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Lotus 79: l'ultimo capolavoro vincente di Colin Chapman

La Lotus 79 è stata l'ultima monoposto di Colin Chapman in grado di imporsi in un campionato del mondo. Damien Smith ripercorre la nascita di quel progetto ed i successivi fallimenti del fondatore del team.

Mario Andretti in the new Lotus 79

Foto di: Rainer W. Schlegelmilch

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Quando Niki Lauda visitò per la prima volta Fiorano si stupì del fatto che la Ferrari non riuscisse a vincere sempre, tali erano i vantaggi del team. Lo stesso sentimento può esprimersi anche per la Lotus degli anni '70, solo che sono state le persone, non solo le sue strutture all'avanguardia, a conferire alla "Ferrari britannica" la sua vera potenza.

In primo luogo, nessuna squadra aveva una forza pari a quella di Colin Chapman: fondatore, visionario, pioniere, un leader ispiratore alla ricerca incessante della prossima grande scoperta. Poi c'era la sua forza lavoro al completo, un gruppo talentuoso di progettisti, ingegneri e meccanici - tutti appassionati di corse automobilistiche - che venivano trascinati dal suo esempio e che sopportavano una serie infinita di notti in bianco.

Lotus è stata una scuola di eccellenza e di durezza della F1, un'immagine speculare di Chapman stesso. Il che significava inevitabilmente che aveva anche dei difetti. C'era una buona ragione per cui la Lotus non ha vinto tanto quanto avrebbe dovuto

Le distrazioni e i vicoli ciechi tecnici che avevano caratterizzato la fine degli anni '60 e il decennio successivo, si intensificarono all'alba dell'era dell’arrivo dei costruttori. Chapman e la sua intrepida banda si infuriarono, sprofondando nel regno della mediocrità da cui erano riusciti ad uscire a metà ani ’70 col duro lavoro, ma c'era ancora tempo per un'ultima stagione a tinte oro e nero negli altipiani assolati della F1.

Nell'estate del 1975 Chapman presentò alle sue truppe il percorso di ritorno alla luce in un documento concettuale di 27 pagine. Non aveva tutte le risposte,  al contrario. Aveva grandi domande per Tony Rudd, capo del suo team di ricerca e sviluppo.

Rudd, per tanto tempo rivale alla BRM, aveva cambiato sponda nel 1969, ma era impiegato lontano dalla F1. Ora, a braccetto con il designer Ralph Bellamy e lo specialista di aerodinamica Peter Wright, Rudd seguì Chapman in una direzione che avrebbe consentito al Team Lotus di tornare al vertice negli anni ‘70.

Mario Andretti, Lotus 79, passa davanti al pit board, al GP d'Olanda del 1978

Mario Andretti, Lotus 79, passa davanti al pit board, al GP d'Olanda del 1978

Photo by: Sutton Images

Rudd e Wright avevano sviluppato un concetto di "wing car" insieme alla BRM. Gli effetti, però, erano tutt'altro che positivi, ma avevano bisogno di Chapman per innescare la rivoluzione che avrebbe cambiato la F1 per sempre.

In primo luogo, un vasto programma di galleria del vento ha consentito di mettere in atto la teoria e la forma. Definiti i layout, Martin Ogilvie ideò le sospensioni e i dettagli delle parti mobili, mentre il gruppo si riuniva per creare la Type 78. La parola 'Team' nel nome Team Lotus non era mai stata così appropriata.

Un anno dopo il documento concettuale di Chapman, un prototipo era pronto per essere testato da Mario Andretti e dal suo simpatico compagno di squadra Gunnar Nilsson, e il 21 dicembre 1976 fu formalmente tolto il velo a quella che era ufficialmente la John Player Special MkIII. OK,non aveva avuto l’effetto shock che aveva provocato la Tyrrell a sei ruote, ma era molto più significativa.

