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Analisi

Mick Schumacher: la teoria del "diesel" varrà anche in F1?

Il tedesco ha conquistato il titolo in Formula 2 al secondo anno nella categoria confermando così la necessità di una prima stagione di adattamento come già visto in Formula 4 ed in Euro F3. Varrà lo stesso anche in Formula 1?

Mick Schumacher, Ferrari SF71H

Foto di: motosport.com

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Mick Schumacher merita la Formula 1? E’ questa la domanda che negli ultimi anni si sta ponendo la maggior parte degli appassionati del motorsport. Il figlio del 7 volte campione del mondo, che il prossimo anno debutterà nella massima categoria con il team Haas, riesce a dividere le opinioni come nessuno.

Da una parte c’è chi lo ama per via di quel cognome che ha segnato pagine indelebili della storia Ferrari, mentre dall’altra c’è chi lo detesta, o forse è meglio dire poco lo sopporta, proprio per via di quel cognome che gli starebbe spianando la strada verso la massima formula senza particolari meriti.

Per capire di che pasta è fatto Mick, e se sia legittimato a poggiare le sue terga all’interno di una monoposto di Formula 1, bisogna però analizzare la carriera fino ad ora percorsa dal tedesco nelle categorie minori.

Il debutto in monoposto

L’esordio di Mick Schumacher in monoposto è datato 2014. All’epoca il tedesco ha effettuato un test con il team Jenzer al volante di una vettura di Formula 4 per poi debuttare l’anno successivo nella serie tedesca tra le fila del Van Amersfoort Racing concludendo la stagione con una vittoria ad Oschersleben ed il decimo posto in classifica generale.

Dopo un 2015 di rodaggio, la svolta per Mick è arrivata nel 2016. Trasferitosi al team Prema (squadra che poi sarebbe diventata la sua seconda casa), Schumacher ha messo in pratica l’esperienza accumulata nella stagione precedente per puntare con decisione al titolo sia nell’ADAC F4 che nella serie italiana.

Mick Schumacher, in azione nella Formula 4 italiana con i colori del team Prema

Mick Schumacher, in azione nella Formula 4 italiana con i colori del team Prema

Photo by: acisportitalia.it

Mick, nonostante una crescita notevole, ha però soltanto sfiorato la corona di campione dovendosi accontentare di chiudere al secondo posto entrambi i campionati con un bottino di 10 vittorie complessive (5 nell’ADAC F4 e 5 nella Formula 4 Italiana) e 8 pole equamente divise tra le due categorie.

Proprio il 2016 ha fatto però emergere un tratto saliente delle qualità di Schumacher. Mick è un “diesel”. E’ un pilota che ha bisogno di una prima stagione di apprendistato per poi esplodere con vigore in quella successiva.

Il salto nella F3 europea

La conferma di questa teoria è arrivata nel 2017 quando il tedesco ha deciso di compiere l’impegnativo salto nella Formula 3 Europea. La serie continentale è stata da sempre una grande scuola formativa per gran parte dei piloti poi approdati in Formula 1 e lo stesso è valso anche per il figlio del 7 volte iridato.

L’anno del debutto è stato avaro di soddisfazioni per Schumacher. Mick, infatti, è riuscito ad ottenere soltanto un podio in tutta la stagione per poi chiudere il campionato con un modesto 12° posto in classifica ed un bottino di 94 punti totali.

Il 2018, però, è stato l’anno della definitiva consacrazione. Anche in quella occasione, così come al suo secondo anno in Formula 4, Mick è riuscito a capitalizzare l’esperienza della stagione precedente riuscendo questa volta a conquistare il titolo grazie ad una rimonta furiosa.

Schumacher aveva fatto capire sin dai test invernali di essere uno dei piloti da tenere d’occhio e sin dal primo appuntamento stagionale di Pau, in occasione delle libere, si era confermato velocissimo ottenendo il miglior tempo della sessione.

Un errore in qualifica ha però vanificato l’ottimo lavoro sin lì svolto e lo ha costretto ad affrontare tutte e tre le gare del weekend partendo dalle retrovie su un tracciato dove superare è decisamente complicato.

Il fine settimana di Pau sembrava un episodio isolato, ma il prosieguo della stagione non ha regalato altre soddisfazioni a Mick, almeno fino a Spa.

Mick Schumacher, al secondo anno in Euro F3 è il dominatore da metà stagione in avanti

Mick Schumacher, al secondo anno in Euro F3 è il dominatore da metà stagione in avanti

Photo by: FIA F3 / Suer

Se, infatti, in Gara 3 in Ungheria è arrivato il terzo gradino del podio, eguagliato poi in Gara 1 a Zandvoort, è stato proprio sul tracciato belga, strettamente legato alle imprese del padre, a far emergere le qualità di Schumacher in quella stagione.

In quel weekend il pilota della Prema è riuscito non solo a centrare la sua prima pole, ma anche ad ottenere il suo primo successo nella categoria (in Gara 3) con una prestazione finalmente convincente.

