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Ricordo | Il mondo delle corse piange Alberto Antonini

Si è spento giovedì sera all'ospedale Sant'Orsola di Bologna il giornalista di Autosprint e poi commentatore di Sky che nel 2014 era diventato il responsabile della comunicazione della Ferrari. Aveva 61 anni ed è stato stroncato da una brutta malattia. Ecco un breve quadro più dell'uomo che del professionista.

Alberto Antonini, giornalista  Autosprint

Uno sguardo profondo che guardava lontano, ma sempre con un velo di malinconia. E il perenne sorriso incorniciato nella barba curata e la folta chioma spesso scapigliata. Una persona speciale che non aveva bisogno di mettersi in mostra per dire che c’era. Alto e dinoccolato, spesso sembrava che si trovasse lì per caso. Perché a volte aveva la testa nelle nuvole, nei suoi pensieri. E, invece, era presente, presentissimo. Un introverso che aveva trovato proprio nel comunicare la straordinaria capacità di superare i vincoli giovanili del suo carattere.

Un contrasto? Forse, ma in realtà una grande risorsa. Perché conta l’uomo ancor prima del professionista. Gli abbiamo voluto bene tutti. E se n’è andato in punta di piedi proprio come l’avevo conosciuto quando alle prime armi era entrato nella redazione di Autosprint: Alberto Antonini ha lottato contro la leucemia.

Subito gli avevano dato delle speranze, ma in pochi mesi si è spento inghiottito da un destino crudele. Con Roberto Boccafogli, erede del suo ruolo in Ferrari, e con Roberto Chinchero lo avevamo chiamato da Monza durante il weekend del GP d’Italia: noi eravamo nel mondo rombante che è stato il suo mondo per oltre 30 anni, lui era in una camera asettica dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna.

Forte del profondo legame con Barbara, punto fermo della sua vita, Alberto era consapevole di che battaglia stava iniziando, ma era pronto a sfidare la malattia. Da solo contro un nemico che era dentro di lui. Ce l’ha portato via troppo in fretta. E ora c’è il vuoto. Di parole che non si riescono a scrivere sulla tastiera, perché le lacrime che non si piangono tolgono la nitidezza ai tanti ricordi che, invece, torneranno a essere vividi e incancellabili nella memoria dopo che il dolore avrà mollato la presa.

La battuta tagliente, arguta, ma mai cattiva era il suo biglietto da visita. Quegli occhi che guardavano lontano sapevano captare storie e verità. Non era un giornalista d’assalto, perché erano le fonti che andavano da lui. Conosceva le lingue e con l’inglese declinava anche certi dialetti meglio degli anglosassoni. Parlava con un filo di voce perché non serviva alzare i toni per essere autorevole.

Aveva un dono: la capacità della sintesi. Centrare la notizia senza fronzoli. E una lucida capacità di scrittura anche in tempi stretti, spiegando le cose difficili con parole semplici. Come uno scrittore di razza che non ha avuto il tempo di raccontarsi, ma che ci ha lasciato il suo Sebastian Vettel. Ah già, la Ferrari. Una parentesi piena, appagante e difficile. La F1 vista dall’altra parte della barricata con due “caratteracci” come Sergio Marchionne e Maurizio Arrivabene. Un buono fra due duri con una rossa che ci ha provato a vincere. E non bisogna aggiungere altro…

A Barbara e alla famiglia vanno le condoglianze della direzione e redazione di Motorsport.com.

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