La sottile monoscocca aveva accenni della Type 77 che aveva contribuito alla rinascita Lotus nel 1976, ma i larghi sidepods a tutta lunghezza erano l'indicatore visivo della nuova direzione tecnica. Fuori dalla vista, una sezione invertita sotto i radiatori dell'acqua in quei lunghi sidepods incanalava il flusso d'aria, mentre potenziali fuoriuscite erano sigillate da minigonne che sfioravano il terreno per formare una depressione sotto l'auto e risucchiarla sulla pista. Le ali a livello della superficie servivano solo per bilanciare l’assetto.

Andretti la amava. L'americano, tecnicamente abile, si divertiva a rifinire l'auto man mano che andava avanti la stagione. Non c'è da stupirsi che questo sia stato il miglior rapporto di Chapman con un pilota dai tempi di Jim Clark. Loro due parlavano la stessa lingua.

Il risultato fu una stagione 1977 che confermò la rinascita del Team Lotus, anche se Andretti non riuscì a battere la Ferrari di Lauda per il titolo. Ma Mario condusse più giri di tutti e ottenne quattro vittorie, una in più sia di Lauda che di Jody Scheckter su Wolf. Nilsson ne aggiunse un'altra, la sua unica vittoria in F1, a Zolder.

Il problema principale era l'affidabilità del motore. La Cosworth faceva gli straordinari per spremere quanti più cavalli possibili dal DFV V8 che stava cominciando ad ansimare di fronte al V12 della Ferrari, ma la rivoluzione era solo agli albori nel 1977 e si sarebbe completata nel 1978.

C'è mai stata un'auto di F1 più perfetta nelle forme della Lotus 79? Dal momento in cui è uscita, spogliata degli adesivi JPS all'International Trophy di Silverstone, l'auto ha alzato la posta in gioco, ma non era perfetta. Il telaio non era abbastanza rigido per tutta quella deportanza e le sue pinze in magnesio porose spesso portavano a un pedale del freno sempre più morbido col passare dei giri.

Lotus 79 1978, panoramica dettagliata

Lotus 79 1978, panoramica dettagliata

Photo by: Giorgio Piola

Andretti e il nuovo compagno di squadra Ronnie Peterson, tuttavia  difficilmente potevano lamentarsi della SuperSwede era tornato al suo posto dopo anni in gran parte sprecati alla March e Tyrrell, sostituendo il povero Nilsson che ora stava combattendo il cancro e che alla fine avrebbe perso la vita.

Andretti era nervoso all'idea che un altro pilota di primo livello si unisse a lui dopo tutto il duro lavoro che aveva svolto, ma i due divennero rapidamente amici. Per essere sicuro, Mario affermò il suo status di numero uno, e la tensione si infiltrò nel suo rapporto con Chapman, ma come si può essere arrabbiati con Ronnie?

Dopo che Andretti si ritirò per aquaplaning al debutto della 79 all’International Trophy di Silverstone, lui e Peterson si imbarcarono in una stagione scintillante, mentre il treno nero e oro sfrecciava nelle gare del campionato mondiale. L'auto ha conquistato otto vittorie, sei delle quali nelle mani di Andretti, con quattro doppiette ed il Team Lotus ha ottenuto il suo settimo titolo costruttori (difficilmente si poteva credere che sarebbe stato l’ultimo).

I risultati della 79, però, avrebbero potuto essere diversi se la Brabham BT46B di Gordon Murray non fosse stata messa da parte su ordine di Bernie Ecclestone dopo la sua storica vittoria al debutto ad Anderstorp. Se fosse stata una vettura di Chapman, il fondatore della Lotus in nessun modo si sarebbe tirato indietro, mentre Ecclestone, fin dall’inizio, ha sempre guardato oltre la Brabham.

La visione di Chapman, e l'esperienza di suoi uomini, aveva pagato bene, ma questo ha solo reso l'orribile colpo di scena a Monza ancora più devastante.

Una partenza caotica e l'effetto imbuto della nuova chicane della prima curva di Monza portarono a un tamponamento in cui Peterson riportò gravi lesioni alle gambe. Lo svedese era stato salvato dal rottame incandescente da altri piloti ed era stato portato all'ospedale. 

