Le mitiche Ferrari di F.1: la F2002 iridata già al GP di Francia con Schumacher
Undici vittorie di Schumacher e quattro di Barrichello sono il bottino della Ferrari nel mondiale 2002 con la F2002 che si è rivelata una monoposto imbattibile con il nuovo cambio in fusione di titanio.
Il 21 luglio 2002 è una data che resterà a lungo negli annali della Formula 1 e nella storia delle corse: Michael Schumacher sulla pista di Magny-Cours in quel caldo pomeriggio d’estate ha conquistato il suo terzo titolo mondiale consecutivo con la Ferrari.
A rendere eccezionale quel GP di Francia fu proprio il calendario: mai nessun altro pilota era riuscito a chiudere la partita iridata in luglio, con un così grande anticipo sulla fine della stagione, vale a dire dopo soltanto undici dei diciassette GP in programma: un record difficilmente battibile, perché in seguito la FIA ha cambiato il sistema di attribuzione dei punteggi, nella speranza di mantenere vivo l’interesse per la F.1 anche a fronte dell’indiscutibile predominio Rosso, riducendo il margine fra la vittoria e il secondo posto solo a due punti.
“Quando ho tagliato la bandiera a scacchi in Francia – aveva ricordato Michael Schumacher – sono stato sopraffatto dall’emozione. È accaduto qualcosa di incontrollabile: mi sono scese le lacrime e sentivo i brividi. Eppure ero già al mio quinto titolo mondiale! È stata una giornata davvero speciale per me e per la squadra. Indimenticabile!”.
Il campione tedesco è stato spesso dipinto come un computer che ha sempre saputo trarre il massimo dalle singole situazioni con freddezza teutonica, ma chi l’ha conosciuto bene sa invece quanto sia di animo sensibile sotto una scorza apparentemente non scalfibile.
In Ungheria, due GP più tardi, la Ferrari ha chiuso anche la partita del campionato Costruttori, sancendo uno strapotere che ha messo in serio imbarazzo McLaren-Mercedes e Williams-Bmw più che mai decise a interrompere il “serial killer” Rosso. 15 vittorie su 17 Gran Premi, 9 doppiette, 27 podi, 10 pole position, 12 giri più veloci in gara, 221 punti iridati sono lo score di una stagione speciale, se non unica.
“Raggiungere gli obiettivi che ci si è posti – sottolinea il presidente del Cavallino, Luca di Montezemolo - è sempre una grande soddisfazione. Superarli in modo netto e, devo confessarlo, quasi insperato è una gioia che si estende non solo alla squadra ma a tutti quelli che hanno contribuito a renderla vincente”.
La F2002 già nel giorno della sua presentazione il 6 febbraio a Maranello aveva lasciato a bocca aperta:
“è la più bella Ferrari di F.1 della storia” aveva commentato il Presidente, consapevole che in passato il Grande Vecchio si era già espresso dicendo che erano belle solo le monoposto che andavano forte. E, per non smentire le autorevoli previsioni, Schumi sbriciolò subito il record della pista di Fiorano al debutto, portando il nuovo limite a 58”620 e raggelando le ambizioni degli avversari che nell’inverno avevano sperato di colmare il gap tecnico con Maranello.
La F2002 aveva fatto il suo debutto nel mondiale in Brasile: Jean Todt e Ross Brawn avevano preferito puntare sulla collaudatissima F2001B per le prime due gare (Australia e Malesia) per permettere alla squadra test di risolvere i piccoli problemi di gioventù al rivoluzionario cambio in fusione di titanio: un’opera di tecnologia raffinatissima che ha permesso una miniaturizzazione del retrotreno a favore dell’aerodinamica e delle prestazioni spinte.
Bisogna riconoscere ai tecnici del Cavallino che non sono stati affatto sorpresi dai piccoli guai all’ingranaggeria della trasmissione, ma avevano già stabilito delle tempistiche con la prima uscita della F2002 a stagione già avviata, tant’è che erano state costruite ben quattro F2001 in versione B.
Insomma al Reparto Corse avevano saputo programmare anche i “problemi”. Intorno al micro-cambio a 7 marce con comando sequenziale e gestione elettronica è stato ridisegnato l’intero posteriore che ha reso all’improvviso le altre monoposto vecchie di un anno, anche se nuove. La F2002 si è rivelata una monoposto molto ben bilanciata che ha saputo sfruttare al meglio le gomme che la Bridgestone ha sviluppato praticamente in esclusiva per la Ferrari.
La McLaren, infatti, aveva abbandonato il fornitore nipponico per passare alla Michelin nel tentativo di scompaginare le carte, preferendo il confronto diretto con la Williams, piuttosto che prenderle ad armi pari con le Rosse.
A Maranello l’idea di restare l’unico team di riferimento dei fornitori nipponici non è dispiaciuta affatto: hanno stretto le relazioni con i tecnici Bridgestone, mandando dei propri tecnici in Giappone e instaurando uno scambio informativo senza precedenti.
