Mercedes: il pit di Hamilton non solo scelta tecnica
La squadra di Brackley ha voluto difendere il successo di Bottas con una strategia che ha portato l'inglese alla secondo sosta, sebbene Lewis potesse andare in fondo con un cambio gomme. Hamilton si è piegato al volere del team, accettando il terzo posto.
Lewis Hamilton, Mercedes AMG F1 W10
Simon Galloway / Motorsport Images
Era nelle previsioni, e così è stato. Dopo molto tempo il Gran Premio del Giappone ha visto la corsa per il podio condizionata da un interrogativo: che strategia hanno scelto i ‘big’? Il quesito è rimasto tale fino a quando le monoposto non hanno imboccato la pit-lane apprestandosi ad affrontare l’ultimo stint di gara.
Il momento cruciale per l’assegnazione della vittoria è stato il secondo ingresso ai box di Lewis Hamilton, avvenuto al giro 42. In quel momento il campione del Mondo conduceva la gara con nove secondi di vantaggio su Bottas, che aveva già effettuato la sua seconda sosta sei giri prima.
Scelta tecnica? Non solo. In Mercedes hanno sottolineato come il degrado della gomma media si sia confermato brusco oltre le aspettative, quindi un margine che su altre piste avrebbe potuto consentire a Hamilton di gestire gli undici giri mancanti alla bandiera a scacchi, in realtà sarebbe stato insufficiente a contenere la rimonta di Bottas se si fosse verificato l’atteso crollo di performance.
Ma nell’economia della gara Mercedes il secondo stop di Lewis è stato chiamato anche per altri due motivi. Il primo è stato l’azzeramento del rischio di un duello in pista tra i loro due piloti, situazione non priva di incognite considerando che Hamilton non è tipo da cedere facilmente il comando di un Gran Premio.
In più la squadra aveva già chiesto a Bottas (durante il suo secondo stint) di utilizzare (a titolo precauzionale) una mappatura della power unit più conservativa, un’indicazione che sarebbe risultata fatale al finlandese qualora non fosse riuscito a completare l’assalto finale a Hamilton. Ovviamente la decisione di fermare Lewis ha messo a rischio la sua seconda posizione, un’incognita poi confermata da quanto avvenuto nei giri finali.
“Quando abbiamo fermato Lewis per la seconda sosta sapevamo che avrebbe avuto il 50% delle possibilità di superare Vettel per la seconda posizione”, ha confermato Toto Wolff, ma nonostante il passo velocissimo (che gli è valso il giro più veloce) Hamilton si è dovuto accontentare del terzo posto. Il motivo per cui Lewis non è riuscito a superare la Ferrari, nonostante una gomma soft fresca contro la media di oltre venti giri di Vettel, è stata la velocità di punta.
Con il DRS aperto la Mercedes è risultata più veloce di soli 2,5 km/h rispetto a Vettel, troppo poco per provare il sorpasso a Suzuka. L’impressione, che i dati sembrano confermare, è che la Ferrari abbia disputato le prove di venerdì con la power unit ‘1’, montando poi la ‘3’ in vista dell’intensa giornata di domenica. E la differenza si è vista, al di là dei miglioramenti notevoli sul fronte del setup.
Vettel e il muretto ‘rosso’ si sono difesi molto bene nei giri finali, ma la Mercedes in realtà un errore lo ha commesso. Hamilton era partito con una strategia pianificata su un solo pit-stop, piano poi modificato poi a gara in corso quando la squadra ha verificato un degrado maggiore del previsto.
A quel punto (eravamo al giro 18) Vettel aveva già effettuato il suo primo pit-stop, e Hamilton ha perso la possibilità di un undercut possibile al giro 15, la tornata precedente la sosta della Ferrari numero 5. Una chance mancata, ma che non avrebbe comunque consentito a Hamilton di lottare per la vittoria, ma solo di eventualmente sopravanzare la Ferrari ed assicurarsi la seconda posizione.
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