Motori F.1: HCCI, il gioco non vale (ancora) la... candela
Gli attuali 6 cilindri non sono ancora arrivati all'autoaccensione in modo da essere usati come dei diesel, ma la ricerca è orientata verso quella direzione. Ora si lavora sul PPC, vale a dire la stratificazione della carica con multi iniezioni.
Foto di: Daimler AG
Si riuscirà a trovare il livellamento prestazionale delle power unit di Formula 1 in un margine che si vorrebbe racchiuso di appena tre decimi di secondo dal 2018? L’aspettativa di FIA e FOM è lodevole, ma è lecito nutrire qualche dubbio dal momento che i quattro Costruttori impegnati in Formula 1 (Mercedes, Ferrari, Renault e Honda) stanno investendo cifre da capogiro per sviluppare soluzioni innovative nel campo della combustione, tema tecnico nel quale si è concentrato lo sviluppo dei motoristi.
Difficile trovare il livellamento dei motori
Chi crede che l’escalation delle potenze sia arrivata al limite dei materiali si sta sbagliando di grosso, perché nelle aspettative dei tecnici c’è l’ambizione di poter sfornare motori capaci di un rendimento in grado di andare al di là del 50%, migliorandone sensibilmente l’efficienza. Dove si può arrivare è difficile dirlo, ma la sfida non è finalizzata solo a vincere dei Gran Premi, quanto a industrializzare delle soluzioni che potranno rivoluzionare il mercato dei motori nel prodotto di serie, dalle hypercar alle utilitarie.
Se nelle corse l’obiettivo è cercare le prestazioni, nel mondo della serie si punta alla riduzione dei consumi e delle emissioni. L’ambizione è di arrivare a far funzionare i propulsori a benzina come fossero dei diesel, togliendo la candela perché si vuole arrivare all’autoaccensione della carica con l’aumento della pressione in camera. Tutti i marchi automobilistici stanno lavorando su questo terreno, ma nessuno ha ancora risolto il problema. E il primo che arriverà alla soluzione avrà in… mano il mercato.
HCCI: obiettivo non ancora raggiunto
La Mercedes-Benz è stata fra le prime a investire nell’HCCI (Homogenous Charge Compression Ignition) e al Salone di Francoforte del 2007 aveva presentato la F700, una concept car che conteneva un motore prototipo DiesOtto. In realtà l’arcano non è ancora stato risolto, eppure il concetto, seppure in modo primordiale, è stato introdotto nel 2014 nella power unit PU106 A progettata a Brixworth dal gruppo di lavoro di Andy Cowell.
Il DiesOtto è l’obiettivo che i motoristi vogliono raggiungere, ma si può dire che la ricerca sta facendo enormi passi avanti sfruttando proprio i Gran Premi come l’ideale banco di prova per accelerare uno sviluppo che nelle corse viaggia molto più spedito che nei Centri di Ricerca.
Mahle, la candela con il… cappuccio
La prima power unit Mercedes è stata pensata per sfruttare un concetto che in verità è stato lanciato dalla Mahle, la ditta tedesca che produce anche i pistoni della Ferrari, per i motori a iniezione diretta.
Di che si trattava? Di una candela con una sorta di cappuccio forato in più punti che incorporava un mini-iniettore di benzina. La scintilla della candela provocava una pre-accensione del comburente che permetteva una migliore (e più rapida) propagazione di fiamma.
L’iniezione TJI sviluppata da tutti
Il Turbolent Jet Ignition System della Mahle, così si chiama il sistema, non era adottabile in F.1 perché il regolamento non permette l’uso di un doppio iniettore. Ma la Mercedes si sarebbe realizzata in proprio un sistema TJI, mettendo il “cappuccio” alla candela traendone subito grandi vantaggi, mentre Ferrari e Renault avevano pensato un motore termico tradizionale che si era rivelato poco competitivo.
Da quell’embrione i tecnici di Brixworth si sono spinti man mano per alzare il tiro per migliorare la qualità della combustione che sarebbe arrivata ad avere oltre 200 bar di pressione in camera. E, una volta aperta la strada, si sono incamminati su quel terreno anche gli altri Costruttori.
Con gli attuali rapporti di compressione è possibile innescare quella che è chiamata combustione spontanea ai bassi regimi, ma non si è risolto il rebus del motore quando è a pieno carico. E allora, almeno per il momento, non scomodiamo l’HCCI, ma fermiamoci a uno stadio intermedio, certi che si arriverà presto o tardi alla soluzione della questione perché la grande difficoltà è controllare l’autoaccensione.
PPC: la via della stratificazione della carica
E, allora, più probabilmente bisognerà parlare di Gasoline PPC, Partially Premixed Combustion, o di qualcosa di ancora più evoluto in questo campo. C’è chi sta lavorando sulla carica, nel tentativo di introdurre una certa stratificazione della stessa con lo scopo di rendere più graduale la combustione. Di che parliamo? Di suddividere l’iniezione in due o più iniettate separate utili a regolare il livello di pre-miscelazione e ottenere un maggiore controllo della stessa al variare del carico. La prima iniettata, con una portata minima di benzina serve all’accensione della seconda per avere una buona propagazione di fiamma.
Crescono le sollecitazione sulle power unit
Perché si userebbe? Una carica omogenea sottoposta ad accensione spontanea per compressione porta a una rapida combustione, ma anche a sollecitazioni molto forti per il motore a certi carichi, oltre che a una ruvidezza di funzionamento che si può ripercuotere su altre parti della power unit.
Non deve sorprendere, quindi, se il motore Mercedes abbia mostrato improvvise sofferenze nell’affidabilità da quando, al GP d’Italia dello scorso anno, era stata introdotta un nuovo sistema di alimentazione che ha migliorato la combustione.
Renault Evo pronto per il Canada
La Ferrari sta sviluppando il suo concetto dopo aver fatto un enorme salto di qualità nel 2015, mentre la Renault farà debuttare il motore Evo in Canada: i francesi hanno acquisito la tecnologia e sono pronti a giocarsi i primi gettoni di sviluppo con una soluzione grazie alla quale la Red Bull Racing conta di tornare a vincere dei GP nella seconda parte della stagione, sfruttando il potenziale telaistico della RB12.
Honda collabora con AVL?
E l’Honda si è rivolta all’AVL, l’azienda austriaca che collabora con la Ferrari, per accelerare lo sviluppo della propria camera di combustione dopo che i giapponesi hanno trovato una buona base di affidabilità, proprio mentre a Maranello hanno ripotenziato gli studi interni al reparto motori del Cavallino, diretto da Mattia Binotto.
Insomma la sfida tecnologica è impattante e diventa difficile capire come si possa pensare di stabilizzare le prestazioni delle power unit in un range di tre decimi di secondo quando la ricerca sui motori endotermici ci potrà riservare ancora grandi sorprese…
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