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Red Bull: la visione a lungo termine dietro l'accordo con Honda

L'accordo tra la Red Bull e la Casa giapponese per gestire in autonomia le power unit Honda a partire dal 2022 avrà benefici anche a lungo termine consentendo al team diretto da Horner di giocare allo stesso livello dei costruttori generalisti.

Max Verstappen, Red Bull Racing RB16

Foto di: Glenn Dunbar / Motorsport Images

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La Red Bull, come azienda, ama fare le cose a modo suo. Essere soltanto uno sponsor nel business di qualcun altro non è qualcosa con cui si trova a proprio agio. È questo il motivo per cui possiede due squadre di Formula 1, diversi club di calcio, gestisce i propri eventi, ha una propria casa mediatica e detiene un canale televisivo. Oh, e ha anche la sua etichetta discografica.

Per queste ragioni non è difficile capire quanto deve essere stata frustrante l'era turbo-ibrida della F1 per il gigante delle bevande energetiche. Durante l'incantesimo dei V8, dove le prestazioni del motore erano praticamente uguali per tutti, la Red Bull aveva trionfato in un momento in cui l'aerodinamica la faceva da regina. Ed i suoi successi sono stati aiutati anche dalla Renault grazie agli scarichi soffiati.

Ma il passaggio della F1 ai motori turbo ibridi nel 2014 ha cambiato il panorama in modo drammatico. La power unit è diventata il centro delle prestazioni complessive dell'auto. Prima la potenza e poi, in epoca più recente, il packaging, la distribuzione dell'energia e gli investimenti dilaganti sono diventate le chiavi del successo.

La Mercedes, all'avanguardia della tecnologia turbo ibrida dal 2014, è riuscita a plasmare il suo record di sette titoli mondiali consecutivi intorno alla perfetta combinazione del suo motore con la sua auto facendo diventare le due componenti una cosa sola.

Per la Red Bull questa è stata l’era in cui il suo destino è stato deciso da fattori fuori dal suo controllo. La Renault, partner fondamentale per i successi nella prima metà degli anni ’10, ha arrancato quando sono state introdotte le power unit, ed anche se adesso è riuscito a crescere ed ottenere un motore in grado di poter cogliere qualche vittoria, di sicuro non è considerato come il miglior propulsore del lotto.

Inoltre per la Casa francese, l’impegno in prima persona in F1 ha comportato uno spostamento delle priorità con le richieste Red Bull passate in secondo piano.

Il rapporto tra il team di F1 ed il costruttore francese si è presto avvelenato e tra il 2016 ed il 2018 i motori Renault installati sulle Red Bull portavano il nome TAG-Heuer.

Il passaggio della Red Bull ai motori Honda avrebbe dovuto consentire al team di avere daccapo la situazione sotto controllo. Anche se non paragonabile a quanto visto in altri team come Mercedes, Ferrari e Renault, costruttori sia del motore che della vettura, la Honda avrebbe lavorato in esclusiva per le due squadre del gigante degli energy drink.

Nel 2019 la Casa giapponese avrebbe dovuto porre le fondamenta per consentire alla Red Bull di andare all’assalto del titolo nel 2020, ma la realtà è stata ben diversa dalle aspettative. La power unit Honda ha dimostrato ancora una volta di non essere al livello di quella Mercedes, ma la notizia peggiore è arrivata dal Giappone.

Le difficoltà finanziarie che tutte le case automobilistiche stanno attraversando a causa del passaggio alle vetture elettriche, e gli alti costi di un progetto di F1 che non aveva ancora portato un titolo iridato, hanno spinto i capi della Honda a staccare la spina al programma. Questa mossa ha lasciato di nuovo la Red Bull nell'unico posto in cui non le piace essere: dipendente da qualcun altro.

A prima vista, sembrava che l'unica opzione della Red Bull sarebbe stata quella di tornare in ginocchio dalla Renault per avere nuovamente le sue power unit clienti - e tornare così a tutte quelle frustrazioni che aveva quando non era padrona del proprio destino. Presto, però, si è aperto un piano alternativo: la Honda ha accettato di vendere il suo progetto di F1 alla Red Bull che avrebbe creato così la propria divisione motori.

Per arrivare a questo punto, però, sono state necessarie alcune manovre politiche soprattutto in ottica di congelamento dei motori. La Red Bull, infatti, non si sarebbe mai potuta permettere di sostenere i costi di sviluppo di una power unit.

Alla fine, grazie anche ad un’opera di convincimento da parte del nuovo CEO della F1, Stefano Domenicali, l’accordo è stato raggiunto.

Se questa mossa può essere considerata positiva per le ambizioni a breve termine della Red Bull, è soprattutto in ottica a lungo termine che potrà far apprezzare il suo valore. La Formula 1 non abbandonerà la strada dei motori turbo ibridi dal 2025 e l’importanza delle power unit non diminuirà. Se la Red Bull vuole essere padrona del proprio destino, l’unica soluzione possibile è essere responsabile del suo motore.

Il team di proprietà di Dietrich Mateschitz è sempre stato stuzzicato dall’idea di costruire un propulsore in proprio, ma i costi iniziali dello sviluppo per la realizzazione da zero di una power unit hanno messo un freno all’idea. L’opportunità concesse da Honda era una occasione che non poteva non essere colta al volo.

Quando Christian Horner ha indicato questa come una soluzione a lungo termine è subito apparso chiaro a cosa si riferisse. La Red Bull punta a diventare un costruttore a tutto tondo così come Mercedes, Ferrari e Renault. Per la prima volta nella sua storia in Formula 1, la responsabilità dei risultati in pista dipenderà da quanto verrà fatto a Milton Keynes.

Se alcune squadre non avrebbero affrontato un rischio simile, e non avrebbero mai accettato la sfida di confrontarsi con alcuni dei più grandi marchi automobilistici del mondo, la Red Bull è andata controcorrente com’è da sempre nel suo stile.

Nel parlare delle implicazioni maggiori che questa mossa ha comportato, Horner ha sottolineato come la scelta di gestire le power unit in proprio ha rinvigorito le ambizioni della Red Bull. Il team principal ha sottolineato come l’idea di un ritorno ai motori Renault non avrebbe avuto lo stesso impatto sulle prospettive future della squadra, anche se ha confermato come una scelta simile non avrebbe spinto il team ad abbandonare definitivamente la F1.

“La Red Bull è cresciuta troppo per essere un team clienti. Le ambizioni di questo team hanno superato quelle di alcuni degli attuali fornitori. Con la Honda abbiamo vissuta un rapporto fantastico ed è un peccato che si concluda alla fine di questa stagione”.

“Abbiamo vissuto due anni di successo e siamo determinati ad affrontare con la stessa motivazione anche quest’ultimo anno. Dal 2022 la Red Bull sarà padrona del proprio destino. Credo che con questa scelta abbiamo preservato l’impegno della squadra in F1 per il prossimo futuro”.

Con la possibilità di essere indipendente da qualsiasi fornitore, la squadra di Dietrich Mateschitz ha riscoperto daccapo il proprio amore per la Formula 1.

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