L'incidente di Ronnie Peterson, Lotus 78-Ford Cosworth, alla partenza

L'incidente di Ronnie Peterson, Lotus 78-Ford Cosworth, alla partenza

Photo by: Motorsport Images

Ronnie era stato l’unico sfidante di Andretti per il titolo e in strane e sommesse circostanze Mario aveva realizzato l'ambizione della sua vita. Poi, durante la notte, le condizioni di Peterson hanno preso una svolta tragica a causa di un'embolia. Incredibilmente, se ne andò la mattina seguente.

C'erano snervanti paralleli con quanto accaduto a Monza anni prima: non solo Jochen Rindt nel 1970, ma anche il modo in cui Phil Hill era diventato il primo campione del mondo americano nel 1961 in un giorno in cui il suo compagno di squadra Ferrari Wolfgang von Trips e 14 spettatori perirono dopo una collisione con Jim Clark. Se si crede in queste cose, la Lotus sembrava gravata da una maledizione a Monza. Più prosaicamente, questa era solo la realtà in uno sport crudele e violento come quello delle corse automobilistiche.

La superiorità della Lotus 79 non si replicò l’anno successivo. Chapman, come era sua abitudine, si spinse troppo oltre. La teoria dietro la Lotus 80 era logica, ispirata e stuzzicante nella sua genialità, ma come la 63 a trazione integrale e la 56B a turbina, fallì orribilmente.

Dalla "wing car", Chapman, Rudd, Wright e Ogilvie evolsero il loro concetto per creare la "meraviglia senza ali" per il massimo compromesso tra la massiccia deportanza e la minima resistenza. Il design, presentato in una livrea British Racing Green mescolata con le strisce di Martini, era ultraterreno e sorprendente al di là di qualsiasi cosa ancora vista. Se solo avesse funzionato…

I venturi ora correvano attraverso il lungo naso senza ali e fino in fondo oltre l'asse posteriore, sigillati da minigonne a tutta lunghezza dalla punta alla coda. Ad alta velocità la sua area di bassa pressione si spostava lungo il centro di gravità creando un'instabilità snervante, mentre a bassa velocità la 80 era addirittura peggio tanto che il nuovo compagno di squadra di Andretti, Carlos Reutemann, si rifiutò anche di provarla.

Mario Andretti, Lotus 80

Mario Andretti, Lotus 80

Photo by: Rainer W. Schlegelmilch

Mario ha partecipato a tre gare con la 80 ed in qualche modo è riuscito a portarla al terzo posto al suo debutto in Spagna (ma dietro la 79 di Reutemann), poi ha detto basta. Chapman ha fatto marcia indietro dal suo cul-de-sac, mentre la Williams è emersa come la "nuova Lotus" con una FW07 che il direttore tecnico Patrick Head ha ammesso apertamente essere una copia ben progettata della 79: l'auto che la Lotus 80 avrebbe dovuto essere.

La pazienza di Andretti con la Lotus durò un ultimo anno prima che si esaurisse e basta guardare la 81 del 1980 per capire perché. L'elegante blu, rosso e cromo del nuovo sponsor Essex Petroleum non poteva nascondere la sua orribile mole. La stagione fu un altro disastro.

La Lotus era diventata ormai una specie di scherzo della F1, e certamente non aiutava la fiducia mal riposta di Chapman nel boss dell'Essex David Thieme. Il rapporto di sponsorizzazione iniziò con un sontuoso lancio al night club Paradis Latin di Parigi dove la Lotus 81 fu calata drammaticamente dal soffitto

Questo non significava che il sacro fuoco di Chapman non fosse ancora acceso. Lo dimostrò la Lotus 88, l'ultimo grande esperimento del fondatore della Casa. Il suo concetto di doppio telaio fu ideato per combattere gli effetti delle sospensioni rigide che rendevano la guida di questa generazione di monoposto così impegnativa e letale.

La 88 permetteva a un telaio "interno" di essere molleggiato in modo morbido, mentre il telaio "esterno" o "primario" si abbassava verso la pista in velocità.

