sebastian Vettel, Ferrari, rientra al box dopo essere andato a sbattere quando si trovava al comando della gara
Sebastian Vettel, Ferrari SF71H, effettua un pit stop
Sebastian Vettel, Ferrari, parla con Maurizio Arrivabene, Team Principal, Ferrari, e Jock Clear, Engineering Director, Ferrari, dopo l'incidente

“Lewis mi emoziona dal 2013. La differenza tra i buoni piloti ed i campioni la si vede nei giorni difficili, quando sono in grado di fare la differenza. E Lewis è un campione”. Le parole sono di Toto Wolff, pronunciate poco dopo l’impresa confezionata domenica scorsa da un Lewis Hamilton stellare.

I fuoriclasse non sono mai sfortunati (questa è regola infallibile) e Lewis nel Gran Premio di Germania ha avuto dalla sua una gara che ha gli ha offerto chance importanti, opportunità che il campione del Mondo ha colto al volo nel modo migliore.

In più, e serve anche questo, il ‘rimontone’ di Hockenheim è arrivato all’indomani dell’ufficializzazione del rinnovo contrattuale, e davanti a Dieter Zetsche, presidente del gruppo Daimler. Il “baffo” è salito sul podio, godendosi la doppietta della sua squadra dalla posizione migliore al prezzo di una doccia di champagne che un’ora prima era tutt’altro che prevista.

Ad Hockenheim, sin dal giovedì, si è parlato molto del rinnovo di Hamilton, e dei presunti (ma non smentiti) 45 milioni di euro a stagione che l’inglese si è assicurato per il 2019 e 2020. Quando vengono annunciati ingaggi di questa portata c’è sempre chi storce il naso, ritenendo le cifre eccessive per un ruolo (quello del pilota) che negli anni è stato sminuito da una serie di luoghi comuni le cui veridicità sono tutte da confermare.

Nell’economia di una squadra di Formula 1 la variabile pilota è sempre tra le più significative, lo è stata in passato e lo è oggi. Ci sono stati cicli contrassegnati da una superiorità tecnica assoluta, dove molti piloti della griglia di partenza avrebbero potuto lottare per il Mondiale se solo si fossero trovati al volante della monoposto del momento. È accaduto nel 2002, nel 2004, ed anche nel triennio iniziale del ciclo ibrido, in cui Rosberg ed Hamilton hanno fatto il bello ed il cattivo tempo. Dal 2014 al 2016 prima che i piloti a vincere è stata la Mercedes.

Ma ci sono anche stagioni in cui il confronto è decisamente serrato, e quando si arriva a lottare per il decimo di secondo, chi siede al posto di guida diventa colui che può determinare l’esito di un campionato. Anche se la tecnologia ha automatizzato alcune delle funzioni che in passato erano a carico del pilota, chi è dento il casco fa la differenza, soprattutto quando la competizione (come oggi) è in un contesto di equilibrio tecnico.

Già nello scorso Mondiale Hamilton ha dovuto metterci parecchio del suo per avere la meglio sul binomio Ferrari/Vettel, e nella prima metà del 2018 Lewis sta ricorrendo sempre più spesso a tutto il suo miglior repertorio per arginare una concorrenza ancora più agguerrita rispetto a dodici mesi fa.

A Maranello hanno completato un aggancio tecnico che sembrava impossibile, in qualifica, in gara, sul fronte della gestione degli pneumatici ed anche sull’adattabilità alle diverse tipologie di circuiti. La variabile tecnica si è incredibilmente azzerata, e l’impressione sempre più netta è che la palla sia passata su altri fronti. Strategie, affidabilità e soprattutto….piloti.

La pressione è altissima, ma il peso della tensione sembra disegnare un habitat in cui Hamilton si trova a meraviglia. Nel girone d’andata del Mondiale, chiuso ad Hockenheim, è stato lui il valore aggiunto della Mercedes, e fa bene Wolff a coccolarsi il suo pilota, come bene ha fatto Zetsche ad avallare il suo ingaggio anche per il prossimo biennio.

Dopo le prime undici gare è estremamente difficile stabilire quale tra Mercedes W09 e la Ferrari SF71H sia la monoposto da Mondiale, ma è semplice identificare in Hamilton il pilota che ha dato di più.

Tutto è ancora apertissimo, ovviamente, lo dicono i numeri ed anche l’aria che si respira nel paddock. Gli inglesi amano dire, a proposito dei giudizi sui piloti, “as good as last race”, ovvero che la memoria di chi giudica spesso è corta, e si limita a quanto fatto nell’ultima gara disputata.

Tutto quindi può cambiare nel giro di una gara, già domenica prossima in Ungheria, ma questo Hamilton fa paura perché sembra diventato immune da errori da penna rossa, ovvero proprio quelli sbagli che Vettel ha commesso ben tre volte negli ultimi quattro Gran Premi.

Ora sta a Seb prendersi la rivincita nel girone di ritorno e mettere tutti a tacere, scrollandosi di dosso la nomea del quadricampione con gli scarichi soffiati. La monoposto nelle sue mani non gli preclude alcun risultato, e non è cosa da poco, ma dovrà avere la meglio su un mastino che sarebbe ostico per tutti, nessuno escluso.

Se ci riuscirà, la sconfitta di Hamilton sarà la caratura eccezionale di uno splendido quinto titolo Mondiale, in caso contrario non è da escludere che a Maranello possano iniziare a pentirsi dello slancio di fiducia che dodici mesi fa ha portato alla firma di un rinnovo triennale che scadrà al termine del 2020.

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