E così alla squadra destinata ai test diretta dall’ingegner Mazzola si è aggiunta anche una seconda piccola struttura votata solo allo sviluppo delle gomme. Tant’è che al collaudatore storico Luca Badoer era stato affiancato il brasiliano Luciano Burti, apprezzato nel lavoro di selezione e delibera degli pneumatici giapponesi.
Non è un segreto il fatto che la F2002 sia stata pensata “intorno” alle gomme Bridgestone: il progettista Rory Byrne aveva saputo esasperare i concetti della F2001. Sensibile il risparmio di peso sulle parti strutturali: il telaio è risultato più leggero, e anche il motore 051 non superava i 92 kg. Grande attenzione è stata posta alla ricerca dell’abbassamento del baricentro e all’ottimizzazione della distribuzione dei pesi: è stato possibile spostare 60/70 kg di zavorra per trovare il miglior bilanciamento della monoposto su ogni circuito del mondiale.
Il V10 disegnato da Gilles Simon ha mantenuto l’affidabilità pur garantendo sempre eccellenti valori di potenza (850 cv a fine stagione) insieme a consumi contenuti che hanno permesso in alcuni appuntamenti di rischiare tattiche di gara molto ardite con strategie che si sono rivelate vincenti per l’acume di chi sapeva leggere in tempo reale la corsa al muretto dei box.
Del resto le undici affermazioni di Michael Schumacher e le quattro di Rubens Barrichello lo stanno a dimostrare, più di qualsiasi parola, anche se vale la pena ricordare l’episodio di Indianapolis che cambierebbe i numeri citati.
Undici millesimi di secondo quando si viaggia a oltre 300 km/h valgono solo sette centimetri: un… niente! È questa la distanza che ha separato le due Ferrari dopo 73 giri nel GP Usa in quello che è parso il più incredibile arrivo in volata della storia dei Gran Premi.
Schumacher e Barrichello avevano dominato la gara dalla prima fila: la F2002 era parsa ancora una volta imprendibile per la migliore inseguitrice, la McLaren MP4-17 di David Coulthard. E così Schumi nell’ultimo terzo di GP aveva ridotto il ritmo salvaguardando la meccanica e consentendo a Rubens di tornargli in scia. I due piloti del Cavallino sono arrivati all’ultimo giro incollati uno all’altro, per un arrivo in parata leggendario.
Le due Rosse hanno tagliato il traguardo una di fianco all’altra, ma a vincere non è stato il tedesco, ma Barrichello. Schumacher ha rallentato troppo e Rubinho invece non ha dosato l’acceleratore? Non si sa. Sta di fatto che è arrivata l’ottava doppietta:
“Michael ci aveva chiamato per radio – ha ammesso Todt – per chiederci se c’erano ordini particolari e noi gli abbiamo detto di no. Ha deciso da solo: se avesse voluto tenere il primo posto avrebbe mantenuto un secondo di vantaggio per tenersi al riparo da ogni rischio. La realtà è che voleva assolutamente tagliare il traguardo in parata con Rubens”.
Il brasiliano, consolidando il secondo posto nel mondiale, ha accettato il “regalo”:
“Michael continuava a rallentare. Lo guardavo per capire, poi lui ha ridotto ancora la velocità e allora ho pensato che mi invitasse a passarlo e che mi stesse restituendo il favore dell’Austria”.
Un gesto con un alto valore sportivo che ha ripagato Barrichello del “sacrificio” all’A1 Ring, quando per rispettare un ordine di squadra si era fatto superare da Michael all’ultima curva, cedendo il successo al tedesco per consolidare la sua leadership in campionato.
LA SCHEDA TECNICA
Telaio: monoscocca in materiali compositi a nido d’ape con fibra di carbonio
Sospensioni: anteriori a ruote indipendenti con doppi triangoli sovrapposti in carbonio, puntone con schema push-rod e barre di torsione, ammortizzatori regolabili; posteriori: a ruote indipendenti con doppi triangoli in carbonio e tirante per la regolazione della convergenza, puntone push rod in carbonio e barre di torsione; ammortizzatori regolabili montati sulla scatola del cambio.
Sterzo: a cremagliera con idroguida a controllo elettronico
Cambio: Ferrari longitudinale a 7 rapporti più Rm con comando sequenziale a controllo elettronico
Frizione: multidisco in carbonio
Freni: doppio circuito sdoppiato, dischi autoventilanti in carbonio Brembo e pinze a sei pompanti Brembo
Cerchi: Bbs forgiati in magnesio da 13”
Gomme: Bridgestone Potenza scanalate
Passo: 3.050 mm
Lunghezza: 4.495 mm
Larghezza: 1.796 mm
Altezza: 959 mm
Carreggiate: anteriore 1.470 mm; posteriore 1.405 mm
Peso: 600 kg con pilota, acqua e olio a bordo
Motore: 051
Architettura: 10 cilindri a V di 90 gradi
Cilindrata: 2.997 cc
Distribuzione: doppio albero a camme per ogni testata, 4 valvole per cilindro con richiamo pneumatico
Alimentazione: iniezione elettronica digitale Magneti Marelli
Potenza stimata: 840 cv a 18.250 giri
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