Da quel momento in poi il tedesco è stato un martello ed è riuscito a ripetersi daccapo in Gara 2 a Silverstone per poi conquistare 5 vittorie consecutive tra il Nurburgring ed il Red Bull Ring demolendo, gara dopo gara, le certezze del suo rivale principale, Dan Ticktum.

L’inglese ha accusato il colpo e, nonostante le accuse lanciate via social di una presunta irregolarità tecnica sulla monoposto del tedesco, non è più stato in grado di riprendersi e di salire sul gradino più alto del podio per tutto il resto della stagione.

In occasione della seconda gara di Hockenheim Mick Schumacher è riuscito ad avere la matematica certezza della conquista del titolo per poi concludere il campionato con un bottino di 8 vittorie, 7 pole ed un totale di 365 punti che gli hanno spalancato la strada verso il passaggio in Formula 2.

La consacrazione in F2

La teoria del “diesel” è stata quindi confermata anche nella Formula 3 Europea, ma sarebbe accaduto lo stesso anche nell’ultimo gradino prima della Formula 1? La storia ha detto di sì.

Al suo primo anno nella categoria Mick è riuscito a brillare solamente in occasione della Sprint Race dell’Hungaroring, quando ha centrato il primo successo nella serie resistendo alla pressione costante di una vecchia volpe come Matsushita, ma nel resto della stagione non è più riuscito a salire sul podio complice anche una serie di episodi sfortunati che spesso lo hanno penalizzato.

Di sicuro aver avuto come compagno di team un pilota come Gelael non ha aiutato il suo processo di apprendimento, ma in quelle gare prive di guai Mick ha sempre dimostrato di avere un passo simile a quello dei piloti più navigati della categoria evidenziando, però, qualche carenza sul giro secco in qualifica.

Il “diesel” Mick è entrato nel giusto regime di giri nel 2020. Anche in questo caso il suo secondo anno nella stessa serie è coinciso con la definitiva esplosione. Complice anche un compagno di squadra ben più competitivo come Shwartzman, le prestazioni di Schumacher in questa stagione sono state di tutt’altro livello.

Mick ha chiuso il campionato 2020 con un bottino di due vittorie, nelle Feature Race di Monza e Sochi, sette podi ed un totale di 215 punti che gli hanno consentito di indossare la corona di campione al termine di un estenuante duello con Callum Ilott.

Mick Schumacher, al termine di una stagione di grande costanza conquista il titolo 2020 in Formula 2

Mick Schumacher, al termine di una stagione di grande costanza conquista il titolo 2020 in Formula 2

Photo by: Steven Tee / Motorsport Images

Se da un lato Schumacher ha continuato a non brillare in qualifica, non ottenendo nemmeno una pole, dall’altro il tedesco ha stupito per la costanza di risultati, il ridotto numero di errori, la solidità mentale ed una notevole comprensione delle nuove Pirelli da 18’’ che ha creato qualche grattacapo di troppo a molti dei suoi rivali.

La conquista del titolo di campione F2, quindi, legittima la promozione di Schumacher in Formula 1? Certamente, anche alla luce del percorso di crescita compiuto, ma bisognerà dargli il tempo di ambientarsi e comprendere una tipologia di monoposto decisamente complessa da portare al limite.

Lo scomodo paragone Leclerc - Russell

Senza dubbio il tedesco paga il fatto di correre in un periodo storico nel quale le categorie minori hanno prodotto talenti cristallini quali Leclerc e Russell. Entrambi sono stati in grado di conquistare il titolo in GP3 ed in F2 al debutto e di rivelarsi adeguati alla Formula 1 dopo un breve periodo di apprendistato.

Quanto fatto in passato dall’attuale pilota della Ferrari e dall’inglese della Williams è però una splendida eccezione e non la regola e nel valutare Schumacher non si deve quindi commettere l’errore di paragonare il percorso del tedesco a quello dei due diamanti ancora grezzi.

Mick non è un pilota “esplosivo” come Charles o George, ha bisogno del suo tempo per comprendere appieno la vettura ed estrarne il massimo potenziale e questo è un fattore che dovrà essere considerato con attenzione quando si valuteranno le sue prestazioni nei prossimi anni.

Mick Schumacher nell'abitacolo della Haas, la monoposto con cui debutterà in F1

Mick Schumacher nell'abitacolo della Haas, la monoposto con cui debutterà in F1

Photo by: Andy Hone / Motorsport Images

Forse, al momento del passaggio in Formula 1, a Schumacher servirà più di un anno di apprendistato in considerazione della rivoluzione tecnica che stravolgerà le monoposto nel 2022, ma siamo certi che quando Mick avrà preso le misure potrà essere in grado di dire la sua anche nella massima serie (al netto della competitività della monoposto che guiderà).

Riusciranno il pubblico e la stampa ad aspettarlo senza massacrarlo? Questa è la vera domanda che ci si deve porre…

 

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