Leclerc: il "predestinato" con una forza che va oltre il dolore
L'abbraccio della mamma di Hubert sulla griglia di partenza del GP del Belgio ha trasmesso una grande forza al giovane monegasco che poi ha vinto il suo primo GP con la Ferrari. Charles ha rivelato una freddezza che è degna solo dei fuoriclasse. Perché Spa è solo l'inizio di un cammino.
Foto di: Joe Portlock / Motorsport Images
L’abbraccio sulla griglia di partenza con la mamma di Hubert. La scritta R.i.p. Tonio dietro al volante della Rossa. E poi quei lunghi momenti all’interno dell’abitacolo della Ferrari dopo la prima vittoria, pensando all’amico Anthoine scomparso il giorno prima nel raccapricciante botto al Raidillon con la F2 dell’Arden speronata di traverso dalla vettura di Correa. E in ultimo in piedi sulla SF90 con il dito puntato al cielo e gli occhi umidi.
In mezzo c’è stato un Gran Premio del Belgio condotto con il piglio di un campione consumato. Il “predestinato”, partito dalla pole, dopo un giro da qualifica strepitoso nel quale ha rifilato sette decimi a tutti (Vettel compreso), ha materializzato il suo sogno infantile: vincere un GP di F1 con la Ferrari.
Ha dovuto lottare con Lewis Hamilton: l’ombra del penta-campione nella sua freccia d’argento si è fatta sempre più grande e ingombrante negli specchietti, ma questa volta non si è fatto intimorire perché la SF90 non lo ha piantato in asso come è successo in Bahrain sul più bello.
Il ragazzo “voleva” questa vittoria. Azzeccata l’analisi di Toto Wolff: “Credo che la gara di domenica sia stata dura per i piloti che erano più vicini ad Anthoine e a i suoi amici. Tra questi c’è Charles, che ha meritato di vincere e forse è stato l’uomo giusto che ha si è imposto nel momento giusto”.
Il dolore e la sofferenza capaci di plasmare il campione. Charles non è certo il tipo che si lascia andare alle emozioni. Ha imparato a convogliarle e a gestirle per sentire meno la pressione di un mondo duro e spietato come quello dei GP.
Chi si affida solo al cuore in F1 è destinato a essere spazzato via, ma se alle emozioni si aggiunge la forza della testa, allora anche un ragazzo con soli 13 GP con la Rossa può diventare un fenomeno capace di diventare il più giovane ferrarista a vincere un GP.
La gioia unita al dolore. Non è una sensazione nuova per Charles che qualcuno ha già chiamato il piccolo Principe di Monaco. Leclerc nella sua breve carriera ha già dovuto interiorizzare la morte: prima quella di Jules Bianchi a seguito del terribile crash del pilota francese a Suzuka nel 2014. Per lui era come un fratello maggiore che gli aveva indicato la strada, più che solo un amico.
Poi c’è stata l’improvvisa scomparsa del padre Hervé nel 2017 mentre era in lotta per il titolo di F2: “Mi ero concentrato sulla gara e quando ho abbassato la visiera del casco ho pensato solo a vincere per lui. Le sensazioni forti si sentono prima e dopo”.
Non è come schiacciare un interruttore on-off e neppure cinismo, ci mancherebbe altro: il “predestinato” ha maturato una capacità di gestire la concentrazione, consumando meno energia mentale di altri nei momenti più importanti in corsa e nella vita.
È una dote innata, ma si può sviluppare e allenare, lavorando in modo intensivo nei centri ultra-specializzati come il Formula Medicine del dottor Riccardo Ceccarelli. E Charles ha rinunciato ad alcuni svaghi della giovinezza per conseguire un risultato con caparbietà e determinazione.
Non deve stupire, quindi, se Leclerc ha ricevuto le “stimmate” del campione a Spa-Francorchamps, la pista più bella che è considerata la “Scala” del mondiale. Ha vinto senza alcun timore reverenziale per i due piloti che dietro di lui sommavano nove titoli mondiale (quattro Vettel e cinque Hamilton).
Charles ha spazzato via il record di Jacky Ickx che resisteva dal 1968: 51 anni dopo, il 21enne del Principato è diventato anche il più giovane pilota a imporsi nelle Ardenne. Costringendo Sebastian al ruolo subalterno di gregario, senza dover chiedere niente.
Si è preso ciò che gli spetta. Come tocca a un “predestinato”. Ed è solo all’inizio…
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