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Matra: il sogno francese di emergere in Formula 1

La scuderia francese poteva vantare una conoscenza tecnologica derivante dall'aviazione, ma le problematiche del glorioso V12, e la sfortuna che ha spesso accompagnato i piloti, hanno posto fine in anticipo all'avventura del team in F1.

Jean-Pierre Beltoise, Matra MS120B, GP di Francia del 1971

Foto di: David Phipps

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Per i lettori di una certa età - o per coloro che hanno effettuato pellegrinaggi ai festival storici negli ultimi anni - il nome Matra è sinonimo della fugace apparizione di un missile in French racing blue, accompagnato dalla sinfonia del suo V12 ultraterreno.

È facile dimenticare che l'unico titolo Costruttori conquistato in F1 dalla Matra è arrivato grazie al V8 Cosworth con Jackie Stewart al volante, mentre il V12 ha ottenuto le sue uniche vittorie nel campionato del mondo su un telaio Ligier.

L'inizio (e la fine) della storia della Matra in F1 è una storia tipica dell'industria francese negli anni '60 - ambizione, espansione, consolidamento e un occhio opportunistico per attingere ai fondi statali.

La Mecanique Aviation Traction fu fondata come costruttore di aerei negli anni '40 da Marcel Chassagny, ma quest’ultimo, nel 1964, fece due mosse chiave che avrebbero portato la Matra nel mondo dell'automobile: l'assunzione dell'ex ingegnere Jean-Luc Lagardere della Dassault Aviation come suo nuovo direttore generale e l'acquisizione del marchio automobilistico dell'amico, e talvolta concorrente di Le Mans, Rene Bonnet. Amante delle corse, sia di cavalli che di automobili, Lagardere identificò il motorsport come un mezzo per guidare le vendite della piccola coupé di Bonnet, la Djet, e ricevette il via libera da Chassagny per fondare la Matra Sports.

Abbinato a un motore Ford da un litro, il primo telaio di F3 della Matra permise a Jean-Pierre Beltoise e Jean Pierre Jaussaud di finire in prima e seconda posizione nel campionato francese del 1965. Lagardere, però, era abbastanza furbo da riconoscere che la sua squadra non aveva l'esperienza necessaria per passare subito alla F2, e i suoi piloti non erano dei migliori. Tramite il giornalista francese e organizzatore di gare Jabby Crombac, Lagardere organizzò un incontro con il capo della squadra di F3/F2 Ken Tyrrell.

Jackie Stewart, Matra

Jackie Stewart, Matra

Photo by: Rainer W. Schlegelmilch / Motorsport Images

Seppur con poco entusiasmo, Tyrrell accettò un invito allo stabilimento Matra di Velizy, fuori Parigi, e fu stupito dalla qualità dell'ingegneria delle vetture di F3. Anche Stewart, il pilota di Tyrrell in F2 per il 1966 insieme a Jacky Ickx, storse il naso di fronte a questo marchio finché la Matra non gli portò un'auto da provare.

Ciò che distingueva il telaio Matra era la natura leggermente sovra-ingegnerizzata della struttura che trasmetteva una solidità senza pari e permetteva a un pilota della classe di Stewart di guidare con sicurezza e precisione.

L’influenza aerospaziale si vedeva all'esterno con le sue file di rivetti meticolosamente allineati, e all'interno, dove le sezioni scatolate su entrambi i lati dell'abitacolo che ospitavano il carburante erano sigillate con una resina polimerica. Rivestire il serbatoio del carburante in questo modo era più costoso e più difficile, ma facilitava un rinforzo interno extra che migliorava la rigidità torsionale del telaio. Era un vantaggio che sarebbe durato fino a quando non divenne obbligatorio nel 1970.

La cosa più notevole è che i principali ingegneri della Matra avevano poche qualifiche formali ed erano in gran parte autodidatti. Gerard Ducarouge aveva una laurea in ingegneria aeronautica e si unì al programma missilistico della Nord Aviation. Avrebbe continuato a guidare la progettazione di auto da corsa vincenti alla Ligier e alla Lotus.

Bernard Boyer aveva corso con le moto, gareggiando nella 24 ore del Bol d'Or nel 1956, e ha imparato ciò che sapeva di ingegneria lavorando come meccanico sulle auto Panhard e Alpine.

Allo stesso modo Georges Martin aveva iniziato la sua carriera alla Simca prima di passare all'ufficio di progettazione, dove ha creato il motore di piccola cilindrata "Poissy" installato su diverse Simca, Chrysler, Talbot e Peugeot fino alla fine degli anni '90.