Elio de Angelis, Lotus 88-Ford Cosworth

Elio de Angelis, Lotus 88-Ford Cosworth

Photo by: Sutton Images

In mezzo alla guerra FISA/FOCA che infuriò per tutto il 1981, la geniale creazione di Chapman diventò una vittima politica (anche se ci si chiedere se avrebbe mai davvero funzionato. La 88 fu bandita dal competere nelle sue prime due gare sulla base del fatto che il secondo telaio era effettivamente un dispositivo aerodinamico quindi mobile. Quando fallì le verifiche tecniche per la terza volta, in Argentina, Chapman volò a casa infuriato.

Provò di nuovo con una versione B al GP di Gran Bretagna, ma ancora una volta la FIA non ammise la monoposto. Il team continuò a lottare ed a lavorare alla 81B fino all'udienza della Corte d'Appello della FIA a novembre, quando fu costretto ad alzare bandiera bianca.

In un comunicato rilasciata ad aprile si può notare il crescente disincanto di Chapman nei confronti della F1: "Dovrei seriamente riconsiderare... se i gran premi sono ancora l'apice dello sport e della realizzazione tecnologica", si legge.

"Purtroppo questo sembra non essere più il caso, e se non si fa pulizia la F1 finirà in un pantano di plagi e interpretazioni meschine delle regole forzata da lobby comandate da persone per le quali questo sport non ha alcun significato". Vi ricorda qualcosa?

Poi, improvvisamente, il 16 dicembre 1982 Chapman non c'era più, colpito da un grave attacco cardiaco. Era sembrato molto più vecchio dei suoi 54 anni. Forse aveva pagato il prezzo di quelle numerose notti in bianco. La sua morte ha lasciato un vuoto in F1 che non è mai stato riempito e ha privato la Lotus della sua forza vitale.

Dopo la sua scomparsa c’erano molti punti interrogativi che non potevano essere risolti. Quale era stata la natura della sua relazione e dei suoi rapporti con John DeLorean? Aveva ragione quel giudice dell'Alta Corte nel dire che Chapman era parte di uno scandalo finanziario che coinvolgeva i soldi del governo britannico? E che dire della teoria inverosimile secondo la quale aveva simulato la propria morte? La complessità della spinta tecnica di Chapman si rispecchiava non solo nella Lotus ma nella sua intera personalità.

Il giorno in cui Chapman morì, il pilota di F3 Dave Scott stava testando una Lotus a Snetterton con una nuova grande idea: le sospensioni attive. La Lotus fu la pioniera della prossima grande rivoluzione, anche se sarebbe stata poi la Williams a perfezionarla.

In alleanza con Elio de Angelis, un ricco, affascinante, giovane sosia di Marlon, la Lotus ha goduto ancora di giorni buoni - tra cui l'ultima vittoria a cui Chapman ha assistito  quando de Angelis ha battuto la Williams di Keke Rosberg al traguardo per 5 centesimi all'Osterreichring nel 1982.

Poi c'era Nigel Mansell. Warr e altri all'interno della Lotus non hanno mai apprezzato un uomo che hanno etichettato come un piagnucolone con una visione gonfiata del proprio talento, anche dopo che è diventato un vincitore alla Williams. Il rapporto che aveva con Chapman è stato forse sopravvalutato, ma è chiaro che il vecchio, che ha sempre voluto trovare un altro Jim Clark, ha visto qualcosa che sarebbe fiorito molto più tardi.

Mansell era coraggioso e la sua nazionalità contribuì al ritorno in Lotus dello sponsor JPS. Tuttavia, mentre c'erano occasioni in cui l’inglese riusciva a mostrare il suo potenziale, il ricordo che tutti hanno del periodo in Lotus di Nigel è l’incidente a Monaco nel 1984. L'ultima goccia per Warr.

Nel periodo finale del lungo declino, la Lotus mise le mani su un promettente brasiliano col casco giallo che regalò un tocco di magia alla squadra. Senza il Vecchio non era la stessa cosa. Chapman avrebbe amato Ayrton Senna.

Ayrton Senna, Lotus 98T

Ayrton Senna, Lotus 98T

Photo by: Sutton Images

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