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Toro Rosso, Albon si presenta: "Nel primo anno in F1 non mi pongo obiettivi. I miei idoli? Schumi e Rossi"

Alex Albon, rookie portacolori della Toro Rosso, si confessa a margine della presentazione della nuova monoposto di Faenza motorizzata Honda. Tra passato, presente e futuro, il giovane driver spera di trovarsi a suo agio sulla nuova monoposto

Alex Albon, Scuderia Toro Rosso

Alex Albon, Scuderia Toro Rosso

Mark Sutton / Motorsport Images

È un Alex Albon sicuro della freschezza dei sui 23 anni da compiere, quello che si presenta a margine dell’unvealing della Toro Rosso STR14. Il giovane ragazzo di Londra, con passaporto Thailandese, sa di avere gli occhi di una nazione che sta imparando ad amare il motorsport puntati su di lui. Forte di un terzo posto in campionato conquistato nel team DAMS nel 2018 in Formula 2, Albon ci racconta le sue aspettative per la stagione, ammettendo che grazie ai test in Formula E ha capito in breve tempo come sfruttare una power unit di Formula 1.

Ci sono molte cose da imparare per un debuttante in Formula 1: una tecnologia molto differente rispetto qualsiasi cosa tu abbia provato sino ad ora. Come stai affrontando l’avvio di stagione, al momento?
“Ovviamente, sono convinto che la curva di apprendimento crescerà passo dopo passo. Avrò 4 giorni di test a Barcelona prima del Gran Premio di Melbourne, quindi non potrò guidare molto. L’obiettivo principale è trovarmi a mio agio in auto, essere più veloce possibile. Per quanto riguarda la mia preparazione, non voglio caricarmi eccessivamente di troppa pressione, ma è la mia opportunità di fare vedere quanto valgo”.

Hai trascorso parecchio tempo al simulatore per imparare al meglio le piste su cui correrai?
“Sì, questa è la priorità al momento. Oltre a quello, però, ho voluto anche trascorrere del tempo con il team per capire la monoposto il prima possibile e far sì che tutto funzioni a dovere in vista di Melbourne”.

Qual è il cambiamento principale tra la Formula 2 e la F1? La power unit è il solo aspetto a cui ti devi abituare?
“Direi di sì. Sono stato fortunato perché ho fatto dei test in Formula E in passato, quindi ho imparato molto su come lavora un motore. È incredibile come siano simili, tutto sommato, powertrain di F1 e Formula E! Non voglio direi che funzionino alla stessa maniera, ma per il modo in cui bisogna correre risparmiando energia e per altri aspetti, avvicina i motopropulsori. Non penso sarà così difficile adattarsi a questo cambiamento, anche grazie ai test passati. Un punto differente è la velocità: queste monoposto sono tra le più veloci di sempre e, anche se si dovesse abbassare un filo la velocità pura rispetto al 2018, tra F2 e F1 c’è un salto importante. Il cardine di tutto è il carico aerodinamico, per quanto riguarda la velocità in sé non penso avrò problemi ad adattarmi. Un aspetto sul quale non si soffermano in tanti è il numero di persone con cui si lavora: in Formula 2 avevo due ingegneri, un ingegnere capo e due meccanici. Adesso ho a che fare con un team di 400 persone, e ciascuno lavora alacremente per portare la vettura al massimo”.

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Perché hai scelto proprio il numero 23?
“Sono un grande fan di due persone: Michael Schumacher e Valentino Rossi. Da piccolo, il mio letto era rosso e avevo ovunque qualcosa con il 46 stampato sopra. Il mio numero di gara è sempre stato 46, oltre ad un “The Doctor” sul fianco dell’auto. Sì, sono un po’ suo fan… Ricordo che, quando ero piccolo, per tenermi buono mia mamma metteva sempre dei video di Valentino Rossi. Quando ho iniziato a correre, non ero in categorie in cui si potesse scegliere il numero di gara: una volta arrivato in F1, sentivo che non potevo correre con il 46”.

Quindi hai preferito dimezzarlo?
“Il 23 è sempre stato un buon numero, per quanto mi riguarda. Ho già corso con questo numero. Penso che comunque proverò ad indossare il numero di Rossi in qualche modo, per rispettare la mia tradizione”.

Cosa vuol dire correre sotto la bandiera della Thailandia?
“È qualcosa di importante per me. È passato molto tempo prima di vedere un pilota della Thailandia in F1, voglio solo rendere tutti orgogliosi”.

Sarai parte di un trio di debuttanti in questa stagione di Formula 1.
“Non ci ho ancora fatto troppa attenzione, ad essere sincero. È un anno speciale perché molti piloti di Formula 2 hanno fatto il salto di categoria. Sappiamo che in F1 i piloti sono il meglio del meglio, sono felice che quasi metà dello schieramento sia composto da piloti contro cui mi sono già scontrato ai tempi dei kart, come George Russel e Lando Norris. È bello correre ai massimi livelli con ragazzi contro cui ho corso per tutta la mia carriera”.

Che storia si nasconde dietro al design del tuo casco?
“In Thailandia la famiglia reale è molto rispettata e Re Rama IX è stato una delle figure più meritevoli di rispetto di tutto il paese. Re Rama IX ha compiuto molte opere caritatevoli, aiutando le classi più bisognose e quelle operaie. È mancato nel 2016: per ricordarlo, ho inserito il numero 9 nel mio casco scritto con caratteri thai, oltre alla bandiera del mio paese”.

Parliamo un attimo della Thailandia: non correremo lì, ma si respira aria di motorsport?
“Assolutamente. Qualche anno fa si parlava di un possibile Gran Premio, con un circuito già pronto ad ospitare l’evento rispettando tutti gli standard. Sarebbe fantastico correre lì. L’arrivo del Vietnam in calendario offre una possibilità maggiore per ottenere questo traguardo. Il motorsport sta crescendo parecchio in Thailandia”.  

Dove alloggerai?
“Milton Keynes, ideale per passare del tempo al simulatore. Vivo lì da un po’ ad essere onesto”.

Cosa ne pensi di lavorare con un team italiano?
“I vertici del motorsport sono in Italia, partendo già dal karting. Sono un po’ geloso di persone come Daniil che conoscono l’italiano… Ho passato due anni lì ma non ho imparato molto. Posso capire qualche parola, ma non abbastanza. Migliorerò quest’anno”.

Quali sono le gare che aspetti, dove senti che puoi fare qualcosa in più perché ti piace la pista o per altre ragioni?
“Direi il Giappone perché Suzuka è una bellissima pista. Vivi e respiri la passione, quando sei lì. Mi piace molto ance il paese, ad essere sincero. Il tracciato è uno di quello vecchia scuola, spietati nei confronti di chi sbaglia. Ma, per dire se mi troverò a mio agio, bisogna aspettare il Giappone”.

Quali sono i tuoi obiettivi della stagione?
“In generale, non mi sono mai posto degli obiettivi. Ogni anno ho sempre ragionato passo dopo passo, concentrandomi sempre sulla sessione in corso, sia che fosse una prova libera, una qualifica o una gara. Porsi obiettivi a lungo termine, mette semplicemente troppa pressione addosso. Voglio concentrarmi solo su me stesso e vedere come procede il tutto”.

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