Jean-Pierre Beltoise, Matra

Jean-Pierre Beltoise, Matra

Photo by: Motorsport Images

Il rapporto con Tyrrell sbocciò, ma il piano di Matra rimaneva quello di competere in F1 con una propria squadra... e un proprio motore. Le stelle si allinearono quando la F1 divenne una formula tre litri nel 1966 e il governo francese sviluppò un interesse nel motorsport come veicolo di prestigio nazionale.

Lagardere si assicurò la sponsorizzazione di Elf, la compagnia petrolifera in gran parte di proprietà del governo, formatasi di recente attraverso il consolidamento di diverse aziende più piccole. Poi, nell'aprile del 1967, grazie a sei milioni di franchi frutto dei contribuenti, ebbe le sovvenzioni per lo sviluppo di un nuovo motore V12.

Georges Martin non aveva mai progettato un motore da corsa su misura, così si accordò con il produttore britannico BRM per una consulenza. Nel giro di poche settimane, la collaborazione d'oltre Manica si interruppe quando il proprietario della BRM, Sir Alfred Owen, si vantò di questa richiesta e il governo francese si offese minacciando di riprendersi i suoi soldi.

Il lavoro di progettazione riprese esclusivamente all'interno dell'azienda, mentre Martin dovette affrontare il compito di passare da un foglio bianco a un motore competitivo in meno di 12 mesi, anche se intorno alla Matra imperversavano l'entusiasmo e le aspettative alimentate dalla stampa francese. Quando Tyrrell raggiunse un accordo con Cosworth e propose di far correre Jackie Stewart su una Matra-Ford progettata da Boyer in F1 per il 1968, Lagardere disse di sì.

Al successo di Tyrrell facevano da contraltare i risultati del team Matra International. Questo faticò per tutto il 1968 mentre il V12, arrivato in ritardo, era assetato e capriccioso. Beltoise riuscì ad arrivare secondo sotto la pioggia a Zandvoort, con un piccolo aiuto da parte delle gomme da bagnato Dunlop, ma tagliò il traguardo con più di un minuto e mezzo di ritardo da Stewart su auto identica ma con motore Cosworth.

Alla fine della stagione la Matra concentrò il suo team di lavoro sulle gare di auto sportive, mentre la Tyrrell corse in F1 nel 1969 sotto il nome Matra International con Stewart alla guida del nuovo telaio MS80... e un motore Ford.

Questo accordo non poteva durare. La Matra aveva cercato di stringere un accordo di marketing con la Ford, con scarso successo, e alla fine del 1969 concluse un'alleanza con la Simca che le diede una presenza in tutti i concessionari dell'azienda di proprietà della Chrysler in Europa. Non ci sarebbe stata la possibilità che Tyrrell disputasse la stagione con la nuova MS120 di Boyer ed un motore targato Ford.

Una settimana dopo aver ottenuto i campionati piloti e costruttori a Monza, Stewart provò il Matra V12 ad Albi, tracciato che, secondo le indiscrezioni. avrebbe dovuto ospitare il GP di Francia l'anno successivo. Jackie  non tradì alcun entusiasmo e sentiva che il motore non aveva mordente rispetto al DFV; tutto quel peso in più e la resistenza interna rispetto a un V8 avevano tolto al V12 l'effervescenza ai medi regimi.

"Calmo" potrebbe non sembrare un termine descrittivo appropriato per un motore che si annunciava agli spettatori come un tuono diretto al timpano, ma questa era la sensazione che trasmetteva attraverso il sedile a Stewart. Il campione del mondo e la sua squadra erano attaccati alla Ford, qualunque cosa accadesse.

Jean-Pierre Beltoise, Matra MS120

Jean-Pierre Beltoise, Matra MS120

Photo by: Rainer W. Schlegelmilch / Motorsport Images

Così la partnership Tyrrell-Matra fu sciolta e la squadra ufficiale tornò per il 1970, schierando la coppia Beltoise e Pescarolo sotto il nome di Equipe Matra Elf. Le aspettative erano elevate, ma la MS120 non era una degna erede della MS80 vincitrice del titolo.

Questo fu un periodo di sperimentazione selvaggia con l'aerodinamica. Erano stati introdotti gli alettoni montati sui piloni, poi rapidamente vietati per motivi di sicurezza. Dove la MS80 era stata arrotondata, la MS120 risultava più piatta e più spigolosa intorno ai fianchi e molto più stretta tra le ruote anteriori poiché Boyer e Ducarouge cercavano di creare deportanza sia attraverso le superfici della carrozzeria che con le ali.

Il motore V12 a 60 gradi mantenne la stessa architettura essenziale del suo inizio, ma subì una revisione dettagliata. La più grande modifica fu il rafforzamento della coppa di alluminio e delle fusioni del blocco per permettere al propulsore di funzionare come un elemento strutturale del telaio della MS120.

Questa nuova versione presentava un design rivisto della testa con angoli delle valvole più stretti, una corona del cilindro più piatta e una fusione di alluminio più forte per adempiere al suo ruolo di collegamento strutturale tra la vasca e i supporti superiori della sospensione posteriore.

Le auto con motore Ford continuarono a prevalere sulle Matra in pista anche se Beltoise finì quarto nell’appuntamento inaugurale della stagione alle spalle di una Brabham, una McLaren e una March. La top 10, tuttavia, sarebbe diventata più difficile da raggiungere col passare della stagione, complice l’introduzione della Ferrari 312B e della Lotus 72.

Da metà stagione i protagonisti erano diventati la Lotus e Jochen Rindt; il nuovo telaio a cuneo, con il serbatoio del carburante posto dietro il pilota e i radiatori posizionati davanti alle ruote posteriori, indicava il futuro. Beltoise e Pescarolo raccolsero tre podi complessivamente, mentre la Matra finì settima (su otto) nel campionato Costruttori.

Pensando che i piloti non avevano estratto il massimo dalla macchina, la Matra lasciò a piedi Pescarolo e nominò Chris Amon come prima guida, mettendo così in difficoltà Beltoise.

Chris Amon, Matra MS120B

Chris Amon, Matra MS120B

Photo by: Lucien Harmegnies

Nel GP d'Argentina del 1971, gara non valida per il campionato, Amon vinse davanti a un parco vetture che presentava si F1 che F5000 e che includeva un giovane Carlos Reutemann. Amon si qualificò poi secondo per la gara di apertura del campionato del mondo in Sud Africa, ma dopo una partenza lenta finì quinto.

La B-spec definitiva della MS120 fu introdotta al secondo round in Spagna, sei settimane dopo, con fianchi più arrotondati, un nuovo muso e una versione aggiornata del motore con valvole riviste e un nuovo sistema di aspirazione alimentato da un elemento che sarebbe diventato un must in F1: l’airbox.

Amon si qualificò e finì terzo, 58 secondi dietro Stewart, il vincitore. A Monaco entrambe le auto uscirono per un guasto alla trasmissione; Amon si qualificò quarto ma dovette scattare in ultima posizione dopo che il suo motore perse pressione del carburante in griglia. Il resto della stagione si svolse in modo simile, con problemi al motore che costrinsero la squadra a ritirarsi dal GP d'Austria per concentrarsi sullo sviluppo.

La volta successiva, a Monza, il V12 stava finalmente fornendo la potenza dichiarata. Durante le prove Amon corse con il telaio numero sei e si qualificò in pole.

Scegliendo il telaio quattro per la gara, Amon riuscì a piazzarsi in testa a metà corsa, ma a nove giri dalla fine la visiera del suo casco si staccò del tutto. Amon, nonostante gli enormi problemi di visibilità, non si arrese, ma alla fine arrivò sesto.

La Matra, però, stava cominciando a perdere la fede nella sua capacità di competere ai vertici in F1 e nel 1972 schierò soltanto la vettura di Amon con un telaio aggiornato, nuove sospensioni anteriori e un airbox rivisto. Ulteriori revisioni alle testate del motore hanno portato la potenza dichiarata a 460 CV, ma a questo punto Amon stava cominciando a dubitare dei risultati registrati sul banco dinamometrico.

È forse giusto che la Matra abbia registrato la sua migliore prestazione della stagione al GP di Francia a Clermont Ferrand, dove Amon ha portato la nuova MS120 D-spec in pole con quasi un secondo di vantaggio sulla McLaren di Denny Hulme.

Poi, come capitava sempre ad Amon, la sfortuna lo colpì quando si trovava in prima posizione. Una foratura lo costrinse a retrocedere sino al terzo posto.

Alla fine del 1972 la Matra decise di abbandonare la F1, lasciando tutti con un dubbio: con piloti più competitivi, o più fortunati, avrebbe ottenuto risultati migliori?

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